La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2

Società | 6 gennaio 2025
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L’azione di Mario Ovazza, direttore generale dell’Ente di colonizzazione e influente personalità del Pci (amico e collaboratore di Girolamo Li Causi), promosse un intervento legislativo per riconoscere l’Ente di colonizzazione anche come Ente irriguo; a seguire, dopo sei mesi, promosse anche l’intervento legislativo per la costituzione dell’Ente siciliano di elettricità al fine di utilizzare l’energia idroelettrica producibile con la realizzazione dei grandi invasi da parte dei consorzi di bonifica e di altri enti pubblici.
Il personale dell’Ente di colonizzazione così fu reintegrato e furono assunte altre 78 unità di personale tecnico.
L’attività dell’Ente riprese con alacrità nel campo della bonifica e della irrigazione, mentre cessò quella della colonizzazione, resa ormai superata dalla pressante fame di terra dei contadini, che politicamente si incanalava verso la riforma agraria e specialmente, con la compravendita, verso la formazione della piccola proprietà contadina.
Nel campo della irrigazione l’Ente definì lo studio territoriale, già avviato, per l’individuazione delle possibili zone di irrigazione, relativamente alla disponibilità delle acque e delle opere necessarie alla loro captazione. Questo studio fu utilizzato nelle realizzazioni irrigue operate nel quarantennio successivo, sia con riferimento alle superfici irrigue sia per il bonificamento di ampie aree malsane e malariche, sia per le acque invasate per produrre energia elettrica, sia ancora per l’approvvigionamento idrico di città e paesi.
Nel 1947 il clima politico era rovente per fatti internazionali: la politica estera degli Stati Uniti, che con Truman perseguiva un drastico anticomunismo in opposizione alla espansione sovietica, indusse Alcide De Gasperi a dimettersi da presidente del Consiglio del Governo di unità nazionale per espellere, con l’appoggio dei partiti di destra, la sinistra dall’entourage governativa. Nelle elezioni dell’8 aprile 1948 la Democrazia cristiana ebbe una vittoria schiacciante.
Nell’estate-autunno del 1948 in tutta Italia riprese vigore la lotta per la terra, con un esteso fronte unico dei contadini poveri nel Sud con le estese occupazione delle terre dei feudi (in Sicilia con conseguente intensificazione della mattanza mafiosa) e dei mezzadri e dei braccianti nel Centro-Nord con scioperi massicci.

