Rapporto Save the Children: infanzia negata per un miliardo di bambini
Oltre
1 miliardo di bambini nel mondo vive in Paesi colpiti dalla povertà,
240 milioni in aree dilaniate dai conflitti e oltre 575 milioni di
bambine e ragazze si trovano in contesti caratterizzati da gravi
discriminazioni di genere nei loro confronti.
Ecco
i dati agghiaccianti del rapporto "Le
tante facce dell'esclusione",
diffuso da Save
the Childrenalla
vigilia della Giornata
internazionale dei bambini (1
giugno). Secondo quanto viene descritto, dati alla mano, il Niger si
conferma il Paese al mondo dove l'infanzia è più a rischio, seguito
da Mali, Repubblica Centrafricana, Ciad e Sud Sudan.
Singapore
e Slovenia, invece, sono al primo posto nella classifica dei 175
Paesi dove i minori hanno maggiori opportunità di vivere a pieno la
propria condizione di bambini. Seguono, tra i Paesi più a misura di
bambino, gli scandinavi Norvegia, Svezia e Finlandia. L'Italia si
posiziona all'ottavo posto a pari merito con la Corea del Sud,
guadagnando una posizione rispetto allo scorso anno, sebbene nel
nostro Paese quasi 1 milione e trecentomila bambini e ragazzi vivono
in condizioni di povertà assoluta.
Stati
Uniti, Russia e Cina (rispettivamente al 36esimo, 37esimo e 40esimo
posto), infine, si trovano dietro la maggior parte dei Paesi
dell'Europa occidentale.
Così
si vive nei contesti di povertà
Leggendo
il documento emerge chiaramente che nei Paesi in via di sviluppo, 1
minore su 5 vive in povertà estrema, soprattutto in Africa
sub-sahariana (dove i bambini in questa condizione sono il 52% del
totale a livello globale) e Asia meridionale (36%), con l’India che
da sola tocca quota 30%. Ma non può sottovalutarsi il dato che anche
nelle aree economicamente più avanzate vi sono ben 30 milioni di
bambini e ragazzi che nei Paesi OCSE vivono in povertà relativa
grave, tra cui 6 milioni solo negli Stati Uniti d'America.
Dice
sempre il rapporto che "ogni
giorno più di 15mila bambini muoiono prima di aver compiuto il
quinto anno di età per cause facilmente curabili e prevenibili" e
che "tra
i 155 milioni di bambini sotto i 5 anni che risultano attualmente
affetti da malnutrizione cronica, 9 su 10 si trovano nei Paesi più
poveri, una proporzione notevolmente aumentata rispetto al 1990 (7 su
10)".
La
vita dei minori nelle zone di guerra
Nel
documento si evidenzia anche come nei Paesi in conflitto,
malnutrizione, malattie e mancanza di accesso alle cure sanitarie
uccidono molto più delle bombe. Un bambino su cinque al mondo che
muore prima dei cinque anni si trova in Paesi fragili e tediati dai
conflitti, così come più di 122 milioni vivono in aree
caratterizzate da guerre e violenze. Inoltre, sempre a causa dei
conflitti, sono ben 27 i milioni di minori che sono attualmente
tagliati fuori dall’educazione, perché le loro scuole sono prese
di mira dagli attacchi, occupate dai gruppi armati o perché i
genitori hanno paura di mandare i figli a scuola.
Altro
argomento trattato nel rapporto è la correlazione tra povertà e
lavoro minorile, oltre che matrimoni e gravidanze precoci. Nei Paesi
meno sviluppati, è costretto a lavorare 1 minore su 4, con Africa e
Asia che presentano il maggior numero di minori al mondo in questa
condizione (rispettivamente 72 e 62 milioni su un totale di 152
milioni).
Ma
questa piaga non risparmia nemmeno i Paesi più ricchi, con ben 2
milioni di bambini e adolescenti che lavorano nei Paesi ad alto
reddito, perdendo così l’opportunità di studiare, apprendere,
svilupparsi e partecipare attivamente alla vita della
società.
Matrimoni
precoci
Indice
puntato anche contro il fenomeno dei matrimoni precoci, indicati
come "fattori
trainanti della negazione, per le bambine e le ragazze,
dell’opportunità di apprendere e ricevere un’educazione".
