Strage di via D'Amelio: Mattarella chiede “la verità”

Società | 19 luglio 2018
Condividi su WhatsApp Twitter

«Onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche nonsmettere di cercare la verità su quella strage». Lo afferma il presidente Sergio Mattarella in una dichiarazione nel ventiseiesimo anniversario della strage di via D’Amelia.

«A ventisei anni di distanza - afferma il presidente Mattarella - sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina.Borsellino era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato. Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata».

Lucia e Fiammetta Borsellino, le figlie di Paolo il magistrato assassinato dalla mafia 26 anni fa insieme agli agenti della scorta, hanno partecipato nella chiesa di San Francesco Saverio a Palermo, alla messa in memoria delle vittime della strage di via D’Amelio, celebrata da parroco Don Vito Scordato. Con loro anche le figlie e i nipoti del giudice Borsellino. Alla funzione religiosa e commemorativa presenti tra gli altri il questore di Palermo Renato Cortese, il prefetto di Palermo Antonella De Miro è il sottosegretario agli Interni Stefano Candiani.


Fiammetta all'Antimafia: i pm rendano conto del loro operato

Mutua dalle recenti motivazioni della sentenza Borsellino quater la definizione dell’indagine sulla strage di via D’Amelio, «il più clamoroso depistaggio che la storia della Repubblica ricordi», e per questo Claudio Fava, che dallo scorso novembre siede all’Assemblea siciliana ed è presidente della Commissione regionale antimafia, chiederà agli attuali vertici dell’intelligence «che cosa è accaduto tra il '92 e il '94». Fava parla in conferenza stampa dieci minuti dopo che si è conclusa l’audizione di Fiammetta Borsellino, la battagliera figlia del magistrato ucciso a Palermo il 19 luglio '92 insieme a cinque uomini della sua scorta.

Alla vigilia dell’anniversario della strage, l’Antimafia regionale decide ("per scelta e non per atto dovuto», sottolinea Fava) di sentire Fiammetta Borsellino che stamane, in un intervento su Repubblica, ha messo insieme i 13 punti tutt'ora oscuri sull'assassinio del padre e sull'indagine che ne seguì, con tre processi passati in giudicato che portarono alla condanna di innocenti, prima che il pentito Gaspare Spatuzza parlasse e demolisse il castello di menzogne «costruito a cominciare dal '92 - dice la figlia del magistrato - quando non avevamo alcun sospetto su quello che stava accadendo e, ignari di tutto, parlavamo con gli inquirenti di allora (il procuratore di Caltanissetta Gianni Tinebra, i pm Carmelo Petralia e Nino Di Matteo). Poi abbiamo capito, e ora sono le carte a parlare. Io non espongo opinioni, cito dati e avvenimenti».

«Le motivazioni del Borsellino quater - spiega Fiammetta al termine dell’audizione - hanno avvalorato quanto sapevamo sui depistaggi. Io racconto fatti, mi riferisco a dati contenuti nelle carte processuali. Se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato. Vertici istituzionali e investigatori che hanno ordito il depistaggio sulla strage di via D’Amelio, hanno fatto male non solo a noi ma all’intero Paese; è stata offesa anche l’onorabilità della magistratura».

E incontestabile è la «violazione delle regole - spiega Fava - che hanno portato ad affidare le indagini ad Arnaldo La Barbera, contemporaneamente capo della Squadra mobile di Palermo e stipendiato dal Sisde. Di tutto questo c'è inevitabilmente traccia da qualche parte e chiederemo agli attuali vertici dell’Aisi di fare chiarezza: chi ha chiesto e chi ha autorizzato questa assoluta anomalia?».

«Ventisei anni dopo la strage e l’inizio di un depistaggio unico nella nostra storia, è chiaro che le tracce sono rimaste ed è da queste che occorre partire per conoscere la verità. Non vogliamo sostituirci alla magistratura ma da settembre cominceremo con le audizioni e la nostra sarà un’indagine politica», conclude Fava, che nella scorsa legislatura è stato vicepresidente della Commissione antimafia nazionale guidata da Rosi Bindi.  

 di Maria Tuzzo

Ultimi articoli

« Articoli precedenti