Un ragazzo su tre afferma di aver assistito
personalmente ad atti di bullismo, quasi il 90% degli studenti pensa sia
un fenomeno molto diffuso all'interno delle scuole e il 42% pensa che
sia la scuola il contesto nel quale maggiormente si faccia uso della
violenza. Sono alcuni dei dati del questionario sulla percezione mafiosa
e antiviolenza condotto dal Centro Pio La Torre tra oltre 2500 studenti
che hanno partecipato al Progetto educativo antimafia e antiviolenza
promosso per l'undicesimo anno dal Centro Studi.
Il 93,24%
degli studenti della scuola secondaria di secondo grado coinvolti
nell’indagine asserisce che il bullismo è un comportamento aggressivo o
vessatorio, tenuto continuativamente da un singolo o da un gruppo ai
danni di uno più soggetti percepiti come più deboli. Il 6,76% degli
studenti, invece, non concorda con tale affermazione.
Il
dettaglio dei risultati dell'indagine sarà presentato mercoledì 18
aprile alle ore 10.30, presso la sede nazionale dell'Fnsi, in una
conferenza stampa indetta da Centro Pio La Torre, Federazione nazionale
della Stampa Italiana (Fnsi) e Articolo 21.
A presentare i
risultati Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre,
Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, Paolo Borrometi, presidente
di Articolo 21, e alcuni componenti del Comitato scientifico del Centro
Pio La Torre che ha coordinato il questionario.
Durante la
conferenza sarà distribuito il numero speciale della rivista ASud'Europa
con i commenti all'indagine da parte dei docenti universitari del
Comitato scientifico e dei docenti e alunni delle scuole partecipanti al
progetto. La rivista sarà disponibile anche online sul sito www.piolatorre.it
Ecco l'articolo di Melania Federico che riguarda bullismo e cyberbullismo .
Il bullismo giovanile è un fenomeno imperante, trasversale che
si verifica in ogni parte del mondo e senza distinzioni di ceto sociale.
Sovente è la cronaca nera a riportare il triste epilogo di vicende
legate a comportamenti arroganti o irriverenti ovvero
riconducibili al cyberbullismo e ad una prevaricazione violenta che
dilaga malgrado l’azione di contrasto svolta dalle istituzioni. Il proposito
dei bulli è quello di prevaricare i soggetti più deboli, denigrarli
per particolari caratteristiche fisiche o semplicemente per
un’indole più riservata. Sono i dati analizzati a dirci che si tratta
perlopiù di personalità fragili, inermi, segnate dalla cattiveria e
dalle umiliazioni subite.
Con la pervasività della rete nella vita degli individui il fenomeno
del bullismo, inoltre, ha assunto delle forme più amplificate divenendo
cyberbullismo. La tecnologia consente ai bulli di infiltrarsi
nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della
loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi
inviati tramite smartphone o pubblicati sui siti web tramite Internet.
Il cyberbullismo nello specifico ingloba, infatti, un insieme di
azioni aggressive intenzionali, di una singola persona o di un
gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici (sms, mms, foto,
video, e-mail, chat rooms, istant messaging, siti web) il cui scopo
è quello di arrecare danno ad un coetaneo incapace di difendersi.
L’accessibilità scriteriata e non mediata all’uso dei social network
(Instagram e Facebook in particolare) ha reso, inoltre, la diffusione
delle umiliazioni estremamente amplificata, facile ed immediata.
Risultano essere numerosi gli interrogativi afferenti alla ricerca
delle cause scatenanti di tali forme estreme di aggressività che
sforano spesso nel sadismo. Il dito è puntato in primis sulla crisi
dei valori familiari e sull’assenza di ruoli definiti, nonché sulla
mancanza di un’educazione emotiva.
I 2543 studenti che hanno partecipato all’indagine del Centro
Studi Pio La Torre hanno dato delle risposte agli interrogativi
posti loro sul fenomeno preso in esame. Partendo dall’assunto
che esistono varie forme di violenza (oltre a quella fisica, nelle
sue varie modalità, ci può essere una violenza verbale, una psicologica,
ecc.), ci si è concentrati su alcune vittime del fenomeno:
minori, donne, migranti, esponenti di certe etnie o
religioni, soggetti deboli o marginali in genere. Il 93,24% degli
studenti della scuola secondaria di secondo grado coinvolti nell’indagine
asserisce che il bullismo è un comportamento aggressivo
o vessatorio, tenuto continuativamente da un singolo
o da un gruppo ai danni di uno più soggetti percepiti come più
deboli. Il 6,76% degli studenti, invece, non concorda con tale affermazione.
