Violenza sulle donne, come fermare
l’ondata di sangue

Società | 7 dicembre 2024
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Mai come quest’anno il 25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato partecipato. Non in una scuola, non in un borgo si è venuti meno all’organizzazione di incontri, cortei, sit-in. Anche sull’onda emotiva nelle stesse ore di importanti fasi dei processi Cecchettin e Tramontano che tanto avevano scosso l’opinione pubblica.
Bene. Ma negli altri 364 giorni in cui si conta un femminicidio ogni tre giorni? È cruciale: la mobilitazione sia permanente. La presa di coscienza su violenza e stalking, “reati spia”, femminicidi deve essere un cantiere aperto. Anzi “cantieri aperti” viste l’ampiezza del fenomeno e le mille sfaccettature.

Prevenzione, i possibili interventi

Ecco una serie di proposte in ambito educativo, giudiziario, comportamentale, legislativo per battersi ogni giorno. Elenco lungo ma incompleto. Il campo di intervento è ben più ampio e complesso.
1. Sentenza del 18 settembre 2008 a Palermo. Uxoricida condannato dal gup a 12 anni. Con il rito abbreviato. Riconosciute le attenuanti. Il pubblico ministero aveva chiesto 18 anni. Prima domanda del nostro elenco: siamo sicuri che le pene per i femminicidi siano appropriate? La vita di una donna vale appena 12 anni di carcere che tra riduzioni, permessi, sconti di pena, buona condotta si traducono nel caso sì e no in 9-10 anni effettivi? L’uxoricida, 39enne alla data del delitto, sarà uscito a meno di 50 anni. Con tutto il tempo di rifarsi una vita se lo desiderava. L’uccisa sarà solo e sempre ossa e polvere in una bara.
2. Dalle insegnanti viene un alert sulla tendenza prevaricatrice dei maschietti sulle bambine già dall’infanzia, nei primissimi anni di scuola. Esiste correlazione tra bullismo e violenza sulle donne e femminicidi? Sono stati elaborati studi in letteratura scientifica su questa correlazione? Importante indagare, capire se si costruisca già da molto giovani, forse anche sulla scia di comportamenti dei padri nei confronti delle madri, un atteggiamento prevaricatore che comincia nelle aule scolastiche e fuori nei confronti di compagni più deboli o indifesi. Prosegue nei confronti di amiche, ragazze, fidanzate. E diventa abitudine con la moglie. Fino a sfociare a volte nel femminicidio.
3. Quando la situazione precipita è possibile che scatti una ulteriore penalizzazione per la donna denunciante: è costretta ad andare via, a nascondersi, persino a cambiare identità, a essere assistita da enti e associazioni perché priva dell’indipendenza economica. Questo ulteriore calvario deve essere invertito: moglie e figli restano nella loro casa e il marito va portato di peso e d’urgenza, prima che uccida, all’altro capo dell’Italia in una sorta di soggiorno obbligato. Supercontrollato 24 ore su 24 perché non torni nel paese o nella città a farsi vendetta. Il ribaltamento è fondamentale dissuasione e deterrenza. Presuppone indagini accurate per evitare che una moglie, grazie a questa inversione, si liberi del marito se solo se ne è stancata e si inventino situazioni da film di gravità inesistenti. Ma quando i casi sono comprovati (nella quasi totalità) scatti la penalizzazione. Chi alza le mani su moglie o fidanzata deve essere consapevole di rischiare un vero e proprio esilio a vita e di giocarsi famiglia e figli.
4. Contrariamente all’allergia alle intercettazioni telefoniche introdotta dai ministri della Giustizia Cartabia e soprattutto Nordio, bisogna incrementare intercettazioni e controlli. Da quando la donna denuncia il marito per violenza l’uomo deve essere supercontrollato h24, intercettato al telefono, registrato con cimici in casa, in auto, al lavoro. Dovunque vada e qualsiasi cosa faccia. Battiamoci per questa altra inversione nell’approccio giuridico-normativo.
5. Uno dei comportamenti più preoccupanti della violenza che può sfociare nel femminicidio: il progressivo isolamento - da genitori, familiari, amiche, compagne e compagni di classe se minorenne, colleghe e colleghi se maggiorenne e universitaria - messo in atto dal carnefice sulla “sua” donna. Intervenire con maggiore attenzione rispetto ad ora. Sia reso obbligatorio da polizia e magistratura (con apposite disposizioni) il ripristino dei contatti. Intrusione nella vita di coppia? Sì e senza preoccuparci troppo della violazione della privacy e del ruolo di mariti, compagni, fidanzati malati di ossessioni e gelosia. La prevenzione prevalga su tutto.
6. Quando si organizzano fiaccolate, manifestazioni, marce di protesta un metro di valutazione per capire se violenza e femminicidi riguardino le donne o prima ancora e ben più gli uomini (l’incidenza degli “uominicidi” è irrisoria, quasi sempre reazione alle violenze) è costituito dalla partecipazione di uomini. Quando la presenza maschile supererà la femminile significherà che si sono fatti importanti passi in avanti in tema di consapevolezza e responsabilità da parte degli uomini. Quando si organizza una manifestazione una massiccia presenza di uomini di ogni età costituisca un obiettivo.

