Uno studente su tre abbandona la scuola prima del diploma

Giovani | 9 settembre 2018
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Quasi uno studente su tre (30%) ha abbandonato la scuola statale negli ultimi vent’anni. 3 milioni e mezzo su oltre 11 milioni di iscritti non hanno completato gli studi dal 1995 ad oggi, ossia quasi 150 mila ragazzi ogni anno. È come se ogni anno fosse sparita dai banchi di scuola una città grande come Modena o Reggio Calabria. Il costo di questa emorragia culturale e sociale è alto anche sotto il profilo economico: 55,4 miliardi di euro buttati via dallo Stato, in media 700mila euro per ciascun studente che non ha ultimato il percorso formativo. E anche per quest’anno scolastico, purtroppo, si stima che almeno 130 mila giovani iscritti alla scuola superiore non arriveranno al diploma, allargando così la già folta schiera di italiani – due su cinque - che non ha un titolo di studio superiore alla licenza media. A questo dato si aggiunge anche quello che fotografa più in generale la condizione giovanile: un giovane su quattro è un NEET, e addirittura nel Mezzogiorno un ventenne su tre non studia e non lavora.

Questi i dati pubblicati nel dossier “La scuola colabrodo” della rivista Tuttoscuola, dati che mostrano anche che, nel corso degli anni, la dispersione scolastica è stata arginata grazie ad attività esterne realizzate con il supporto di volontari e associazioni. Infatti, tra il 2013 e il 2018 hanno abbandonato gli studi 151mila ragazzi, il 24,7% del totale, contro il 36,7% del 1996-2000. Sicuramente risultati incoraggianti, ma ancora insufficienti. Soprattutto se si considera pure che, dopo il diploma, solo il 18% degli iscritti all’università si laurea. L’emorragia sociale si perpetua anche al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro: un laureato su quattro va a lavorare all’estero. E il 38% dei diplomati e laureati che restano nel nostro paese non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi conseguito.

Un vero e proprio disastro sociale ed economico, che ci rende più ignoranti e più poveri. Perché più istruzione significa anche più lavoro, meno criminalità e più salute. Più lavoro perché la disoccupazione per chi ha la licenza media è doppia rispetto a chi ha il diploma e quadrupla rispetto a chi ha la laurea. Meno criminalità, e quindi meno costi per la sicurezza, perché un 10% di anni di studi in più riduce di oltre il 2% i crimini contro la proprietà. E, infine, più salute perché 3 anni e mezzo di studio in più vuol dire abbassare di un terzo il rischio di malattie cardiache, con meno costi per la sanità. L’istruzione, dunque, conviene perchè allunga la vita, la migliora e ci fa risparmiare. Ecco perché bisognerebbe prevenire la dispersione scolastica, anche in un’ottica di costi più bassi rispetto a quelli necessari per affrontarne gli effetti sociali da essa prodotti. Come sottolineato nel rapporto, servirebbe un grande piano pluriennale che impedisca che il nostro paese diventi ancora più povero non solo dal punto di vista educativo.

 di Alida Federico

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