Quotidianamente TV, giornali, cinema e social media raccontano
episodi di violenza gratuita, incontrollata o di derisione
esercitati da uno o più persone a danno di un’altra, a volte in
modo tanto cruento e distruttivo della propria identità e del proprio
sé, con conseguenze traumatiche e talvolta irreversibili. E’
stato così chiesto agli studenti come sono venuti a conoscenza
del fenomeno: il 30,28% degli intervistati ha dichiarato tramite
i media, il 30,16% di avere assistito personalmente ad atti di
bullismo verso altri, il 17,89% ne ha sentito parlare da persone
vicine e l’8,30% ne è venuto a conoscenza attraverso altre fonti.
Alla domanda “Quanto credi sia diffuso il fenomeno del bullismo nelle scuole?”, il 30,28% ha dichiarato molto; il 56,55% abbastanza;
l’11,76% poco e l’1,42% per nulla. Sembra che tra gli
studenti sia diffusa la presa di coscienza dell’esistenza del fenomeno
(si tratta dell’86,83% dei giovani, se si sommano le modalità
“molto e abbastanza”), probabilmente supportata dalle azioni
di sensibilizzazione e di contrasto messe in atto nelle istituzioni
scolastiche. Tale consapevolezza emerge anche dalle risposte
alla domanda “Secondo te in quali contesti si fa più ricorso alla
violenza?”: il 42% denuncia come la violenza si esercita tra i compagni
di scuola e tra gli amici, sebbene la percentuale più consistente,
il 55,88%, ritiene che la violenza viene agita soprattutto in
circostanze in cui c’è molta gente, come allo stadio o in discoteca.
Tra le situazioni di ricorso alla violenza seguono, per il 31,89% dei
rispondenti, quelle tra gli estranei; per il 9,44% l’ambiente familiare;
per il 7,90% l’ambito lavorativo e per il 4,25% altro luogo. E’
stato poi chiesto agli studenti “Se sei al corrente di atti di bullismo,
ci sono state reazioni di persone diverse della vittima nei confronti
dei bulli?”. Il 46,91% degli intervistati ha risposto di sì, il 21,16% di
no e il 31,93% non so.
In tema di bullismo e cyberbullismo affrontare e gestire in modo efficace
e risolutivo gli episodi traumatici significa prevenire suicidi
ed esistenze problematiche che turbano il benessere e l’equilibrio
psico-fisico. Cardine diventa pertanto il ruolo della scuola che deve
occuparsi non soltanto dell’istruzione, ma anche dell’equilibrio psicologico
e morale dei giovani. Intervenire tempestivamente, con
l’ausilio di figure professionali esperte, può risolvere i conflitti ed il
disagio in modo efficace, senza troppe implicazioni psicologiche
ed emotive. Il Miur è impegnato da diversi anni sul fronte della prevenzione
del fenomeno del bullismo e, più in generale, di ogni
forma di violenza, e ha messo a disposizione delle scuole varie risorse
per contrastare tale fenomeno, ma soprattutto ha attivato
strategie di intervento utili ad arginare comportamenti a rischio,
determinati, in molti casi, da condizioni di disagio sociale non
ascrivibili solo al contesto educativo scolastico. Come si legge
nelle ‘Linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionali per
la prevenzione e la lotta al bullismo’, infatti, scuola e famiglia
possono essere determinanti nella diffusione di un atteggiamento
mentale e culturale che consideri la diversità come ricchezza
e che educhi all’accettazione, alla consapevolezza
dell’altro, al senso della comunità e della responsabilità collettiva.
Occorre, pertanto, rafforzare il Patto di Corresponsabilità
educativa previsto dallo Statuto delle studentesse e degli studenti
della scuola secondaria: la scuola è chiamata ad adottare
misure atte a prevenire e contrastare ogni forma di violenza e
di prevaricazione; la famiglia è invitata a collaborare, non solo
educando i loro figli, ma vigilando sui loro comportamenti. Il 13
aprile 2015, inoltre, sono state emanate le nuove ‘Linee di
orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo
e al cyberbullismo’. Il documento prevede la realizzazione
di una serie di azioni per fornire al personale della scuola gli
strumenti di tipo pedagogico e giuridico per riconoscere i segnali
precursori dei comportamenti a rischio e per prevenire e
contrastare le nuove forme di prevaricazione e di violenza giovanile.
È, infine, la legge 29 maggio 2017 n.71 recante “Disposizioni
a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del
fenomeno del cyberbullismo” a porsi come finalità il contrasto
del fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni,
con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione,
tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti,
sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti,
assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione
di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche. In ogni scuola è
stato così individuato un referente per le iniziative contro il bullismo
e il cyberbullismo; al dirigente scolastico, invece, spetterà
il compito di informare tempestivamente le famiglie dei
minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, di convocare
tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima
e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore.