La mafia ora cerca consenso e dialoga con gli “altri” mondi

Società | 30 gennaio 2025
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Della mafia non si può studiare solo il passato, che pure è un fattore di conoscenza fondamentale, ma occorre valutare l’attualità del fenomeno per una risposta più efficace. Le misure? Il mantenimento della legislazione antimafia, il contrasto al potere economico illegale, al traffico della droga, ai legami con la politica, all’uso criminale delle tecnologie e delle moderne reti di comunicazione.
In poche battute, occorre pensare a una nuova stagione antimafia che metta in discussione l’interesse di Cosa nostra ai mondi “altri”, ha avvertito il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, nel suo intervento alla terza edizione del progetto educativo antimafia promosso dal Centro Pio La Torre sul tema: “Lo Stato può battere la mafia”. In un’aula molto affollata dell’istituto Pio La Torre si sono confrontati, oltre a de Lucia, il presidente della commissione antimafia dell’Ars Antonello Cracolici e lo storico Vittorio Coco dell’università di Palermo con il coordinamento di Emilio Miceli presidente del Centro studi Pio La Torre.
La discussione si è sviluppata a partire dal risultato di un questionario diffuso tra gli studenti dal Centro La Torre, dal quale è venuto fuori un dato che fa riflettere: solo per una persona su cinque la mafia si può sconfiggere.
Coco ha tracciato a grandi linee la storia della mafia e i momenti salienti delle operazioni di contrasto, e quindi dei processi, che negli anni Ottanta hanno conosciuto una svolta con una nuova legislazione, le indagini condotte secondo la tecnica dell’azione di squadra dal pool antimafia, il maxiprocesso, il contributo dei pentiti. Lo Stato ha dunque dato una risposta ma il risultato più emblematico è dato dal fatto che, proprio in risposta alle stragi e agli attacchi alle istituzione, è crescita una forte sensibilità civile. 

Consenso e populismo 

E oggi? Cracolici: “Quarant'anni fa la politica per la mafia era un obiettivo di condizionamento e intimidazione, ma oggi avvertiamo un clima di ricrescita dell'indifferenza per cui pezzi della politica cercano i mafiosi per avere il loro consenso. Questo abbassamento di consapevolezza può indurre qualcuno a pensare che chiedere ai mafiosi delle nostre borgate il consenso non sia nulla di male”.
“Proprio per la storia che abbiamo vissuto – ha aggiunto – dobbiamo creare gli anticorpi perché l'indifferenza non torni a prevalere, e non ci faccia considerare la convivenza con la mafia qualcosa di inevitabile, come lo scirocco. La mafia è un fenomeno attuale, che si presenta in mille sfaccettature: le ultime operazioni di cronaca ci hanno mostrato come i boss frequentino i nostri stessi bar, vivono nei nostri condomini, e gestiscono un traffico di droga che ha invaso le nostre città”.
Nella ricerca del consenso la mafia ha adottato, secondo de Lucia, tecniche e strategie di tipo populistico. “Preferisce rivolgersi al popolino”. E sono linee strategiche che rafforzano la scelta di una sommersione: si decide – secondo il procuratore – di fare meno rumore per potere riorganizzare meglio il vertice dell’organizzazione e una struttura militare pesantemente colpita da arresti e condanne. Per ristrutturare un esercito occorrono risorse e denaro. E da dove arrivano? Principalmente dal traffico della droga e dal fenomeno del crack, che sta invadendo parti del territorio di Palermo con danni cerebrali irreversibili. 

Cosa nostra usa il deep web meglio dello Stato 

Ma attenzione: la mafia continua a tenere i piedi nella tradizione con le estorsioni, l’inquinamento dell’economia, la corsa agli appalti. E ha acquisito una nuova e affinata competenza sul deep web. “Sa usare gli strumenti della tecnologia più avanzata meglio di quanto sappia fare lo Stato. Oggi le organizzazioni criminali dialogano fra di loro, assumono decisioni con gli strumenti di social, piattaforme e telefoni criptati. Tutto questo ha cambiato i soggetti e i momenti delle decisioni che prima passavano dalla cupola mentre oggi vengono assunte secondo una procedura più ‘democratica’ attraverso le consultazioni dirette”.
Tutto questo, secondo il procuratore, induce a mantenere la legislazione attuale. “È parte della legislazione penale italiana e se noi modifichiamo il sistema dobbiamo stare attenti: qualunque modifica del sistema ha ricadute anche sulla legislazione antimafia". Altro rischio è quello che tocca l’indipendenza della magistratura, un principio costituzionale messo a dura prova dalla riforma in discussione che prevede, fra l’altro, la separazione delle carriere. Proprio quello che fa temere, a giudizio del procuratore, l’assoggettamento dei pm a un controllo. “Ed è inevitabile che questo controllo venga rimesso all’esecutivo, alla maggioranza di governo”. La separazione delle carriere, è il monito che de Lucia ha lanciato, non è il vero problema per i cittadini”



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