La lotta alla mafia e gli intellettuali della fuffa

L'analisi | 29 luglio 2023
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Devo ammettere che quando ho letto l’articolo di Ermes Antonucci su “Il Foglio”, sono rimasto allibito.
Infatti non sapevo che esistessero gli “intellettuali della fuffa”. Questo, almeno, è quello che sostiene il Prof. Costantino Visconti, ordinario di diritto penale all’università di Palermo. E si tratterebbe, secondo il docente, di professionisti, intellettuali, appartenenti ad una sorta di “antimafia nichilista” che ritiene di capire e sapere più degli altri.
Lo stesso concetto viene espresso in un’altra intervista concessa da Visconti nella quale dice testualmente: “va subito detto che, oltre al genuino e diffuso tripudio manifestato in tutto il Paese (per la cattura di Matteo Messina Denaro) si è assistito anche all’eterno ritorno di un’antimafia militante di tipo “nichilista”. Un’antimafia cioè che mette permanentemente in discussione i risultati che ottengono le istituzioni dello Stato nel contrasto a “cosa nostra” in nome di un ”sistema mafioso superiore e supremo che rimarrebbe sempre impunito perfino a insaputa di chi compie le investigazioni: magistrati e forze di polizia in particolare”. Fra l’altro, lo stesso docente sostiene che uno schieramento di intellettuali (“nichilisti”), diffonde, solitamente nelle scuole – ma anche presso altre istituzioni- la teoria dei superpoteri criminali e dell’imbattibilità della mafia, favorendo, in tal modo, l’organizzazione criminale.
E non è tutto.
“Fuffa antimafia” vorrebbe dire, secondo un’interpretazione lessicale più attendibile e secondo il Prof. Visconti, un’antimafia piena di cose inutili, di concetti dozzinali e di nessun valore. E poiché è compito nostro infondere nelle nuove generazioni la cultura storica della mafia (cosa sulla quale pare che tutti siamo d’accordo), secondo il giurista, c’è il rischio che anche la storia che raccontano tali intellettuali, sia la “storia della fuffa”.
Ma v’è di più.
Perché il Prof. Visconti, senza negare nulla alla chiarezza del linguaggio, dice che finché continueremo ad invitare nelle scuole, Saverio Lodato e Nino Di Matteo che dicono che lo Stato è marcio, si trasmetterà un messaggio diverso alle nuove generazioni.
In effetti il professore sembra essere fuori strada perché questi cosiddetti intellettuali dell’antimafia, non hanno mai denunciato l’assenza in toto dello Stato; anzi, hanno intessuto le lodi di tutti gli investigatori, forze di Polizia, magistratura, ogni volta che si è realizzata una cattura importante o lo smantellamento di una famiglia dell’organizzazione criminale. Tuttavia è giusto argomentare anche degli insuccessi che realmente esistono per non peccare di ipocrisia.
La dichiarazione del professore invero disvela l’intenzione di voler mettere il bavaglio a Di Matteo e Lodato, forse per fare strada a quella cultura storica della mafia che tanto piace al Prof. Visconti.
A questo punto il dibattito è d’obbligo. E’ così che il magistrato Di Matteo, ferito nella sua professionalità, scrive: “…all’evidente auspicio del professore mi sento di rispondere con una precisazione e con una preoccupazione. Sono più numerose di prima le scuole e le facoltà universitarie che mi chiedono di confrontarmi con gli studenti sul tema della lotta alla mafia ed io, nei limiti consentitimi dal mio ruolo, accetterò quelle proposte. Resta però la preoccupazione, mi auguro condivisa da altri, per il fatto che un docente di un ateneo che è punto di riferimento culturale di migliaia di giovani, possa pretendere di indicare chi può confrontarsi con gli studenti e chi invece debba essere messo al bando”.
Il professore è caduto sicuramente in grave errore – ma anche in una caduta di stile – quando esprime nei confronti di Lodato e Di Matteo, un giudizio tanto sgradevole quanto irrispettoso.
Noi possiamo solamente affermare che lo Stato certamente c’è, quella parte buona e sana che è capace di svolgere accurate indagini che poi portano alla cattura di pericolosi latitanti. Ma non possiamo però negare l’esistenza di una parte, purtroppo molto rappresentativa dello Stato che ha intrattenuto rapporti idilliaci con l’organizzazione mafiosa, in particolare con boss mafiosi come Stefano Bontate e i fratelli Graviano. Come possiamo dimenticare la storia di Marcello Dell’Utri, di Antonino D’Alì, condannati per concorso esterno in associazione mafiosa e quella di Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento aggravato. E come possiamo mai dimenticare Silvio Berlusconi che patteggiò la sua incolumità e quella dei suoi familiari con i boss mafiosi, ottenendo la protezione dello “stalliere” Vittorio Mangano, per gentile concessione del cosiddetto “principe di Villagrazia”, Stefano Bontate.
Da allora, e fino al 1992, l'ex presidente del Consiglio avrebbe addirittura foraggiato i clan palermitani versando semestralmente cospicue somme di denaro.
Ecco perché riteniamo che il Prof. Visconti abbia commesso un grave errore, dimenticando o sottovalutando i rapporti fra mafia e uomini dello Stato.
Al professore manca dunque un pezzo di storia. Proprio a lui che invita gli intellettuali ad insegnare ai giovani l’educazione della cultura e la storia della mafia.
Quanto poi ai giudizi negativi nei confronti di Di Matteo e Lodato, vogliamo ricordare al professore che l’uno è il magistrato più scortato d’Italia, e non per nulla ma perché si è immolato per una causa nella quale crede fermamente; e, in nome di questa causa ha sostanzialmente rinunciato alla propria libertà con grave sacrificio dei suoi familiari. Il secondo è fra gli scrittori e giornalisti più accreditati in materia di storia della mafia; quello che era così vicino a Giovanni Falcone da poterne raccogliere le confidenze.
La questione non è comunque finita nel silenzio. C’è una lettera che un gruppo di studenti universitari e liceali di Palermo ha inviato al Professor Visconti, nella quale con grande competenza e maturità, mostrano il loro sconcerto per le dichiarazioni del docente universitario indirizzate a Lodato e Di Matteo. Al tempo stesso gli studenti compiono una accurata e puntuale analisi dell’intervista replicando con cognizione assoluta a tutte le contestazioni ivi emergenti dando dimostrazione di conoscere molto bene la storia della mafia e di essersi perfettamente appropriati di quella educazione culturale – ma quella vera - tanto agognata da Visconti.

[la lettera degli studenti è di una precisione e competenza tali che sarebbe superfluo e sminuente ogni commento. Però consiglio ugualmente di leggerla prelevandola dal link che segue:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/07/24/palermo-gli-studenti-contro-il-prof-che-invita-a-censurare-di-matteo-e-lodato-non-ci-basta-la-retorica-di-stato-continueremo-a-invitarli/7239803/].

I giovani universitari e liceali, con quella lettera-manifesto inviata a Visconti, sono le speranze e le risorse del domani, perché si apprestano ad affrontare la lotta alla criminalità organizzata con la piena conoscenza della storia della mafia.
Noi d’altro canto non possiamo che stringerci intorno a Nino Di Matteo e Saverio Lodato in un afflato di solidarietà, felici di appartenere ad un’antimafia attiva e concreta.
 di Elio Collovà

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