Il Ponte sullo Stretto, Salvini e don Ciotti

Società | 6 agosto 2023
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Il ministro Salvini è alle stelle.
Il suo unico pensiero è il ponte sullo stretto di Messina. Eppure nel mese di settembre 2016 aveva dichiarato: “non vorrei spendere qualche milione di euro per un ponte in mezzo al mare”.
Cosa gli avrà fatto cambiare idea? Forse la libidine della realizzazione di una grande opera che rimarrà viva e presente nei secoli avvenire come perenne commemorazione di un “gigante della politica”.
Intanto, consultando i numeri nei vari siti web, apprendiamo che il ponte, secondo il vecchio ed originario progetto (che poi è quello scelto dal ministro), è costosissimo e produrrà impatti incalcolabili di ogni natura.
Si tratta di un’opera gigantesca, il cui costo previsto all’origine di 8,5 mld, è lievitato a 13 mld. senza aver fatto nulla. E comunque, al di là dei costi – che pure costituiscono una componente molto importante dei piani di fattibilità – ciò che fa riflettere maggiormente è il forte impatto ambientale.
Provate ad immaginare cosa verrà costruito agli ingressi del ponte (dall’uno e dall’altro dei due lati): accessi, biglietterie, servizi di ristorazione, svincoli, impianto urbanistico, e quant’altro; verranno inghiottiti milioni di metri cubi di terreno sottratto all’agricoltura, che cambieranno totalmente l’incantevole paesaggio delle coste siciliane e calabresi, apprezzato e ammirato dal mondo intero.
E tutto questo senza che vi sia una ragionevole certezza di miglioramento nel settore trasporti e nella viabilità.
Si ha tutta l’impressione – dice Legambiente – che questa mastodontica opera sia tutta un bluff nella agognata speranza di non vederla un giorno divenire una “cattedrale nel deserto” come Don Luigi Sturzo, per primo, definì quelle opere mastodontiche e costosissime ma assolutamente inutili e improduttive e magari non completate.
Peraltro meriterebbe molta attenzione l’argomento priorità: occorrerebbe prioritariamente dotare la Sicilia e la Calabria di opere strutturali come il doppio binario ferroviario e la grande velocità, le strade e superstrade per una più agevole circolazione interna che mettano in comunicazione i vari centri abitati.
Ebbene, tenuto conto di tutto quanto fin qui narrato, c’è un’altra questione che lascia sbalorditi e sconcertati. Proprio in quei tragici giorni in cui il disastro ambientale spiegava tutta la sua esistenza, Matteo Salvini, ministro alle infrastrutture, tuonava, così, contro Don Luigi Ciotti: “Un signore in tonaca che ha detto che il ponte più che unire due coste, unirà due cosche; queste parole sono di una volgarità, ignoranza e superficialità senza confini. Non solo è una mancanza di rispetto nei confronti di milioni di italiani, ma, con le decine di migliaia di posti di lavoro, sarà la più grande opera antimafia dal dopoguerra ad oggi, perché la mafia la combatti con il lavoro e lo sviluppo e non con convegni e chiacchere”. Parole sacrosante se non dovessimo assistere, ogni giorno che passa, alla distruzione dello stato sociale e alla deriva verso sistemi autoritari.
Si, è vero che Don Luigi ha pronunciato quelle parole – e bene ha fatto – ma è chiaro che si è trattato di una pronuncia provocatoria per fare intendere a chi di dovere che la mafia resta in attesa e pronta a mettere le mani sugli appalti. Questo non vuol dire che non si debbano più realizzare opere strutturali per il Paese per paura di doversi confrontare con le famiglie mafiose; è però necessario che l’Italia si doti di seri e snelli strumenti di indagine e di controllo che impediscano l’impinguamento delle casse delle mafie.
Non sembra però che l’attuale governo sia orientato a fornire le forze investigatrici e la magistratura di tali strumenti; anzi, pare proprio che gli attacchi sferrati alla magistratura vadano in senso inverso.
Ritornando alle offese ricevute da Don Luigi Ciotti, non possiamo non notare l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti di un uomo che ha dato tutto sé stesso in difesa dei deboli, fondando il “Gruppo Abele” ed altre comunità che tanto hanno dato alla collettività, soprattutto in termini di progetti educativi. Ed ancora, dal “Gruppo Abele” nacquero cooperazioni internazionali con progetti in Vietnam e in Costa d’Avorio. E poi nacque l’associazione “Libera” con l’obiettivo primario di contrastare le illecite attività della criminalità organizzata. Insomma Don Luigi è quello che si può definire un autentico garante dello stato sociale e della nostra Carta Costituzionale.
L’attacco che Salvini fa a Don Ciotti è assolutamente rappresentativo di una politica di decadimento; quella politica che intenzionalmente, piuttosto che interloquire e confrontarsi in maniera civile, preferisce colpire duramente al petto quei personaggi che con spirito temerario, difendono la collettività dagli attacchi della “criminalità organizzata”.
Con l’aggressione verbale a Don Luigi, il ministro Salvini ha dato il meglio di sé stesso mettendo a nudo la sua intelligenza; virulente offese che sottolineano la mancanza di argomenti.
Da uno dei palchi che ancora qualcuno gli mette a disposizione, Salvini incalza negli insulti invitando Don Ciotti ad espatriare insieme a tutti quelli che la pensano come lui.
Ma chi è questo Salvini che può permettersi di offendere personaggi illustri e meritevoli, che può permettersi di invitare all’espatrio chi è dotato di una cultura diversa dalla sua, volgare ed insolente?
Purtroppo non si può fare a meno di rilevare, sulla questione, il profondo silenzio di Giorgia Meloni.
Ma, tant’è!
Per quanto ci riguarda non possiamo che dare la nostra solidarietà a Don Luigi invitandolo – ove ce ne fosse bisogno – a non mollare la presa e continuare a lottare contro le mafie, come ha sempre fatto.
Nando dalla Chiesa, noto sociologo e docente dell’Università di Milano, definendo il ministro un “incontinente”, dice che Salvini ha fatto una figuraccia e che avrebbe fatto meglio a “tacere in tempo”.
Non tocchiamo dunque il ponte di Salvini. Vedrete che alla fine, se il ponte dovesse essere davvero realizzato, si chiamerà “Ponte Salvini”; e così avrà lasciato, ad imperitura memoria, il segno del grande statista, alle popolazioni future.
 di Enzo Collovà

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