Un ragazzo su tre testimone di bullismo, allarme a scuola

Giovani | 16 aprile 2018
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Un ragazzo su tre afferma di aver assistito personalmente ad atti di bullismo, quasi il 90% degli studenti pensa sia un fenomeno molto diffuso all'interno delle scuole e il 42% pensa che sia la scuola il contesto nel quale maggiormente si faccia uso della violenza. Sono alcuni dei dati del questionario sulla percezione mafiosa e antiviolenza condotto dal Centro Pio La Torre tra oltre 2500 studenti che hanno partecipato al Progetto educativo antimafia e antiviolenza promosso per l'undicesimo anno dal Centro Studi.

Il 93,24% degli studenti della scuola secondaria di secondo grado coinvolti nell’indagine asserisce che il bullismo è un comportamento aggressivo o vessatorio, tenuto continuativamente da un singolo o da un gruppo ai danni di uno più soggetti percepiti come più deboli. Il 6,76% degli studenti, invece, non concorda con tale affermazione.

Il dettaglio dei risultati dell'indagine sarà presentato mercoledì 18 aprile alle ore 10.30, presso la sede nazionale dell'Fnsi, in una conferenza stampa indetta da Centro Pio La Torre, Federazione nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) e Articolo 21.

A presentare i risultati Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, Paolo Borrometi, presidente di Articolo 21, e alcuni componenti del Comitato scientifico del Centro Pio La Torre che ha coordinato il questionario. 

Durante la conferenza sarà distribuito il numero speciale della rivista ASud'Europa con i commenti all'indagine da parte dei docenti universitari del Comitato scientifico e dei docenti e alunni delle scuole partecipanti al progetto. La rivista sarà disponibile anche online sul sito www.piolatorre.it



Ecco l'articolo di Melania Federico che riguarda bullismo e cyberbullismo . 



