Solarino e Scarpati in scena come Loren e Mastroianni
Casalinga frustrata, ignorante, asservita ad un marito padrone e indottrinata fino allo stordimento dall’ideologia del regime fascista, incontra casualmente la mattina del 6 maggio 1938 (data della visita di Hitler a Roma, trionfalmente accolto da Mussolini) un ex annunciatore radiofonico dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), in procinto di partire per il confino perché omosessuale. Se ne innamora e con lui riuscirà ad avere un delicatissimo rapporto (anche fisico), per quanto temporaneo, straordinariamente profondo e “liberatorio”. Capolavoro cinematografico di Ettore Scola Una giornata particolare (1977), scritto dallo stesso Scola con Eugenio Maccari e Maurizio Costanzo, plana adesso anche come testo teatrale sulle scene (dopo il debutto romano dell’anno passato) del Teatro Stabile di Catania (fino al 28 gennaio), per la regia di Nora Venturini, interpreti la coppia Valeria Solarino-Giulio Scarpati, rispettivamente nei panni che nel film sono di Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Una sfida “sacrilega” che inevitabilmente (per quanto, inutilmente, si tenti di dimenticare) rimanda al film anch’esso di chiaro impianto teatrale, sebbene “favorito” dal mobilissimo linguaggio cinematografico. Operazione molto rischiosa da Scarpati definita “un atto d’amore nei confronti di Scola e Mastroianni” ed altresì (non a caso) candidamente giudicata un “azzardo” dalla stessa Solarino. Esito non disprezzabile, ma fatalmente inferiore all’originale, come sempre accade quando il remake attinge ad un (intoccabile) capolavoro. Interessanti le soluzioni sceniche (giocate sulla contrapposizione fisica delle due abitazioni, quella della popolana Antonietta e del colto e raffinato Gabriele). Accettabile, ma non esaltante, prova “scamiciata” della Solarino (spericolante tra un mix di vernacoli meridionali), meno convincente quella di Scarpati, perlopiù inefficace a rendere accoratamente il pathos e dramma a cui il “maschio” regime fascista costringe l’omosessuale Gabriele.
Altra opera più volte trasposta in versione cinematografica, da quella muta del 1925 di Marcel L’Herbier (interpretata dal grande attore russo Ivan Mosjoukine a quella di Monicelli del 1985, protagonista Marcello Mastroianni, Il fu Mattia Pascal (celeberrimo romanzo di Luigi Pirandello) rinasce anch’essa sulle scene attraverso una versione adattata per il teatro da Irene Tetto (anche attrice, valida nella doppia parte di Romilda e Adriana) e rappresentata al teatro Ambasciatori di Catania, con la regia di Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi (anch’egli attore nei doppi panni di Pomino/Papiano). Aiutato dalle nuove tecnologie ormai ampiamente accettate e sfruttate dal teatro (“visual show” ovvero proiezioni, sul fondale scenico, in dinamiche interazioni con personaggi che creano fittizie ma efficaci scenografie virtuali) l’immortale testo del grande agrigentino - scissione schizofrenica dell’umana esistenza - fissa dolorosamente con amara e grottesca ironia il relativismo identitario degli esseri umani, rappresentato dalla doppia vita di Mattia Pascal/Adriano Meis, qui interpretato con efficacia da uno spavaldo Marcello Montaldo che rende con giusta misura il dramma universale del bibliotecario Mattia, alternando incessantemente narrazione e drammatizzazione. Tutti impegnati in parti doppie gli altri appropriati attori della compagnia (Antonio Caruso, Nadia Trovato, Silvana D’Anca, Giovanna Sesto). Visual show di Andrea Ardizzone. Spettacolo prodotto da “Buio in sala”.
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