Teoria della classe disagiata, perchè i giovani fuggono la vita
Due scrittori trentenni, la generazione perduta della società italiana, dedicano alla lettera lasciata da un coetaneo suicida la prima l'incipit e l'altro un lungo brano dei loro libri. Per Marta Fana (Non è lavoro, è sfruttamento) di precariato si muore: “oggi ci si suicida perché derubati di possibilità, di diritti, di una vita libera e dignitosa.” Un ragionamento troppo semplicistico rispetto ad un fenomeno terribile qual è la decisione di togliersi la vita, specialmente in età giovanile.
Raffaele Alberto Ventura “Teoria della classe disagiata” Minimum fax 2017, 16 euro) svolge un'analisi più complessa citando il brano forse più tragico della lettera di Michele (il nome del giovane che si è tolto la vita) : “Questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni”. Con una non comune capacità di analisi, Ventura collega l'episodio alla rappresentazione simbolica dell'azione del martire della prima Cristianità che “sorge dalla contraddizione tragica tra due ordini di legge, tra la legge del mondo e un'altra legge superiore.” Comincio da quello che ritengo uno dei temi più dolorosi della realtà contemporanea per parlare di un libro che colpisce per un tentativo di approfondire le cause della crisi della classe media che connota la realtà del mondo occidentale. Gli argomenti sono originali ed interessanti, anche se non sempre condivisibili. L'autore prende spunto esplicitamente dal libro “La teoria della classe agiata” di Thorstein Veblen, economista americano di origini norvegesi e cultura protestante che alla fine dell'Ottocento descrisse la borghesia americana del suo tempo. Oggi quella classe che fu agiata si è trasformata nella classe disagiata che l'autore definisce come il residuo umano lasciato dalla crisi di sovrapproduzione nel momento in cui non è più possibile finanziare il consumo improduttivo. Contano solo i beni posizionali quelli cioè che testimoniano il nostro status nella società. Un jeans di un brand internazionale, un abito di un grande stilista, un orologio di gran marca hanno valore non tanto per il loro costo intrinseco quanto per il ruolo che essi assegnano nella gerarchia della società dei consumi. Si innesta dunque una continua rincorsa al consumo che le risorse esistenti non possono pienamente soddisfare: la conseguenza è quella che lo scrittore definisce una “disforia di classe” cioè lo sfasamento tra la propria condizione sociale e le risorse economiche necessarie a soddisfarla. Con una bella metafora che richiama la guerra fredda (la rincorsa agli armamenti nucleari come Mutua Distruzione Assicurata) Ventura sostiene che la conclusione di questo processo sarà il Mutuo Declassamento Assicurato, insomma la condanna della classe media ad un progressivo impoverimento relativo. Il libro in realtà lascia intravedere una solida base culturale, usando la letteratura per spiegare fenomeni economici e – a volte- l'economia come letteratura.
Così lo studioso arabo del 1330 Ibn Kaldoun, che applicò ai fenomeni sociali gli studi di Aristotele sulla generazione e corruzione delle forme di vita, diventa l'occasione per parlare della corruzione interna al sistema economico e sociale che come un gigantesco tarlo sta indebolendo le strutture portanti della way of life occidentale. Ciò che tiene insieme le società nella loro fase di sviluppo, secondo lo studioso tunisino, è l'assabiyya cioè la capacità della società di auto-organizzarsi, di cooperare, di operare collettivamente. Proprio ciò che è venuto meno nella nostra società della crisi e che ha condotto alla progressiva messa in discussione del modello di compromesso tra capitalismo e socialdemocrazia che aveva assicurato lo sviluppo nei “trentanni dorati” della seconda metà del secolo scorso. La terza rivoluzione tecnologica (e la quarta che è alle porte) ha creato- a detta dell'autore- una condizione in cui “il capitalista e l'anticapitalista sono stretti in un abbraccio dal quale nessuno può staccarsi senza mettere in discussione la propria esistenza”. E' nell'industria culturale che questa trasformazione radicale ha raggiunto l'apice. Si è trasformato il rapporto tra editore e distributore, Amazon con la platform economy e l'everithing store (il negozio dove puoi trovare qualunque cosa) ha rivoluzionato anche il mercato culturale. Il print on demand e il variable data printing hanno trasformato ogni consumatore in potenziale produttore.
E' nato così il prosumer, cliente che produce contenuti sfruttati dall'azienda che gestisce le transazioni sul Web. Si sono trasformati i sistemi di distribuzione e di vendita: la coda lunga grazie ad Internet consente un imponente volume di transazioni derivante dalla somma di volumi unitari molto limitati. Ventura cita la tesi dello storico austriaco delle diseguaglianze Walter Scheidel che nel suo “I quattro cavalieri del livellamento” individua quattro fattori catastrofici che determinano nelle società un ribaltamento delle tradizionali diseguaglianze: la mobilitazione militare totale, la guerra insomma, le grandi rivoluzioni violente, le bancarotte statali, le epidemie letali. La conclusione di Ventura non è tanto tragica ma neanche ottimista: “ognuno vorrebbe diventare ciò che nel suo cuore sa di essere. Di fatto invece si scatena una competizione infinita tra pari...che impoverisce tutti quanti”. Meno male però che la bottiglia molotov in copertina è di champagne e la miccia un'elegante sciarpetta di marca....
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