Reddito di cittadinanza, attenzione agli elettori poveri
All’affermazione travolgente del Movimento Cinque Stelle nelle elezioni politiche del 4 marzo non è certamente estranea la proposta del reddito di cittadinanza che ha costituito una delle proposte portanti del programma elettorale di quel movimento. Se e quando si formerà un governo, la questione non potrà essere gettata nel dimenticatoio anche perché la lunga coda della crisi decennale che ancora viviamo imporrà nelle scelte politiche la priorità di assicurare una condizione di vita dignitosa a coloro che sono privi di redditi da lavoro o da assistenza, e ai cosiddetti working poors, ovverosia quanti pur lavorando percepiscono una retribuzione al di sotto della soglia minima necessaria alla soddisfazione dei bisogni fondamentali. Poiché del tema si parla spesso a sproposito, aumentando la confusione in un'opinione pubblica che ha invece diritto ad essere correttamente informata, è bene chiarire di che si tratta, analizzando le discriminanti nel dibattito italiano, europeo e mondiale, e il contenuto delle proposte politiche sul tappeto nel nostro paese. L'assunto da cui trarre spunto è che reddito di cittadinanza e reddito minimo, che spesso vengono considerati la medesima cosa, sono in realtà antagonistici, “intendendo il primo come garanzia di un reddito incondizionato e il secondo come un trasferimento monetario condizionato alla prova dei mezzi” (S, Toso, Reddito di cittadinanza o reddito minimo, Bologna 2016), anche se alcuni studiosi ritengono auspicabile la contaminazione tra i due schemi.
Nel mondo non esistono, con le eccezioni che si vedranno appresso, esempi di reddito di cittadinanza, mentre tutti i paesi europei, tranne la Grecia, hanno dato vita a forme di reddito minimo. L’Italia con legge delega del 2017 ha istituito il REI, reddito di inclusione che ha caratteristiche di strumento generale ma in questa prima fase è sotto finanziato e copre solo un terzo del bacino della povertà assoluta.
Come si definisce il reddito di cittadinanza, o basic income, come ormai la letteratura internazionale preferisce chiamarlo? Nello statuto della Bien (Basic Income Earth Network), la rete mondiale di studiosi e di associazioni che propugna tale strumento, esso viene definito come “una garanzia di reddito che a) è corrisposto sui base individuale anziché familiare, b) è erogato a prescindere dal reddito eventualmente posseduto dal beneficiario, c) non dipende dalla qualità/quantità del lavoro prestato o dall'eventuale disponibilità a lavorare, nel caso in cui chi lo percepisce sia disoccupato”. L'idea non è nuova: la proposta circola per l'Europa dal 1984 grazie agli studi del filosofo belga Philippe van Parijs ed al saggio Une reflexion sur l'allocation universelle pubblicato dal Collectif Fourier dell'Università di Lovanio. Nella concezione del Collectif il reddito di cittadinanza rappresentava il punto d'approdo di una radicale riforma dell'assetto del welfare, com’è facile dedurre dalla suggestiva apertura del saggio: Sopprimete le indennità di disoccupazione, le pensioni pubbliche, i salari minimi, gli aiuti alle famiglie, le esenzioni e crediti d'imposta per le persone a carico, le borse di studio (…) gli aiuti di stato alle imprese in difficoltà. Ma versate ogni mese a ciascun cittadino una somma sufficiente a coprire i bisogni fondamentali di un individuo single. Datelo a quanti lavorano e a quanti non lavorano, al povero ed al ricco...indipendentemente dal fatto che abbia lavorato o meno nel passato ...il valore dell'importo sia modulato solo tenendo conto dell'età e dell'eventuale grado di disabilità . E finanziate tutto ciò attraverso un'imposta progressiva su tutti gli altri redditi di ciascun individuo. Contemporaneamente deregolamentate il mercato del lavoro...Eliminate tutti gli ostacoli amministrativi al lavoro a tempo parziale. Abbassate l'età di scolarità obbligatoria . Sopprimete l'obbligo di ritirarsi dal lavoro ad un'età determinata. Nel 2012 l'economista inglese Gay Standard, co-presidente della Bien in un libro dedicato all'ascesa del precariato come “vera e propria classe sociale alla stregua del proletariato” ha proposto una forma di reddito di cittadinanza (pur definendolo reddito minimo garantito) così concepita: “ogni persona legalmente residente in un paese ...adulto o bambino che sia dovrebbe ricevere un modico introito mensile …ciascuno avrebbe una carta prepagata che consentirebbe di ritirare una somma mensile per i bisogni primari l'erogazione avverrebbe a beneficio di ogni individuo..permettendo a chi lo riceve di utilizzarlo come meglio crede, senza predeterminarne paternalisticamente l'uso come avviene nel caso della distribuzione dei buoni alimentari...” ( G. Standing, Precari la nuova classe esplosiva, Bologna 2012, pag. 271).
