Arriva la legge bavaglio che frena l'informazione

L'analisi | 6 gennaio 2024
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La chiamano tutti “legge bavaglio”. Ed è il miglior sostantivo che poteva darsi a una legge che volutamente impedisce di esercitare la democrazia nel nostro Paese. Ma tutto sommato dovevamo aspettarcelo. In fondo una legge del genere rientra perfettamente nel programma di un governo il cui principale obiettivo è quello di evitare che i cittadini vengano informati correttamente di ciò che succede. Questa legge, in sostanza, viene giustificata come “norma di equilibrio” perché mira al bilanciamento fra il diritto di informare e il diritto del cittadino di non dover apprendere dai giornali di essere indagato.
La legge in questione, però, così come presentata nell’emendamento Costa, recide l’informazione e lascia al Governo le mani libere, decidendo cosa i cittadini devono sapere o non sapere. Roba da puro assolutismo. È un notevole arretramento rispetto all’innovazione legiferata nel 2019 che consentiva ai magistrati di rilasciare ai giornalisti, per intero, gli atti che riguardano le ordinanze di custodia cautelare e che contengono tutte le informazioni importanti sulle indagini giudiziarie.
Enrico Costa: è lui il deputato che ha presentato l’emendamento che vieta la pubblicazione delle ordinanze di arresto, sia integralmente che per estratto, fino al termine delle indagini.
Non v’è dubbio alcuno che questa legge costituisce un vero soffocamento del diritto all’informazione. I giornalisti non potranno più ricevere gli atti in questione e pertanto, di conseguenza, non potranno più informare i cittadini delle motivazioni per le quali i magistrati requirenti stanno conducendo le indagini.
La ragione che ha indotto il legislatore a presentare l’emendamento di cui argomentiamo sembra risiedere nell’applicazione del diritto della presunzione di innocenza. E in effetti la questione appare concettualmente corretta anche se, a questo punto, occorrerebbe prolungare il divieto in questione fino all’emissione della sentenza definitiva dopo i tre gradi di giudizio, come correttamente sostiene l’ex procuratore generale Roberto Scarpinato; ciò tenuto conto che la presunzione d’innocenza vale fino al giudicato definitivo.
Però probabilmente sfugge al deputato Enrico Costa, firmatario dell’emendamento, che la presunzione d’innocenza non consiste nel non pubblicare la notizia, bensì di pubblicarla correttamente, di guisa che il lettore possa avere la giusta informazione sulle condotte attribuite agli indagati; cosa che gli permetterebbe di non creare errati pregiudizi. Peraltro la giusta e trasparente informazione serve anche all’indagato e al suo difensore per impostare una corretta difesa.
Da qui la necessità per i difensori di potere acquisire dagli uffici giudiziari il testo integrale dell’ordinanza al fine di evitare che notizie verbali o stralci dell’atto possano indurre il giornalista a descrivere la notizia secondo interpretazioni proprie e magari scorrette.
Insomma la legge in argomento, che falsamente si nasconde dietro la scusante della privacy dell’indagato, invero sembra che abbia un’altra finalità occulta: quella di fare in modo che le informazioni non arrivino ai cittadini per conservare integro il serbatoio di consensi politici ed elettorali.
Non v’è dubbio che, al di là della grave amputazione del nostro sistema democratico, si intravede chiaramente l’intenzione del legislatore di privare la stampa del diritto d’informazione, da sempre considerato un disturbo per i politici.
Invero, a ben leggere tutti gli emendamenti presentati, tutte le leggi già promulgate, appare chiaramente la preoccupazione del legislatore di dover subire il pregiudizio della pubblica opinione che deve essere tenuto all’oscuro degli affari sporchi della politica e della classe dirigente.
 di Elio Collovà

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