Dagli antichi privilegi al fallimento

Erano le associazioni agricole della sinistra social-comunista a guidare la lotta politica per la riforma agraria, anche come reazione alla sconfitta elettorale dell’anno precedente. Ma l’esaltante vittoria elettorale consenti alla Democrazia cristiana di affermare una strategia di riforma agraria diversa da quella concepita dalla sinistra (a tutto vantaggio dei braccianti e dei contadini poveri), cioè quella a vantaggio della piccola proprietà contadina: l’una lesiva degli interessi della grande e grandissima proprietà latifondistica perché basata sull’esproprio (o scorporo che dir si voglia) delle terre, l’altra che ne assecondava i vantaggi, perché basata sulla loro compravendita.
La linea politica della Dc cominciò ad operare con la legge n. 114 del febbraio 1948, recepita dalla Regione Siciliana nel giugno 1948. Recava provvidenze: contributi in conto interessi su mutui trentennali e agevolazioni fiscali nella compravendita.
Questa legge provocò un movimento di massa, che la sinistra tentò di contrastare (“non comprate” era il motto, ripetuto inutilmente perché sarebbe stata la riforma a dare le terre). Ma con la stipula dell’atto notarile si esauriva l’attesa e si realizzava (finalmente!) il sogno dell’agognato “pezzo di terra”. I prezzi dei terreni aumentarono repentinamente fino a 3-4 volte il prezzo di due-tre anni prima; si stima che le compravendite dei terreni in Sicilia negli ultimi anni Quaranta interessarono non meno di 400mila ettari.
Poiché, nella riforma agraria, la proprietà soggetta a conferimento veniva determinata al 1° gennaio 1948, erano nulli gli atti di trasferimento successivi a tale data, con esclusione di quelli legittimi ereditari o per donazione ad enti morali e anche per la formazione della piccola proprietà contadina. Pertanto, per smaltire la gran massa di lavoro di registrazione notarile, si racconta che i notai fermarono gli orologi alle ore ventiquattro del giorno precedente alla pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Si sono così continuati a salvaguardare, seppure sotto diversa forma, gli atavici privilegi derivanti dal possesso della terra degli uni e dei pochi, ma con il soddisfacimento dei bisogni primordiali, ancorché minimi, degli altri e dei molti.
La legge di riforma agraria, seppur voluta da tutti i partiti, è stata approvata dall’Assemblea Regionale, dopo una asperrima disputa politica, il 21 novembre 1950, con 43 voti favorevoli e 38 contrari (votarono contro: comunisti, socialisti, indipendenti di sinistra; a favore: democratici cristiani, liberali, qualunquisti e separatisti).
La legge non ebbe immediata applicazione per contestazione di legittimità costituzionale; divenne esecutiva con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana il 27 dicembre 1950 (l.r. 27 dicembre 1950, n. 104 – Riforma Agraria in Sicilia).
La legge all’art. 38 (Piani di ripartizione) così recita: “I terreni per i quali i piani di conferimento sono diventati esecutivi vengono ripartiti in lotti a cura dell’Ente per la riforma agraria in Sicilia. Ogni lotto non può essere minore di tre ettari, né maggiore di sei”.
La dimensione del lotto, trattandosi solo di terreni a seminativo asciutto rientrava nella compravendita delle ampiezze previste dalla legge sulla formazione della piccola proprietà contadina, ed esulava quindi dall’ampiezza richiesta da una azienda, ad esempio ad indirizzo cerealicolo, economicamente e tecnicamente razionale.
All’attuazione della riforma sovrintendeva l’assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste. L’Ente per la colonizzazione assumerà la denominazione di Ente per la riforma agraria in Sicilia e dei consorzi di bonifica. A terzo comma la norma stabilisce: “Al riordinamento dell’Ente per la riforma agraria in Sicilia e dei consorzi di bonifica sarà provveduto […] con decreto del Presidente della Regione […]”. Questo comma non è stato mai reso operativo, poiché nel 1965 l’Eras diventa Esa (Ente di sviluppo agricolo), mentre la riforma dei consorzi di bonifica avvenne dopo ben 62 anni nel 1995, ma ancora oggi (dopo 30 anni) amministrativamente non resa operativa.
La confusione politica, economica e sociale creata dalla legge era grande, determinata dal contrasto concettuale, politico e giuridico fra riforma fondiaria, che ha il fine di creare unità aziendali tecnicamente ed economicamente efficienti e tali da consentire l’insediamento in campagna (colonizzazione) della famiglia contadina e la riforma agraria che tende solo alla formazione della piccola proprietà contadina (impresa precaria, che non ha superficie coltivabile sufficiente ad assicurare il pieno impiego del lavoro disponibile della famiglia contadina).
Alla confusione politica, sociale, culturale e di ordine concettuale si accompagnava una confusione amministrativa e di ordine organizzativo: nei 15 anni successivi (dal gennaio 1951 al febbraio 1966, nell’Eras si sono avvicendati cinque commissari straordinari e tre consigli di amministrazione. Questa situazione, durante le gestioni commissariali permise l’assunzione, con semplice lettera, di 791 persone, indipendentemente dalle necessità professionali richieste dai compiti istituzionali dell’Ente. Al settembre 1961 l’Eras contava 2000 unità di personale, delle quali 797 tecniche, comprese quelle provenienti dall’Ente di colonizzazione e 1.203 unità amministrative, spesso costituite da giovani appena usciti dalle scuole o dall’Università, con qualunque titolo di diploma o laurea.
Questa caotica situazione amministrativa e operativa, quasi irrazionale e molto costosa, con risvolti, per altri aspetti illegali e fraudolenti, suscitò numerose interpellanze parlamentari e nel gennaio 1959 l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per accertare la regolarità degli atti e dell’intera gestione dell’Ente. La relazione di questa Commissione nel gennaio 1964 fu richiesta dalla Commissione nazionale d’inchiesta sulla mafia in Sicilia.
Dopo circa 9 anni di anarchia amministrativa l’Assemblea Regionale provvide nel 1959 e nel 1961 al riordinamento dell’Eras.
L’aspetto più tragico fu lo sperpero di notevoli finanziamenti pubblici previsti e richiesti dalla colonizzazione per l’insediamento in campagna delle famiglie contadine, con la costruzione di case nei poderi (estesi per 25 ettari) e di borghi nel circondario per i bisogni sociali e civili collettivi, mentre la riforma agraria, realizzando la piccola proprietà contadina con il lotto medio di meno di 4 ettari di seminativo nudo, spesso di IV e V classe di produttività, non avrebbe mai consentito alla stessa famiglia l’insediamento in campagna. Come appunto dimostrò il grande esodo rurale e la grande emigrazione nel ventennio successivo.
La Corte dei Conti, nella relazione presentata alla Presidenza dei deputati il 13 novembre 1964 così scrive: “In disparte ogni considerazione in merito al dispendio di pubblico denaro conseguente all’acquisto dei terreni, la Corte non può fin da ora sottolineare che per l’assegnazione di circa 82.000 ettari di terreno è stato in Sicilia creato un apparato che ha speso 45 miliardi di lire, di cui oltre 15 miliardi solo per il personale [...]. Né può tacere che delle opere costruite molte sono rimaste inutilizzate, tanto da far dubitare della opportunità e utilità della loro esecuzione. Borghi interi costruiti con i fondi dello Stato, della Cassa per il Mezzogiorno e della Regione sono rimasti inutilizzati e tali con ogni probabilità rimarranno, […] I borghi costruiti dopo il 27 dicembre 1950, per la loro ubicazione sono quasi tutti deserti e qualcuno semi diroccato. Anche molte case costruite per gli assegnatari sono solo in parte utilizzate, alcune soltanto nei periodi stagionali come ricoveri, altre non sono state mai abitate per varie cause, quali la poca sicurezza nelle campagne o difetti nella costruzione”.