Tali le basi culturali e le motivazioni politico-ideologiche. Quali esperienze concrete ne sono germogliate? Nel 2017 gli elettori svizzeri hanno bocciato con un referendum il progetto di introdurre una forma di reddito di cittadinanza. In Olanda è allo studio un progetto pilota in 30 città per l'introduzione di un programma di aiuti monetari alle famiglie simile al reddito di cittadinanza. Il governo finlandese ha dato incarico ad un gruppo di lavoro di progettare una ricerca pilota che dovrebbe condurre alla sperimentazione su scala nazionale di una forma di reddito di base. A tale scopo sono stati sorteggiati 200 cittadini che dovranno far da cavia alla sperimentazione. Le uniche esperienze esistenti in paesi industrializzati si sono realizzate in situazioni del tutto particolari: oltre a quello promosso dal 1975 al 1979 nella città a di Dauphin (Manitoba) il caso più noto riguarda il Permanent Fund Dividend in Alaska. Ad ogni cittadino alaskiano o residente da almeno due anni è pagata una quota dei proventi che lo stato ricava dalle concessioni di sfruttamento dei pozzi petroliferi. Dal 2000 ad oggi è stato mediamente corrisposto ad ogni cittadino un ammontare oscillante tra i 900 e i 2000 dollari annui. Assai più diffuse sono invece le esperienze di reddito minimo, che sono state recentemente riformate nei principali paesi europei anche per dare risposte alla pressione della Commissione Europea sulle politiche di contrasto alla povertà ed all'esclusione sociale.
Vediamo come stanno le cose in tre grandi paesi europei- Francia, Germania e Regno Unito- e negli Usa. La soluzione alla dichiarata contrapposizione tra misure universalistiche e provvedimenti selettivi legati alla “prova dei mezzi”, cioè alla dimostrazione da parte del beneficiario di essere in possesso dei requisiti richiesti viene in molti casi legata al cosiddetto universalismo selettivo. In Francia esiste dal 2009 il Revenu del solidarité active formato da due componenti, una di base (RSA socle) e una cosiddetta di attività (RSA activitè). Il RSA socle è un vero e proprio schema di reddito minimo a favore delle famiglia con il reddito al di sotto di una certa soglia. Il RSA activitè, che è la vera novità concepita al fine di evitare la “trappola della povertà”, è concesso solo se all'interno del nucleo vengono recepiti redditi da lavoro. Nel paese transalpino il dibattito è stato vivissimo, tanto che Benoit Hamon, il candidato del Ps alle scorse elezioni presidenziali che aveva proposto in prospettiva l'introduzione del reddito universale, aveva individuato come misura immediata un aumento del 10% del RSA dagli attuali 500 fino a 600 euro mensili per un singolo. (CNEWS Matin “Presiedentielle 2017: le programme de Benoit Hamon). La Germania dal 2005 ha un sistema di disoccupazione contributiva (Arbeitlosengeld 1) che copre fino a 24 mesi, cui si aggiunge un sussidio di disoccupazione finanziato dalla fiscalità generale e subordinato alla prova dei mezzi (Arbeitlosengeld 2) che vale circa 400 euro per un singolo, mentre il Sozialhilfe viene destinato agli individui più poveri. Il Regno Unito ha nell'Income Support (450 euro mensili per un singolo) l'istituto che fornisce una rete di protezione di ultima istanza esente da imposta a coloro il cui reddito è inferiore ad una soglia di minimo vitale e che non partecipano a tempo pieno al mercato del lavoro. Gli Stati Uniti non conoscono il modello europeo di stato sociale e non hanno un istituto di reddito minimo. Tuttavia le politiche federali di contrasto alla povertà sono state caratterizzate dal progressivo spostamento degli interventi a sostegno del reddito dai soggetti del tutto privi di occupazione verso i cosiddetti working poors. Per il primo tipo di assistenza si utilizza il Temporary Assistance for needy families (TANF) mentre al secondo obiettivo si fa fronte con l'Earned Income Tax Credit (Etic) che funziona attraverso un meccanismo in qualche modo simile all' imposta negativa.
La situazione italiana è caratterizzata dalla confusione tra necessità di rafforzamento del sistema degli ammortizzatori sociali e la proposta di introduzione del reddito di cittadinanza.
Con la recente entrata in vigore del REI come strumento generale di contrasto alla povertà si è compiuto un passo avanti, ma siamo ancora lontani dalla soluzione dei problemi. È utile notare, rispetto alla qualità della discussione politica in corso, che il disegno di legge n.1148 presentato nella scorsa legislatura dal M5S propone in realtà un reddito minimo con prova dei mezzi (anche se lo chiama reddito di cittadinanza), “essendo la misura del Rdc fissata in funzione del raggiungimento della soglia UE di povertà relativa”, cioè con un importo massimo del beneficio pari al 60% del reddito mediano. L’ economista e candidato M5S Lorenzo Fieramonti ne ha calcolato il costo in 15 miliardi annui ma Massimo Baldini e Francesco Daveri su Lavoce.info lo fanno ammontare a 28,7 mld,praticamente il doppio. Complesse motivazioni tecniche si possono addurre a sostegno di entrambe le tesi (Istat che calcola 15 mld attribuisce alle famiglie povere proprietarie della casa un reddito
“imputato” pari alla quota dell’;affitto che pagherebbero se l’abitazione non fosse di proprietà; ma il programmaM5S fa riferimento al criterio di calcolo Eurostat che non comprende gli affitti imputati nel calcolo del reddito disponibile). In entrambe le ipotesi siamo comunque di fronte ad un ingentissimo esborso pubblico.
