Giustizia, dove porta la riforma di Nordio
Allo stesso modo funziona il nostro governo: la Meloni è costantemente in tour, a tentare di fare da paciere in questo momento di dissoluzione totale. I parlamentari e i ministri (quelli del cerchio magico), fra un gossip e l’altro, soffiano sul fuoco tenendo al massimo gli entusiasmi e respingendo ogni proposta dell’opposizione. Le leggi vengono approvate dal Parlamento molto spesso senza discussione o, sotto la spada di Damocle del voto di fiducia. D’altronde l’opposizione non si oppone, le altre forze d’opposizione non contano, il Pd non riesce mai a trovare la quadra per ottenere almeno uno, un solo accordo.
Credo proprio che ormai l’attuale maggioranza abbia posto in essere tutte le necessarie condizioni per lasciare lavorare questo governo (che non governa) che, nel bel mezzo di tutto questo ambaradan, ha le mani libere; tutto procede tranquillamente nella certezza che nessuno potrà mai cambiare qualcosa perché è tutto sotto controllo.
Per di più, c’è un ministro che garantisce tutto questo; un ministro che immaginiamo lavori 24 ore su 24, che si è assunto l’arduo compito di portare alla conclusione la riforma della giustizia e della magistratura in ossequio alla linea di Silvio Berlusconi che tanto le aveva volute queste riforme, senza però riuscirvi.
Lo ha detto lo stesso ministro, quando è stata approvata l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Lo abbiamo detto e scritto più volte. È ormai palese che l’intenzione di questo governo sia quella di realizzare un diverso assetto politico per il nostro Paese all’impronta dell’autoritarismo e della distruzione di tutte quelle norme che altro non sono che veri ostacoli all’espletamento del programma di governo.
Vogliamo fare un breve elenco di tutte quelle leggi che hanno messo in serio pericolo la funzione giudiziale e le peculiarità della magistratura? Abolizione del reato di abuso d’ufficio, sterilizzazione del traffico di influenze, ridimensionamento del danno erariale e riduzione dei poteri della Corte dei conti, “divieto” per i pm di parlare con i giudici, riduzione al massimo di 45 giorni per le intercettazioni. Queste proposte sono quelle meno conosciute ma sono anche fra le più dannose.
Meno diritti, più democratura
Non ci vuole molto per capire quali potranno essere i danni diretti e indiretti che graveranno sul sistema giustizia. Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio i pubblici funzionari saranno liberi di firmare pure la carta straccia ma non c’è dubbio che la corruzione, la concussione, il peculato, l’evasione fiscale subiranno decrementi incalcolabili con buona pace per pubblici funzionari, dirigenti, quadri, insomma per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. La riduzione dei poteri della Corte dei conti, procurerà tout court un’automatica assenza di controlli e la conseguente impossibilità di determinazione del danno erariale con gravi conseguenze per il bilancio dello Stato.
Nordio ha poi toccato il fondo quando ha introdotto nella riforma della giustizia una norma che segna il limite della disfatta del nostro sistema penale.
Consiste nell’introduzione dell’interrogatorio preventivo della persona indagata prima di decidere se applicare la misura cautelare della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari. Decisione che dovrà essere presa, non più da un giudice monocratico ma da un collegio di giudici.
Questa norma si ritorcerà come un boomerang perché verranno a galla molte difficoltà, tenuto conto dell’attuale carenza di organico nella magistratura; non sarà esente da ostacoli la ricerca di tre giudici piuttosto che di uno solo per l’assegnazione dei processi. Specialmente nei piccoli distretti, le difficoltà saranno più pesanti.
Dunque immaginiamo un soggetto indagato del quale bisognerà decidere se applicare la misura cautelare in carcere o meno: il giudice, anzi un collegio di giudici, appositamente formato, dovrà avvertire l’indagato almeno cinque giorni prima dell’interrogatorio preventivo. Quindi si avrà: - scusi, sig. tal dei tali, si può presentare fra cinque giorni dal giudice per le indagini preliminari per essere interrogato, in quanto dobbiamo decidere se arrestarla o meno?
