Storie di amore,
orrore e coltelli
Società | 7 aprile 2025

I femminicidi di Messina e Roma delle ventiduenni Sara Campanella e Ilaria Sula hanno scosso l’opinione pubblica. Per le modalità, per la giovane età di vittime e carnefici, per avere come bersaglio due universitarie che studiavano per una prospettiva di vita professionale, per l’agghiacciante insondabilità elaborata nella mente dei due accoltellatori. “Sara è figlia di ciascuno di noi” recavano scritto cartelli nella affollata fiaccolata a Messina seguita al femminicidio. È così. La vicenda dell’innocente ragazza, il suo volto luminoso spento per sempre, le sue registrazioni telefoniche, le sue parole normali e ricorrenti nelle vicende giovanili di milioni di giovani d’ogni tempo – divenute per lei motivo di soppressione della sua giovane esistenza – l’hanno resa a tutti figlia, sorella, nipote secondo le nostre età. Vivrà con noi e in noi. Bene ha fatto l’Università di Messina a decretare che le sarà conferita la laurea alla memoria. Ma nulla - né memoria, né commiserazione, né laurea - potranno mai risarcirla di un destino così crudele.
Sappiamo bene che la lotta alla violenza di genere con urgenza ed emergenza deve procedere su due binari. Il primo culturale e formativo nelle scuole sui maschi da tre anni in su e vita natural durante. Il secondo legislativo con ricalibratura e rafforzamento di procedure investigative, giudiziarie e punitive. Recentemente sono state varate norme in questo senso. Il primo campo d’intervento richiede tempi necessariamente lunghi, preparazione di formatori, strategie in materia psicologica, affettiva, sessuale, cambio di paradigmi in una società sempre più violenta e aggressiva.
Quando serve il porto d’armi
Consentiteci in questo contributo una riflessione su di un segmento specifico della filiera dell’orrore. Parliamo di coltelli adoperati per uccidere donne. Senza dimenticare che il fascino dei coltelli nei giovani investe pesantemente anche violenza, risse, pestaggi, ferimenti e omicidi negli scontri sempre più ricorrenti tra bande e “branchi” di ragazzi spesso minorenni così come aggressioni a malcapitati da derubare. I coltelli sono tornati ad essere oggetti di culto. Come ai tempi della Cavalleria rusticana o come nelle cinematografiche ricostruzioni romanesche di “Er più. Storia d’amore e di coltelli”. Con una diffusione che lascia sgomenti. Si portano in tasca, in auto, in discoteca, nelle uscite serali. D’ogni forma e dimensione.
Incontrovertibile che assieme alle armi da fuoco e alle mani che strangolano il terzo strumento di soppressione delle donne siano i coltelli. Armi troppo pericolose a disposizione di menti fragili, inalberate per un nonnulla, fuori controllo nelle reazioni. Con una differenza però: mentre per l’acquisto di pistole e fucili oltre alla disponibilità d’una consistente somma dobbiamo possedere determinati requisiti psicofisici e un porto d’armi, acquistare coltelli è un gioco da ragazzi. Più economico. Non risolveremo di colpo né femminicidi né risse per strada rendendo l’acquisto delle armi da taglio più regolato di adesso e tuttavia introdurre barriere d’ingresso può essere d’aiuto. Assieme alle azioni e alle prese di coscienza a cui si accennava per “trapiantare” nei cervelli maschili l’idea del non-possesso e che non devi picchiare e ammazzare tua moglie o la tua compagna perché vi siete stancati della vita di coppia o ha deciso di lasciarti dopo che per decenni l’hai riempita di umiliazioni e percosse. Né devi accoltellare una ragazza che ti ha respinto come la nostra dolce, sfortunata Sara.
La proposta è semplice e si può sintetizzare così: è arrivato il momento di lavorare ad una sorta di “porto d’armi” ben più cogente anche per i coltelli oltre che per le armi da fuoco. Con regole meno blande – facilmente smontabili nei tribunali dagli avvocati – considerate tutte le distinzioni sulle tipologie di coltelli. Bisogna scoraggiare in tutti i modi il fascino per i coltelli dei maschi italiani. E dei giovani in particolare, autoctoni o “nuovi italiani” di seconda o terza generazione.