Quando l’assassino è in divisa

7. Una verità scomoda. L’8-9 per cento dei femminicidi è perpetrato da uomini in divisa (poliziotti, carabinieri, finanzieri, guardie carcerarie, militari, guardie giurate, ecc.) in servizio o in pensione. Percentuale rilevante. Se qualcuno solleva il tema viene additato come pericoloso sovversivo di sinistra, contro le istituzioni, irriconoscente nei confronti di servitori dello Stato. Ora, saremo pure di sinistra ma non siamo né sovversivi né antistato e crediamo proprio che il tema debba essere discusso, non nascosto come polvere sotto il tappeto. Niente scoraggia la donna come vedere che chi dovrebbe difendere e proteggere in diversi casi si comporta come tu temi che possa comportarsi il tuo compagno, il quale non solo ti ha reso la vita un inferno ma ti fa precipitare nell’angoscia che prima o poi possa ammazzarti.
Abbiamo ascoltato ogni genere di possibili cause del fenomeno. In questo 8-9 per cento di femminicidi c’entra l’addestramento militare, quello che viene definito “l’inquadramento”, la “disciplina”, la “forma mentis”? C’entra la disponibilità di una arma, l’abitudine di portarla, saperla usare? Sarebbe interessante ricostruire con dati verificati in quanti di questo gruppo di femminicidi si è adoperata una pistola o un coltello. Se la quasi totalità è stata compiuta con arma da fuoco non può che scattare un allarme sulla correlazione “disponibilità di una arma/femminicidi”. Allora bisogna affrontare il tema, cercare rimedi. Esattamente il contrario di derubricarlo ad argomento tabù di cui non parlare.
8. I Codici tematici nel nostro ordinamento giuridico sono parecchi: codice degli appalti, del consumo, stradale, del turismo, delle leggi antimafia, del terzo settore, dei contratti pubblici, delle assicurazioni e altri ancora. Perché non introdurre un “Codice della normativa contro la violenza sulle donne e per la prevenzione dei femminicidi”? Soprattutto se utile nelle indagini e sul piano processuale per intervenire su questa piaga. Assieme ad una più affinata formazione e preparazione specialistica dei magistrati.