Il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicolò Gratteri, dopo avere criticato aspramente questa norma l’ha definita una “norma grottesca”.
Su questo tema, Federico Giannasi del Pd sostiene che “la legge creerà danni irreparabili, perché l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, prolifererà ulteriori reati con conseguente enorme squilibrio e destinazione verso un ancora più inammissibile autoritarismo”.
E non possiamo sottacere nulla sull’abolizione “dell’obbligatorietà dell’azione penale” che è diretta conseguenza della “separazione delle carriere” dei magistrati giudicanti da quelli requirenti? Il prof. Enrico Grosso, ordinario di diritto costituzionale all’università di Torino, sostiene che “il pm separato sarà progressivamente espulso, giuridicamente meno attrezzato, sarà trasformato in un inquisitore autoreferenziale e privo di sensibilità nei confronti dei diritti”. Ecco. La sensibilità nei confronti dei diritti. Pochi ne parlano e pochi sanno che il pm è il primo magistrato a giudicare il reo e decidere dunque sul rinvio a giudizio o meno. E lo fa con senso di responsabilità – senza alcuna rivalsa come molti credono – senza mai dimenticare il rispetto dei diritti umani come il diritto alla vita, il diritto alla libertà individuale, il diritto all’autodeterminazione. La prima delle conseguenze dirette di questa “fantastica” riforma, sarà il rischio di concentrazione dei poteri dello Stato, laddove il pm sarà alle dirette dipendenze del potere esecutivo mentre la funzione o il potere legislativo del Parlamento si scioglierà come neve al sole. Il pm potrà lavorare meno perché non avrà più l’obbligo di inseguire i reati; si dovrà occupare solo di quelli che il governo inserirà in un’apposita lista di priorità. Quindi potremo stare più tranquilli perché non avremo più scippi, borseggi, rapine, ladri di biciclette. Però avremo sempre la mafia, la corruzione, la concussione, l’evasione fiscale, le tangenti. Gli autori di questi reati potranno lavorare con maggiore tranquillità perché tanto ci avrà pensato il governo a non inserirli nella lista dei reati da perseguire prioritariamente.
E non è da trascurare che la concentrazione dei poteri nelle mani dell’esecutivo vorrebbe dire un taglio netto alla democrazia, avremmo una democrazia senza controlli se non quelli che sono di interesse del governo. Saranno più protetti i maggiorenti (notabili, industriali, grandi imprenditori, politici, ricchi possidenti), mentre il cittadino comune avrà grandi difficoltà a difendersi anche per effetto del probabile lievitare delle parcelle degli avvocati.
C’è ancora una norma partorita dalla fantasia di Nordio, che è diretta conseguenza della separazione delle carriere di pm e giudici. È l’attuale “obbligatorietà dell’azione penale”. La norma prevede che il pm è obbligato ad aprire l’indagine ogni volta che abbia conoscenza di una “notitia criminis”, qualsiasi sia la fonte di acquisizione. Anche questa norma dunque verrà cancellata, cosicchè non potrà che essere ancora una volta svalutato e minimizzato il ruolo del pm.
Ebbene, nessuno potrà negare che con le riforme di cui parliamo, nelle mani del ministro Nordio, raggiungeremo – o forse abbiamo già raggiunto – quello stato che si chiama “democratura”. Non per nulla questo neologismo viene utilizzato in quest’epoca mentre era prima del tutto sconosciuto. Purtroppo possiamo affermare che il nostro sistema politico attuale rappresenta una perfetta democratura: cioè un regime politico di fatto autoritario che però formalmente appare come una democrazia. La società civile, l’intera comunità dovranno fare l’impossibile per salvare il Paese dalla catastrofe; non possiamo permettere che la nostra Costituzione vada in liquidazione e che la nostra democrazia, costruita con il sacrificio di tanti combattenti, venga distrutta.
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