La Sicilia è tra le poche regioni a non avere ancora legiferato in materia di reddito di contrasto alla povertà. Responsabilità ancor più grave- in considerazione del pervicace rifiuto dell’Assemblea regionale nel corso della precedente legislatura di discutere il disegno di legge di iniziativa popolare. La nuova Assemblea avrebbe potuto farlo proprio nel corso della prima seduta ma se ne è ben guardata. Entrambe le Giunte di governo, quella di centrosinistra di Crocetta e il centrodestra di Musumeci sono finora rifiutate di affrontare il problema. Nel DEF 2018-2020 si fa cenno solo all’applicazione in Sicilia del REI escludendo ancora una volta un intervento regionale integrativo. Un gravissimo errore che contribuirà colpevolmente a peggiorare la condizione della quota ampia di popolazione siciliana che è costretta a far i conti con la crescente povertà, Anche per questo ripubblichiamo il coda il testo del DdL di iniziativa popolare.
1
Disegno di legge d’iniziativa popolare
INTEGRAZIONE AL REDDITO CONTRO LA POVERTÀ ASSOLUTA
Art. 1
E’ istituita l’integrazione al reddito contro la povertà assoluta.
Art. 2
L’integrazione al reddito contro la povertà assoluta è una misura volta a fornire un aiuto economico pari alla differenza tra il reddito disponibile (ISEE) del nucleo familiare e la soglia della povertà assoluta calcolata annualmente dall’ISTAT.
Art. 3
L’integrazione al reddito contro la povertà assoluta è erogata mediante il rilascio di apposita carta acquisti che potrà essere utilizzata per l’acquisto dei beni e servizi di prima necessità individuati dal regolamento attuativo della presente legge.
La carta acquisti di cui al precedente comma è alimentata mensilmente fino al raggiungimento della cifra prevista per l’integrazione al reddito.
L’eventuale credito residuo è spendibile nei mesi successivi.
Art. 4
La richiesta della carta acquisti va effettuata presso un centro di assistenza fiscale o un patronato.
2
Il rilascio della carta acquisti è subordinato all’impegno a sottoscrivere, da parte dei beneficiari, un progetto di inclusione sociale.
Il progetto di cui al comma precedente è gestito dai servizi sociali del comune di residenza dei beneficiari, eventualmente in collaborazione con i centri per l’impiego.
Possono inoltrare domanda per il rilascio della carta acquisti coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano legalmente residenti da almeno dodici mesi nel territorio della regione.
Art. 5
Le spese di attivazione e di funzionamento dell’integrazione al reddito contro la povertà assoluta sono a carico della regione.
Chi omette di informare tempestivamente l’amministrazione circa eventuali incrementi nella sua situazione reddituale tali da comportare una decurtazione dell’integrazione al reddito, perde istantaneamente e per i cinque anni successivi il diritto a ricevere l’integrazione medesima. Tale previsione si applica anche a coloro i quali abbiano presentato la propria istanza formulando dichiarazioni mendaci sulla propria capacità reddituale.
Le articolazioni periferiche dell’Assessorato regionale al lavoro effettuano gli opportuni controlli. Contestualmente al rilascio della carta acquisti i beneficiari sottoscrivono l’impegno a consentire agli incaricati dell’amministrazione regionale e del comune di residenza sopralluoghi e accertamenti. Comporta l’immediata decadenza dal diritto all’integrazione al reddito contro la povertà assoluta il rifiuto ingiustificato del beneficiario a consentire l’accesso alla propria abitazione, a beni registrati, a conti correnti, a titoli o ad altre informazioni rilevanti, da parte degli organi summenzionati.
In presenza di violazioni di legge rilevanti, i predetti incaricati provvedono anche a comunicarle alle competenti autorità giudiziarie.
3
Art. 6
Tutte le modalità di gestione dell’integrazione al reddito contro la povertà assoluta sono disciplinate con apposito regolamento da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 7
La copertura finanziaria dell’integrazione al reddito contro la povertà assoluta è assicurata dalle risorse regionali, nazionali e comunitarie utilizzabili a tale scopo.
Prioritariamente verranno destinate a tale finanziamento: 1) la rimodulazione dei programmi operativi regionali (FSE, FESR e FEARS) del presente periodo di programmazione; 2) i programmi paralleli derivanti dalla riduzione del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali investimento europeo (SIE); 3) le quote residue del piano azione e coesione (PAC); 4) le quote in economia della legge n. 328/2000; 5) le quote provenienti dal fondo di sviluppo coesione (FSC).
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