L’amore criminale in tv

9. Sui femminicidi in tv esperienze molto diverse. Trasmissioni Rai come “Amore criminale” e “Sopravvissute” buoni esempi di approfondimento. Ben studiate, ben redatte, portano agli spettatori un messaggio che lascia qualcosa, aiuta a riflettere, indaga con accuratezza e sensibilità, ricostruisce storie di persone, caratteri, innamoramenti, bruschi cambiamenti affettivi. Non così due trasmissioni pomeridiane: “La vita in diretta” (Rai) e “Pomeriggio 5” (Mediaset). Approccio cronachistico a caldo, martellante, ripetitivo, sguardo attraverso il buco della serratura, chiaramente montato per fare audience e per alimentare – dopo collegamenti e servizi filmati – dibattiti in studio dove persino attrici e attori sia giovani che attempati o personaggi televisivi del talk show si improvvisano esperti e sapientoni della materia. Pessima tv che corre il rischio di alimentare lo spirito emulativo insito nel rapporto “trattamento dell’argomento sui media/emulazione”.
Perché non intervenire su queste curiosità da audience spacciate per dovere di cronaca e informare? Dovremmo esigere maggiore attenzione, pomeriggi meno martellanti e ripetitivi su questo tipo di cronaca, maggiore riflessione nel preparare collegamenti, dirette e dibattiti in studio. E più presenza nelle redazioni di sociologi, esperti di psicologia di coppia, meno criminologi e tuttologi.
10. Un dramma nel dramma: i femminicidi di donne anziane malate. Il 20 per cento gli omicidi delle over 65. Molte volte hanno subito violenze per una intera vita coniugale senza denunciare. Ma accanto a questi casi da trattare con massima fermezza assistiamo a casi di anziane malate di Alzheimer o che non ci sono più con la testa o immobilizzate sulla sedia a rotelle per sopravvenute invalidanti patologie. Uccise dopo anni di sofferenza e di servizio da mariti stanchi, esasperati, ma che mai erano stati violenti e prevaricatori. Mariti che fino all’ultimo, prima di macchiarsi di un gesto irreparabile, avevano amato e rispettato quelle mogli.
Come trattare casi del genere? Fermo restando che nessuno deve arrogarsi il diritto di far vivere o far morire (siamo contrarissimi alla pena di morte, figuriamoci quanto siamo contrari alla morte “fai da te”!) se fossimo nei panni di un giudice avremmo seri problemi di coscienza a stabilire quanti anni di carcere comminare ad un anziano disperato che ormai, dopo tanta reciproca sofferenza, non ha più niente da chiedere neppure alla sua vita.
Ecco perché in questi casi diventa fondamentale l’assistenza personale e sociale da parte delle associazioni, del volontariato. Più si è presenti accanto a coppie sole alle prese con una tristissima condizione del genere tanto più si prevengono questi femminicidi. Prevenzione e attenzione su base assistenziale, meglio ancora volontaristica, da associazioni e dal vicinato possono fare la differenza tra la vita e la morte di una donna. La coppia anziana che sperimenta simili condizioni di malattia e solitudine deve essere circondata da un “cordone sanitario” di sorveglianza, premura, attenzione. Se al corrente di situazioni come quelle descritte - di coppie sole e con mariti anziani che assistono mogli fortemente invalide, allettate o con l’Alzheimer - apriamo gli occhi, ascoltiamo. Capiamo se la stanchezza sta cedendo il passo all’esasperazione, alla depressione reciproca, al volere “farla finita”. Decisivo intervenire per tempo, assistere, aiutare a fare uscire dalla solitudine.
11. Torniamo ai femminicidi nelle fasce meno anziane. Ancora prevenzione. Fondamentale per la donna il contesto familiare di origine così come il contesto amicale. La donna a rischio, alle prese con un marito violento, deve ridiventare oggetto di moltiplicata attenzione da parte di familiari, parenti, amiche. La loro “presenza accanto” deve essere continua e monitorizzante, quasi ad assurgere a “prescrizione medica” per contrastare isolamento, prevenire botte e, in ultimo, possibilmente il femminicidio.
12. Proposta riguardante il codice penale o piuttosto di procedura penale: non affidare la decisione di rimettere in libertà, a volte anzitempo, compagni e mariti condannati per stalking e violenza a un giudice monocratico. Affidare la competenza ad un collegio di giudici, ad esempio tre. Di modo che le decisioni siano approfondite, vagliate, cucite alla situazione di maggiore o minore rischio per la donna che potrebbe tornare ad essere bersaglio. Provvedimenti non sfornati quasi in automatico da un singolo decisore oberato da montagne di pratiche.
13. Altra proposta concreta e che alimenterà polemiche: autorizzare d’ufficio l’espianto di organi di donne vittime di femminicidio. Potrebbero verificarsi casi di donne gravemente ferite dal marito/compagno ma non uccise, in coma, la cui vita nei reparti di terapia intensiva non è più clinicamente salvabile malgrado i tentativi dei medici. Accertata l’inevitabilità del tragico epilogo da una équipe di dovuta competenza perché non trasformare quel femminicidio in vita che continua con l’autorizzazione all’espianto di organi che funzioneranno in altri corpi? Trasformare cioè un gesto che mirava alla soppressione nell’innesco di una seconda vita per altri. Una rivincita.

