Quanto vale il business della marijuana legalizzata
Fra il 2017 e il 2018 fumare marijuana diventerà, dall’Uruguay al Canada agli Stati Uniti, legale per milioni di persone anche se con norme assai diverse. L’Uruguay l’ha legalizzata da anni, ma la si potrà comprare in farmacia a partire da luglio a un prezzo fisso (1,30 dollari a grammo), in quantità razionata (10 grammi a settimana) e a qualità garantita (componente psicoattiva fra il 3,3 e l’11%). In Canada, invece, la legalizzazione partirà un anno dopo: tutti i maggiorenni potranno comprare marijuana a uso ricreativo nei negozi di liquori o altri negozi specializzati, secondo regole dettate a livello statale.
Negli Usa i referendum che sono andati di pari passo all’elezione di Trump hanno fatto scattare, seppur scadenzata secondo i diversi Stati, una legalizzazione a largo spettro. La California, ad esempio, aprirà la vendita nell’estate del 2018. Vige tuttavia un paradosso: la marijuana resta proibita a livello federale, ma metà degli Stati Uniti ha deciso di aumentarne l’uso e la vendita. Gli esperti calcolano che in Canada il mercato legale farà sparire 7,5 miliardi di dollari dalle tasche del crimine organizzato. Nel 2015, il giro d’affari di marijuana medica in California è stato appena inferiore ai 3 miliardi di dollari. Secondo la società di ricerche Arcview, il fatturato dell’erba legale in tutti gli Usa è stato di 7 miliardi. Con la legalizzazione capillare le previsioni sono di 22 miliardi di dollari nel 2020, 50 miliardi nel 2026.
Metà del giro d’affari americano delle sigarette di Big Tobacco. Si prevede la nascita di un oligopolio della marijuana, poche grandi aziende unite in un patto di ferro, come Big Pharma o Big Tobacco. Secondo John Hudak e Jonathan Rauch il mercato farmaceutico è regolato in modo rigido dalle agenzie governative con cicli di investimento fra ricerca, brevetto, esaurimento del brevetto, finanziariamente piuttosto costosi. Un’oculata vigilanza pubblica sui prodotti è improponibile per la marijuana a uso ricreativo. Ma Hudak e Rauch non credono neppure che possa affermarsi il modello di business di Big Tobacco: troppo diversificata l’offerta per consentire il consolidamento in due-tre giganti come per le sigarette.
Tranne che non si vada verso regolamentazioni e controlli troppo stretti, il panorama della marijuana, sostengono i due studiosi, sarà largamente decentrato, come pure la normativa differente che sta entrando in vigore tra Stato e Stato. Secondo Brookings, il futuro della marijuana è simile a quello dell’alcool. Rimane tuttavia un’incognita che riguarda i consumatori e nella fattispecie quali saranno le loro abitudini quando sarà possibile acquistare la marijuana nei negozi. Lo studio “Marijuana on Main Street” delle ricercatrici Liana Jacobi e Michelle Sovinsky mette in evidenza come la marijuana legale farebbe aumentare i consumatori di spinelli del 50%. Nasce da qui la prospettiva di un giro d’affari legali da decine di miliardi di dollari.
Applicando lo stesso parametro all’Italia si arriva a circa 7 milioni di potenziali fumatori. Perlopiù adolescenti. Secondo quanto asserito da Jacobi e Sovinsky, per scoraggiare i giovani bisognerebbe quadruplicare il prezzo con le tasse. La marijuana legale in Italia, venduta a 40 euro al grammo, farebbe aumentare di volume il mercato nero. In quest’ottica, il parametro più complesso da identificare è il prezzo: troppo basso rischia di favorire l’uso da parte dei consumatori più deboli, troppo alto riaprirebbe il mercato ai criminali. L’elemento chiave del dossier è dunque il prezzo che dipende dalle tasse: la legalizzazione per il fisco, infatti, è un affare cospicuo.
Ipotizzando una tassa del 25% il fisco italiano incasserebbe tra mezzo miliardo di euro e un miliardo e mezzo. A cui bisogna aggiungere i risparmi nelle operazioni di polizia contro la criminalità e, soprattutto, lo svuotamento delle carceri, dove oggi è rinchiuso un terzo dei detenuti per spaccio. Sempre secondo quanto ribadito dai due studiosi, per l’Italia il risparmio sarebbe fra 1,5 e 2 miliardi di euro l’anno.
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