Truffe rosa in Parlamento
La nuova legge elettorale prevede esplicitamente la parità di genere per i candidati in lista. Ma l’uso sapiente dei collegi elettorali “sicuri” e le candidature multiple permette ai partiti di aggirare la norma sulle quote rosa. Chi ne esce peggio.
Come funzionano le quote rosa
Ci sono molti più uomini che donne in politica; vale in tutto il
mondo, vale specialmente da noi. Per una variegata serie di ragioni,
sperare che la proporzione di uomini e donne in politica si riequilibri
da sola è velleitario. Da qualche anno alcuni partiti hanno quindi
introdotto volontariamente nei loro statuti meccanismi che hanno lo
scopo di limitare, per quanto possibile, lo squilibrio. Nelle ultime
tornate elettorali, hanno sortito effetti positivi: per esempio, il
parlamento uscente è stato quello con più donne in assoluto. Ora,
l’equilibrio di genere è addirittura obbligatorio: la nuova legge
elettorale nazionale lo prevede esplicitamente. Ma fatta la legge,
trovato l’inganno, come dice il proverbio.
La nuova legge prevede infatti che nelle liste dei collegi plurinominali
i candidati debbano essere collocati secondo un ordine alternato di
genere; che alla Camera nessuno dei due generi possa essere
rappresentato in misura superiore al 60 per cento nel totale dei collegi
uninominali; e che nessuno dei due generi può occupare la posizione di
capolista nei collegi plurinominali in misura superiore al 60 per cento.
Al Senato le stesse norme valgono a livello regionale.
Questo meccanismo, mischiato da un lato con l’esistenza di collegi
elettorali più o meno certi e dall’altro con le candidature multiple, ha
dato luogo a una elusione della legge sulle quote rosa.
Il confronto nei collegi uninominali
Per quanto riguarda le candidature nei collegi uninominali alla
Camera, ci siamo chiesti se i partiti avessero rispettato le quote di
genere solo sulla carta, quindi su base nazionale, o anche per la
suddivisione dei collegi sicuri, vale a dire quelli dove la probabilità
di vincere per un determinato partito è molto elevata. La “sicurezza” si
basa su sondaggi effettuati a ridosso della formazione delle liste:
naturalmente non esiste alcuna certezza, ma solo un’alta probabilità.
Abbiamo scelto di concentraci su base regionale principalmente per
comodità e per completezza di informazione, anche se ci rendiamo conto
che all’interno di ogni regione possono coesistere collegi più o meno
sicuri di altri. Infine, poiché la regola del 60 per cento dovrebbe
valere su base regionale al Senato, questa analisi è interessante solo
se limitata alla Camera. I dati sono riportati in tabella 1. Con l’aiuto
di Mariasole Lisciandro e Stefano Pallaoro nella raccolta e
organizzazione dei dati, abbiamo calcolato la quota di candidature
femminili nei collegi uninominali in cui queste regioni sono suddivise:
lo spirito della legge è rispettato quando, per un partito, la quota
supera il 40 per cento nei collegi di vittoria sicura; altrimenti il
sospetto è che il partito stia utilizzando la candidatura femminile solo
per coprire collegi dove la sconfitta appare probabile. Analogamente,
lo spirito della legge è rispettato qualora la quota di candidature
femminili nei collegi dove la sconfitta è sicura sia inferiore al 60 per
cento.
Come è evidente dalla tabella, il Pd non rispetta mai lo spirito della
legge quando i collegi sono di vittoria, con una situazione più
equilibrata nei collegi a sconfitta sicura. Anche per Forza Italia (con
Lega e Fratelli d’Italia) vale un rispetto formale: solo in Veneto e
Lazio si raggiunge quota 40 per cento, mentre negli altri casi sono
favorite le candidature maschili (meno squilibrata la situazione nei
collegi di sconfitta sicura). Il Movimento 5 Stelle non ha collegi
storicamente sicuri, visto che si presenta a elezioni con questa formula
per la prima volta: proprio per questo, e forse solo per questo, la
situazione alla Camera è fortemente equilibrata, tranne, nemmeno a farlo
apposta, in Sardegna, dove i sondaggi sono favorevoli al Movimento e le
candidature femminili sono solo 1 su 6.
Il confronto nei collegi plurinominali
Un altro modo per aggirare la norma sulle quote rosa è usare le
pluricandidature femminili. Apparentemente sembra vantaggioso, perché
garantisce alle candidate più probabilità di essere elette. In realtà,
può trasformarsi in un cavallo di Troia: poiché devono necessariamente
risultare elette in un solo collegio, in caso di vittoria in più
collegi, le donne pluricandidate dovranno lasciare automaticamente il
posto a chi le segue nella lista, che per legge, guarda un po’, è un
uomo.
In questo caso non è molto semplice calcolare il numero dei seggi
assegnati al partito. La nostra analisi si limita quindi ai casi di
pluricandidature che siano in numero uguale o superiore a 2
(tralasciando quindi tutti i casi 1 + 1, anche se ciò toglie dal confronto il Movimento 5 Stelle).
Nella tabella 2 riportiamo due numeri: il secondo è il numero di collegi
plurinominali considerati, mentre il primo è il numero di questi
collegi in cui è presente una pluricandidata (non per forza come
capolista, tuttavia). Indicativamente, benché i dati siano da prendere
con cautela e le conclusioni meno nette rispetto al caso precedente,
quando i due numeri sono molto vicini significa che il partito potrebbe
usare la candidatura di donne come specchietto per le allodole (quando
la pluricandidata è anche capolista) o come mero meccanismo per aggirare
la regola dell’alternanza di genere (quando la candidata non è
capolista), garantendo invece l’elezione a un numero ben più elevato di
candidati uomini. Pd e Forza Italia escono male da questo confronto; si
salva invece Liberi e Uguali.
Il cammino verso la parità e l’equa rappresentanza è ancora lungo.
Spiace sempre, però, vedere come a ogni intervento pensato con lo scopo
di riequilibrare la situazione corrispondano, più o meno apertamente,
azioni volte a depotenziarlo e disinnescarlo, con l’obiettivo di
aggirare la novità e perpetuare la situazione precedente. (info.lavoce)
Tabella 1 -Quota di candidature femminili nei collegi uninominali “sicuri”
Nota: per ogni partito, sono evidenziate in verde in verde le regioni in cui la vittoria è più probabile
Tabella 2 – Pluricandidature femminili nei collegi proporzionali
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