L’educazione sentimentale e culturale

14. I passi avanti da fare in educazione sentimentale, educazione affettiva, educazione sessuale, educazione culturale sono enormi e debbono riguardare, a tappeto, le nuove generazioni. Dobbiamo prevenire che si scivoli - come ad ottobre nell’omicidio della tredicenne Aurora a Piacenza ad opera del fidanzatino quindicenne - dal femminicidio all’adolescenticidio. Ore e ore di formazione nelle scuole con programmi efficaci e presenza di esperti.
15. A proposito di strategie di contrasto al femminicidio ne va caldeggiata e con la massima urgenza applicata una: impedire in tutti i modi il cosiddetto “chiarimento finale”. O consentirlo solo in determinati casi e in modalità protetta. Ad esempio dentro una stazione dei carabinieri o in un centro antiviolenza, in presenza di altre persone, non prima di avere controllato che il marito/compagno sia disarmato e innocuo.
16. Un tema fondamentale: l’autonomia economica della donna oggetto di violenza e denunciante. Passare dal finanziamento alle associazioni che ospitano e assistono le donne e i loro figli al sempre più ampio finanziamento diretto alla donna in fuga con i suoi figli dal marito violento. L’indipendenza economica della donna abusata assume importanza cruciale. Con questa consapevolezza occorre diffondere molto più le informazioni riguardanti a livello nazionale il “microcredito di libertà” con i suoi due settori di intervento e i rispettivi massimali di 10.000 e 50.000 euro. Occorre impegnarsi per una più capillare divulgazione di queste opportunità e di altre forme di sostegno come l’assegno di inclusione.
A settembre la Regione Siciliana ha stanziato per il “reddito di libertà” (cosa diversa dal microcredito) 236mila euro con un massimale di 10mila euro per intervento. Somma ridicola, insultante come ammontare. Con 236mila euro per l’intera Sicilia e cioè per 5 milioni di abitanti in una città non ci compri neppure un appartamento, peraltro non particolarmente spazioso. Necessario allora che Assemblea e Governo regionale moltiplichino le risorse finanziarie a copertura del “reddito di libertà” per donne che - scappando dalle grinfie del marito - si ritrovano senza lavoro, spesso senza casa e perseguitate dal loro torturatore.
17. Non disinteressiamoci delle nefandezze che avvengono nel mondo non “su scala individuale patologica” ma “su scala collettiva di dottrina politica statuale”. Non possiamo restare in silenzio sulla tragica condizione delle donne afghane e iraniane. O pensare che non ci riguardi il fenomeno delle spose bambine in Afghanistan e, ancor di più, in Pakistan. E non possiamo infischiarcene delle barbare, pericolosissime mutilazioni genitali femminili e infibulazione. Praticate in remoti villaggi dell’Africa ma, di nascosto, probabilmente anche su giovanissime immigrate africane di meno di 10 anni persino qui in Italia. Se siamo indifferenti diventiamo complici.
Sguardo oltre i confini dell’Italia necessario anche in considerazione di una tendenza allarmante: i femminicidi aumentano ogni anno nei presunti paesi “civili” dell’Europa - dalla Francia alla Germania - in Turchia, nel Messico, in decine di altri paesi in tutti i continenti. Nell’era della globalizzazione dobbiamo essere tutti ben piantati nelle radici locali e contemporaneamente cittadini del mondo partecipi.
 di Pino Scorciapino

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