Sindaci sotto tiro, record in Campania e Sicilia

Politica | 20 aprile 2018
Condividi su WhatsApp Twitter

Il 69% degli atti intimidatori agli amministratori locali si concentra nel Sud e nelle Isole. La Campania è la regione più colpita con 86 casi censiti, un preoccupante +34% rispetto al 2016. E’ quanto emerge dal rapporto «Amministratori sotto tiro» reso noto oggi da Avviso Pubblico, la rete degli enti locali contro le mafie, in una conferenza stampa.

A seguire la Sicilia - ai vertici di questa classifica nel 2014 e nel 2015 - con 79 casi censiti. Il terzo posto vede appaiate la Calabria, prima regione per intimidazioni nel 2016, e la Puglia, che fa segnare nel 2017 una recrudescenza del fenomeno, con 70 casi registrati. Quinto posto per la Sardegna, con 48 intimidazioni censite. Al sesto posto la Lombardia, con 28 casi, è la prima Regione del Centro - Nord, davanti a Lazio (24 casi), Piemonte (21 casi), Emilia-Romagna (20 casi) e Veneto (19 casi). A parte il Lazio, dove il dato è sostanzialmente stabile, in tutte le altre regioni si è registrato un sensibile aumento dei casi. A livello provinciale, nel 2017 i territori più colpiti sono stati le province di Napoli (34 casi) e Avellino (22 casi), seguite da Reggio Calabria, Siracusa e Cosenza (18 casi ognuna), Roma e Foggia (17 casi), Milano e Bari (16 casi ognuna).

Il mese di marzo è stato nel 2017 quello in cui si è riscontrato il maggior numero di intimidazioni: ben 57 casi. Contrariamente agli anni precedenti, quando è sempre stato maggio il mese in cui si è registrato un sensibile aumento delle minacce, soprattutto nei confronti di candidati alle Elezioni amministrative, nel 2017 il periodo estivo è quello in cui la media delle minacce mensili si alza in modo significativo. Circa il 40% delle intimidazioni, infatti, si è concentrato tra i mesi di giugno e settembre, con una media di 56 minacce nei mesi di luglio e agosto, contro una media annuale inferiore a 45 intimidazioni al mese.

C'è un aumento costante dei casi in cui non sono le mafie o altre organizzazioni criminali a colpire, quanto singoli cittadini o gruppi di essi, che sfogano il proprio disagio e, in alcuni casi, i propri istinti più bassi, verso il politico e il dipendente pubblico fisicamente più raggiungibile, evidenzia lo studio di Avviso Pubblico «Amministratori sotto tiro». Fra queste minacce/intimidazioni non criminali - 146 in totale nel 2017, 1 caso su 4 - un terzo trae origine dal malcontento suscitato da una decisione amministrativa sgradita, un altro 23% è riferibile ad un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o di un posto di lavoro. L’11% si riferisce invece a casi di «violenza politica», in un periodo storico in cui in Italia alcuni estremismi dal sapore antico sono tornati a farsi sentire su alcuni territori del Paese. La «questione immigrazione» genera minacce e intimidazioni Nel 21% dei casi, la possibilità di accogliere degli immigrati e/o una loro presenza sul territorio, percepita come eccessiva da parte della popolazione, ha creato tensioni che sono sfociate anche in intimidazioni e minacce verso gli amministratori locali. Quella dell’immigrazione è una questione attuale e delicata in molti territori del Paese e in diversi stati dell’Unione Europea, con diverse gradazioni di intensità. L'immigrazione - sottolinea il Rapporto di Avviso Pubblico - è una questione che suscita paura, incertezza, rabbia, violenza, generati molto spesso da un deficit di conoscenza del fenomeno e da una certa informazione, preoccupata più di parlare alla pancia che alla testa delle persone.

«Vi è una esigenza di proteggere la nostra democrazia, bisogna intervenire con fermezza e rigore», ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho alla presentazione del Rapporto «Amministratori sotto tiro» presentato nella sede della Fnsi. «Il legislatore - ha ricordato De Raho - ha previsto pene severe verso chi esercita minaccia anche nei confronti dei corpi amministrativi. Quel che si nota è che nei luoghi controllati dalle organizzazioni di tipo mafioso si ha un maggior condizionamento, i danneggiamenti e gli incendi sono stati quasi 600: io credo che essendo oggi i sindaci siano molto fermi rispetto alle esigenze della collettività, dal momento che non rispondono alle richieste delle mafie, e finiscono per essere essi stessi oggetto di forme di intimidazione. Lo Stato deve essere fermo, forte, deve essere presente sui territori dove ciò avviene. E’ il settore degli appalti quello in cui il sindaco che non risponde alle pressioni mafiose viene minacciato. A Roma la mafia esiste non c'è dubbio, da sempre - ha concluso rispondendo ai giornalisti - ci sono state presenze di questo tipo, ce lo dice la storia giudiziaria».

«Quello di Avviso Pubblico è un Rapporto interessante: ne esce uno spaccato del Paese significativo e preoccupante, con una serie di dati negativi, una presenza di mafie diffuse e una quota significativa di aggressioni e danneggiamenti non riconducibili alle mafie», ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, alla presentazione del Rapporto «Amministratori sotto tiro». «Con tutto lo sforzo delle nostre forze di polizia, se non c'è la collaborazione dei cittadini e della parte offesa, non possiamo illuderci di trovare il responsabile dell’incendio, della minaccia o dello sparo notturno. Io credo che lo Stato siamo noi, noi dobbiamo convincerci di questo e combattere tutti insieme la stessa battaglia», ha concluso Pignatone, ricordando che sotto il profilo delle mafie «non abbiamo più la situazione del '92 né del 2006, e il merito è di chi non c'è più ma anche di quello Stato di cui tutti facciamo parte».

 di Angelo Meli

Ultimi articoli

« Articoli precedenti