I piani un semplice elenco di opere

La riforma agraria distribuì 99.421 ettari di terreno a 24.956 assegnatari, con ampiezza media di 3,98 ettari, minima di 2,85 ettari a 6.784 assegnatari e massima di 6,10 ettari a 222 assegnatari; la terra scorporata fu il 73,7% (il 10,7% della totale superficie latifondistica), il 23,3% proveniva dagli acquisti dell’Istituto Vittorio Emanuele III e dell’Ente di colonizzazione, il 3% fu acquistata dallo stesso Eras.
Al 1959 le case costruite furono 4.500, mentre per altre 991 i lavori furono interrotti; i borghi costruiti dall’Eras furono 22, non sempre completati, l’ultimo dei quali realizzato nel 1967 in territorio di Aidone, Le attività dell’Eras e dei consorzi di bonifica relative alla trasformazioni fondiarie ed agrarie incominciarono a prendere corpo nel 1954 e si intensificarono negli anni sessanta, riguardando: l’irrigazione, con i grandi invasi ed i laghetti collinari, la viabilità rurale, le ricerche idrogeologiche, gli abbeveratoi, il sostegno ai miglioramenti fondiari, ed altro ancora; si incominciò dunque ad attuare il concetto di bonifica integrale e di sviluppo economico delle campagne, come peraltro previsto dalla legge Serpieri del 1933.
Non ebbe miglior fortuna, ai fini dello sviluppo dell’agricoltura nell’agosto del 1965, la trasformazione dell’Eras in Ente di sviluppo agricolo (Esa), che esordì con l’elaborazione del Piano generale di sviluppo agricolo, preceduto da 28 piani zonali. Per l’elaborazione di questi piani l’Esa impiegò sette anni; i contenuti di questi piani erano elementari e meramente descrittivi. Questi risultati e il tempo trascorso dimostravano che l’Ente ancora non possedeva, dopo vent’anni di operatività, competenze culturali, professionali, tecniche, mature e sufficienti per redigere, anche con l’apporto di consulenza di docenti universitari e di esperti esterni, gli atti programmatori territoriali e funzionali necessari per la conoscenza e la capacità di previsione su fenomeni, divenuti ormai essenziali (riguardanti: gli aspetti demografici e sociali, la domanda agroalimentare, la crescita economica, lo sviluppo della tecnologia, la commercializzazione interna ed estera, le politiche agricole nazionali, europee ed internazionali, ecc.
Questi piani però furono utilizzati da leggi regionali emanate sia prima della legge istitutiva dell’Esa sia da leggi di intervento emanate in seguito ai terremoti del 1967 1968, sia le leggi successive di esemplificazione e valorizzazione delle procedure. I piani così divennero un mero elenco di opere e serbatoi di programmi, a cui le leggi regionali di intervento di volta in volta attingevano finanziariamente.
Negli anni Settanta il mondo rurale comincia a cambiare con la Politica agricola comunitaria (Pac), la globalizzazione dei mercati e soprattutto con una nuova classe imprenditoriale.
Gli anni Sessanta hanno chiuso un’epoca umanamente e socialmente molto travagliata e drammatica della lunga storia dell’agricoltura siciliana.

2 - FINE

 di Antonino Bacarella

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