Misure più restrittive
Intanto vediamo di barcamenarci – e non è facile – nella legislazione vigente. Si basa sulle seguenti norme: articoli 585, 697, 699, 704 del Codice penale; articolo 42 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (Tulps); articoli 45 e 80 del Regolamento Tulps; articolo 4 della Legge 18 aprile 1975, n. 110. Ci sono poi orientamenti consolidati nella giurisprudenza a seguito di varie sentenze della Corte di Cassazione. Spiega un esperto, il giurista Domenico Greco: “Tutti i coltelli, a prescindere dalle loro dimensioni, lunghezza, forma e funzionamento sono considerati un’arma. Alcuni però, come i pugnali, sono considerati un’arma propria (ossia strumenti nati con il preciso scopo di ferire o uccidere) e, come tali, sottostanno a un regime molto stringente; tanto la loro custodia all’interno dell’abitazione quanto il porto al di fuori è sempre vietato, salvo si sia ottenuta una particolare autorizzazione. Altri invece, come i coltelli da cucina, sono considerati un’arma impropria (ossia strumenti che fungono a uno scopo diverso da quello di offendere ma che, se usati in determinate circostanze, possono ugualmente costituire un pericolo); per questi ultimi i limiti sono meno rigidi rispetto ai primi. I coltelli classificabili come armi proprie o anche armi bianche sono creati proprio allo scopo di arrecare un danno alla persona e per i quali non è previsto, né è ipotizzabile, un uso differente. La punta deve essere acuminata (caratteristica che, in realtà, accomuna tutti i coltelli); devono avere la lama su entrambi i lati: quindi, tagliare sia se usati da un lato che dall’altro; la lama deve essere bloccata al manico (tale non sarebbe una lama che si può ritrarre come quella di un taglierino). Esempi di coltelli considerati armi proprie: pugnali; coltello a molla; coltello a scatto; stiletto; coltello a serramanico con apertura manuale. I coltelli che rientrano invece tra le armi improprie nascono con scopi diversi da quello di ferire (ad esempio, il coltello per tagliare il pane) ma (…) possono comunque ferire o uccidere. Tali sono ad esempio anche una catena, una forbice, un palo di scopa e così via. (…). Operata la distinzione tra coltelli armi bianche o proprie e coltelli armi improprie, come vengono disciplinate le due categorie? (...)".
Sinteticamente, per capire se un coltello è legale o meno bisogna verificare se ha la lama su entrambi i lati. La detenzione in casa di un coltello arma bianca o propria è legale solo se comunicata alla Questura e non si può mai uscire di casa con esso, salvo si abbia il porto d’armi. Un coltello con la lama su entrambi i lati è sempre illegale se non si ha il porto d’armi. Invece la detenzione in casa di un coltello arma impropria è sempre legale anche senza preventive comunicazioni o autorizzazioni. Si può uscire di casa con esso anche senza il porto d’armi ma ci deve essere una valida ragione non contraddetta da elementi esterni".
Si dirà: ma allora la normativa esiste; il porto d’armi anche per i coltelli esiste. Sì e no. Perché esiste per i modelli più letali che si comprano in armeria. Ma un coltello non meno letale che sfodererò in una rissa del sabato notte nella quale alcol, droga e coltelli sono protagonisti o per fare fuori compagna o fidanzata o amante io – maschio dominante – posso comprarlo e detenerlo senza alcun problema. Anche se sono minorenne. Su Internet, nelle rivendite di ferramenta e casalinghi, in un esercizio commerciale o in una bancarella di articoli per l’agricoltura o la pesca, in un ipermercato, nella fiera paesana, nel mercato rionale settimanale. Facile come comprare un panino o una bevanda. Modelli per tutte le tasche, per tutte le passioni. Da 40 euro a 600 per i modelli più lavorati nel manico e nella lama o più “tecnologici”. I campionari, in presenza o sui display, sono amplissimi e temiamo facciano molta presa sulle menti violente di tanti maschi adulti e maschietti emulanti adolescenti. Bisogna introdurre regole più restrittive per i coltelli che possiamo definire più o meno tascabili o comunque chiudibili e sistemabili in un borsello o in uno zainetto. Ma anche per i coltelli da cucina. Non quelli che metti accanto ai piatti quando apparecchi la tavola (che pure possono causare danni irreversibili sulle parti più sensibili della circolazione sanguigna) quanto soprattutto per coltellacci diffusi in tutte le case per tagliare carne e pesce, con lame di 25-30 centimetri. Altroché se letali.
Con misure più restrittive per i coltelli non più rinviabili non si risolverà la piaga dei massacri delle donne. Occorrono ben altri investimenti di natura culturale, sociale, formativa, di costruzione del rispetto di genere. Richiedono tempo e perseveranza instancabile. Ma ogni barriera d’entrata alla folle maturazione delle soppressioni facili può essere d’aiuto a salvare vite.
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