Il bullismo giovanile è un fenomeno imperante, trasversale che si verifica in ogni parte del mondo e senza distinzioni di ceto sociale. Sovente è la cronaca nera a riportare il triste epilogo di vicende legate a comportamenti arroganti o irriverenti ovvero riconducibili al cyberbullismo e ad una prevaricazione violenta che dilaga malgrado l’azione di contrasto svolta dalle istituzioni. Il proposito dei bulli è quello di prevaricare i soggetti più deboli, denigrarli per particolari caratteristiche fisiche o semplicemente per un’indole più riservata. Sono i dati analizzati a dirci che si tratta perlopiù di personalità fragili, inermi, segnate dalla cattiveria e dalle umiliazioni subite. Con la pervasività della rete nella vita degli individui il fenomeno del bullismo, inoltre, ha assunto delle forme più amplificate divenendo cyberbullismo. La tecnologia consente ai bulli di infiltrarsi nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi inviati tramite smartphone o pubblicati sui siti web tramite Internet. Il cyberbullismo nello specifico ingloba, infatti, un insieme di azioni aggressive intenzionali, di una singola persona o di un gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, e-mail, chat rooms, istant messaging, siti web) il cui scopo è quello di arrecare danno ad un coetaneo incapace di difendersi. L’accessibilità scriteriata e non mediata all’uso dei social network (Instagram e Facebook in particolare) ha reso, inoltre, la diffusione delle umiliazioni estremamente amplificata, facile ed immediata. Risultano essere numerosi gli interrogativi afferenti alla ricerca delle cause scatenanti di tali forme estreme di aggressività che sforano spesso nel sadismo. Il dito è puntato in primis sulla crisi dei valori familiari e sull’assenza di ruoli definiti, nonché sulla mancanza di un’educazione emotiva. I 2543 studenti che hanno partecipato all’indagine del Centro Studi Pio La Torre hanno dato delle risposte agli interrogativi posti loro sul fenomeno preso in esame. Partendo dall’assunto che esistono varie forme di violenza (oltre a quella fisica, nelle sue varie modalità, ci può essere una violenza verbale, una psicologica, ecc.), ci si è concentrati su alcune vittime del fenomeno: minori, donne, migranti, esponenti di certe etnie o religioni, soggetti deboli o marginali in genere. Il 93,24% degli studenti della scuola secondaria di secondo grado coinvolti nell’indagine asserisce che il bullismo è un comportamento aggressivo o vessatorio, tenuto continuativamente da un singolo o da un gruppo ai danni di uno più soggetti percepiti come più deboli. Il 6,76% degli studenti, invece, non concorda con tale affermazione. Quotidianamente TV, giornali, cinema e social media raccontano episodi di violenza gratuita, incontrollata o di derisione esercitati da uno o più persone a danno di un’altra, a volte in modo tanto cruento e distruttivo della propria identità e del proprio sé, con conseguenze traumatiche e talvolta irreversibili. E’ stato così chiesto agli studenti come sono venuti a conoscenza del fenomeno: il 30,28% degli intervistati ha dichiarato tramite i media, il 30,16% di avere assistito personalmente ad atti di bullismo verso altri, il 17,89% ne ha sentito parlare da persone vicine e l’8,30% ne è venuto a conoscenza attraverso altre fonti. Alla domanda “Quanto credi sia diffuso il fenomeno del bullismo nelle scuole?”, il 30,28% ha dichiarato molto; il 56,55% abbastanza; l’11,76% poco e l’1,42% per nulla. Sembra che tra gli studenti sia diffusa la presa di coscienza dell’esistenza del fenomeno (si tratta dell’86,83% dei giovani, se si sommano le modalità “molto e abbastanza”), probabilmente supportata dalle azioni di sensibilizzazione e di contrasto messe in atto nelle istituzioni scolastiche. Tale consapevolezza emerge anche dalle risposte alla domanda “Secondo te in quali contesti si fa più ricorso alla violenza?”: il 42% denuncia come la violenza si esercita tra i compagni di scuola e tra gli amici, sebbene la percentuale più consistente, il 55,88%, ritiene che la violenza viene agita soprattutto in circostanze in cui c’è molta gente, come allo stadio o in discoteca. Tra le situazioni di ricorso alla violenza seguono, per il 31,89% dei rispondenti, quelle tra gli estranei; per il 9,44% l’ambiente familiare; per il 7,90% l’ambito lavorativo e per il 4,25% altro luogo. E’ stato poi chiesto agli studenti “Se sei al corrente di atti di bullismo, ci sono state reazioni di persone diverse della vittima nei confronti dei bulli?”. Il 46,91% degli intervistati ha risposto di sì, il 21,16% di no e il 31,93% non so. In tema di bullismo e cyberbullismo affrontare e gestire in modo efficace e risolutivo gli episodi traumatici significa prevenire suicidi ed esistenze problematiche che turbano il benessere e l’equilibrio psico-fisico. Cardine diventa pertanto il ruolo della scuola che deve occuparsi non soltanto dell’istruzione, ma anche dell’equilibrio psicologico e morale dei giovani. Intervenire tempestivamente, con l’ausilio di figure professionali esperte, può risolvere i conflitti ed il disagio in modo efficace, senza troppe implicazioni psicologiche ed emotive. Il Miur è impegnato da diversi anni sul fronte della prevenzione del fenomeno del bullismo e, più in generale, di ogni forma di violenza, e ha messo a disposizione delle scuole varie risorse per contrastare tale fenomeno, ma soprattutto ha attivato strategie di intervento utili ad arginare comportamenti a rischio, determinati, in molti casi, da condizioni di disagio sociale non ascrivibili solo al contesto educativo scolastico. Come si legge nelle ‘Linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionali per la prevenzione e la lotta al bullismo’, infatti, scuola e famiglia possono essere determinanti nella diffusione di un atteggiamento mentale e culturale che consideri la diversità come ricchezza e che educhi all’accettazione, alla consapevolezza dell’altro, al senso della comunità e della responsabilità collettiva. Occorre, pertanto, rafforzare il Patto di Corresponsabilità educativa previsto dallo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria: la scuola è chiamata ad adottare misure atte a prevenire e contrastare ogni forma di violenza e di prevaricazione; la famiglia è invitata a collaborare, non solo educando i loro figli, ma vigilando sui loro comportamenti. Il 13 aprile 2015, inoltre, sono state emanate le nuove ‘Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo’. Il documento prevede la realizzazione di una serie di azioni per fornire al personale della scuola gli strumenti di tipo pedagogico e giuridico per riconoscere i segnali precursori dei comportamenti a rischio e per prevenire e contrastare le nuove forme di prevaricazione e di violenza giovanile. È, infine, la legge 29 maggio 2017 n.71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” a porsi come finalità il contrasto del fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche. In ogni scuola è stato così individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo; al dirigente scolastico, invece, spetterà il compito di informare tempestivamente le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, di convocare tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore.
 di Melania Federico

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