Oggi, nel mondo, 12 milioni di ragazze si sposano ogni anno prima dei
18 anni - spesso perché le famiglie più svantaggiate credono che
dare in sposa le proprie figlie sia l’unica via possibile per
assicurare loro il sostentamento - e ai ritmi attuali si stima che
entro il 2030 tale cifra supererà i 150 milioni.
"Il
fenomeno delle spose bambine è particolarmente rilevante anche nelle
aree colpite dai conflitti, dove in molti casi le famiglie
organizzano i matrimoni per proteggere le figlie da abusi e violenze
sessuali. Tra i rifugiati siriani in Giordania, ad esempio, la
percentuale di ragazze sposate prima di aver compiuto i 18 anni è
cresciuta dal 12% nel 2011 al 32% nel 2014. In Libano, attualmente,
risulta sposata prima dei 18 anni più di 1 ragazza profuga siriana
su 4, mentre in Yemen la percentuale di spose bambine supera i 2/3
del totale delle giovani nel Paese, rispetto alla metà prima
dell’escalation del conflitto. A tale fenomeno è poi strettamente
collegato quello delle gravidanze precoci, che oggi riguarda 7,8
milioni di adolescenti: una questione particolarmente preoccupante
considerando che le complicazioni durante la gravidanza e il parto
rappresentano la prima causa di morte al mondo per le giovani tra i
15 e i 19 anni".
Inoltre, sottolinea l'Organizzazione, mettere fine ai matrimoni e
alle gravidanze precoci, porterebbe a benefici economici entro il
2030 rispettivamente pari a 500 e 700 miliardi di dollari
all’anno.
L’analisi
di Save
the Children riguarda
anche le violenze fisiche e sessuali - dalle mutilazioni genitali
femminili agli stupri alla prostituzione forzata - di cui troppo
spesso le bambine e le ragazze sono vittime nel mondo. Così emerge
che circa 120 milioni di ragazze, più di 1 su 10 a livello globale,
nella loro vita hanno subito forme di violenze sessuali, più di 1 su
5 in Bangladesh e in Camerun. Allo stesso modo, in cinque Paesi
europei quali Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito
più di 1 ragazza su 10 ha subito almeno un episodio di violenza
sessuale prima dei 15 anni.
“Non
possiamo più permettere che così tanti bambini - più della metà a
livello globale - corrano il rischio di perdere la propria infanzia
già dal momento in cui vengono al mondo e che siano costretti sin da
subito a fare i conti con condizioni di forte svantaggio e ostacoli
difficilissimi da superare. Ciò avviene perché semplicemente sono
delle bambine, oppure perché nascono e crescono in contesti
caratterizzati dalla povertà o dalla guerra, dove per loro altissimo
è il rischio di essere costretti al lavoro minorile, di subire sulla
propria pelle le conseguenze della malnutrizione oppure, per quanto
riguarda le ragazze, di essere costrette a sposare uomini spesso
molto più grandi di loro quando sono ancora soltanto delle bambine”,
ha dichiarato Valerio
Neri,
Direttore Generale di Save
the Children.
Infine
ha aggiunto: "Nelle
aree segnate da guerre e crisi umanitarie, tuttavia, è molto
complicato, oltre che pericoloso, poter raccogliere dati aggiornati e
avere una fotografia esatta che rappresenti realmente le
difficilissime condizioni che sono costretti ad affrontare i bambini,
perché si tratta di Paesi al collasso, dove le persone fuggono in
massa per mettere in salvo le proprie vite e dove in molti casi
nemmeno gli aiuti umanitari riescono a raggiungere la popolazione.
Pensiamo, per esempio, a Paesi come la Siria o lo Yemen, dove i
bambini, nelle loro giovanissime vite, finora non hanno conosciuto
altro che bombe, violenza e disperazione; oppure alle gravi crisi
umanitarie di cui sono vittime i bambini Rohingya, i bambini in fuga
dalla Repubblica Democratica del Congo o i tanti minori gravemente
malnutriti che lottano per sopravvivere in Somalia, uno dei Paesi più
poveri al mondo, sconvolto negli ultimi mesi da una gravissima
siccità e da decenni dilaniato da instabilità e violenze. Contesti
in cui i bambini vengono derubati della propria infanzia e in cui
nessun di loro, in nessuna parte del mondo, dovrebbe mai trovarsi”.
(Antimafia Duemila)
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