Perché i siciliani hanno accuratamente evitato le urne

Politica | 7 novembre 2017
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Le elezioni regionali siciliane del 5 novembre vanno analizzate alla luce dei tre fenomeni che ne hanno verosimilmente determinato gli esiti; le caratteristiche della legge elettorale (l.r. 29 del 1951, modificata nel 2005 e poi ancora ai sensi del comma 3 della legge costituzionale 2/13 che ha ridotto i seggi da 90 a 70), l'astensionismo di massa e il voto disgiunto che ha pesato in quantità mai viste prima. L'astensionismo è il vero protagonista politico delle due ultime elezioni regionali: domenica ha partecipato al voto appena il 45,43% degli elettori con una flessione di due punti rispetto al dato già eclatante del 2012 (47,53%); in numeri assoluti si tratta di 1.749.710 votanti su 3.851.300 elettori (nel 2012 1.830.400 su 3.850.670).

 Insomma, si è verificata una fuga di massa dei siciliani dalle urne: un fenomeno di assoluto rilevo politico che andrà analizzato in profondità e con strumenti adeguati. Non è successo solo in Sicilia: ad Ostia, dove si votava per il rinnovo del Municipio (è formalmente un quartiere di Roma ma ha 230.000 abitanti) ha votato solo il 36,15% degli elettori Non mi avventuro in spiegazioni superficiali, ma il dato certo è che l'offerta politica è stata ritenuta dalla maggioranza dei siciliani inadeguata e lontana dai bisogni reali. Mi auguro che nei prossimi mesi vengano prodotti in proposito studi seri, ma è di tutta evidenza che è il concetto stesso di democrazia come partecipazione che appare fortemente logorato. Azzardo l'interpretazione che l'altissimo tasso di astenuti abbia incrementato il peso relativo del voto organizzato e potenzialmente clientelare. La legge elettorale siciliana prevede un meccanismo maggioritario a turno unico per l'elezione del presidente, ma è proporzionale a preferenza unica per quanto riguarda l'Assemblea. Rimodellata nel primo decennio del nuovo secolo, quando il sistema politico sembrava avviarsi al bipolarismo, essa ha dovuto questa volta confrontarsi con la presenza di due coalizioni potenzialmente equivalenti, una coalizione più piccola ed un movimento politico dichiaratamente ostile alle alleanze. Alla fine è stato premiato il candidato che ha dimostrato maggiori capacità di federatore, cioè quello che è riuscito a mettere insieme la coalizione più larga possibile. L'abilità politica del presidente Nello Musumeci a trarre dagli ingranaggi elettorali il massimo vantaggio politico è tutt'altro che secondaria tra le cause della sua vittoria. I grillini, invece, dal meccanismo sono stati danneggiati proprio perché la “ragione sociale” impediva loro di farsi sponsor di qual si voglia alleanza. 

Essi hanno perciò hanno spinto al massimo il motore fino a raggiungere come lista il 26,6% che ne fa il primo partito della Sicilia, ma non sono riusciti, nonostante il voto disgiunto a favore di Cancelleri, ad agganciare il vento in poppa che li avrebbe portati alla vittoria. Infine il voto disgiunto che in questa tornata si è rivelato assai più esteso che in passato. Per non andare troppo indietro nel tempo, Crocetta nel 2012 fu eletto con il 30,477% ma la coalizione ebbe poco meno (30, 462%); nel 2008 Raffaele Lombardo perse il 2,74% dei voti della coalizione che lo sosteneva; ma in controtendenza Totò Cuffaro, in occasione della rielezione nel 2006 ottenne l'8,42% in meno. E' lampante quello che è accaduto domenica scorsa: Fabrizio Micari ha ceduto il 6,75% dei voti rispetto alla coalizione (Micari 18,65%, totale delle quattro liste collegate pari al 25,40%), Musumeci ha perso il 3,19% (Musumeci 39,84% liste provinciali collegate 42,041%), Cancelleri per converso ha guadagnato il 9,980 % (Cancelleri 36,65%, lista M5S 26,67%) e Fava lo 0, 92% (Fava 6,146% pari a 128.157 voti a fronte dei 122. 633 di Giovanna Marano nel 2012, Cento passi 5,226% a fronte del 6,50 delle due liste collegate nella tornata precedente).  

Gli statistici raffinati mi rimprovereranno di non tenere conto della complessità dei flussi, ma la tentazione è troppo forte. La somma dei voti persi da Micari e Musumeci fa 10,94, quelli guadagnati da Cancelleri e Fava arriva a 10,90. Insomma il voto disgiunto del centrosinistra verso il candidato grillino è stato rilevante, ma anche quello in uscita dal centrodestra verso la medesima destinazione appare consistente. La notte intercorsa tra la chiusura delle votazioni e la riapertura delle urne per lo scrutinio, ci ha costretti ad un ,lunghissimo bla-bla basato su exit-poll che hanno fatto un po' perdere di vista i reali risultati elettorali. Cercherò perciò di far parlare i numeri confrontando i dati del 5 novembre con quelli dell'ottobre di cinque anni fa. Per quanto riguarda i candidati alla Presidenza, Nello Musumeci vince con 830.821 voti, oltre 200.000 in più dei 617.073 di Crocetta nel 2012, cresce di 300.000 rispetto al 2002,ma resta appena 3000 voti sotto la somma dei voti conseguiti allora da lui e Micciché. In ogni caso è lontanissimo dal milione e ottocentomila voti di Lombardo nel 2008 e dal milionetrecentosettantamila di Cuffaro nel 2006. 

Vediamo le liste partendo dal centrodestra vittorioso: Salvini-Meloni mettono in scarsella il 5,64% e tre seggi all'ARS, “Diventerà bellissima” il 5,96 e quattro seggi, Forza Italia 16,37% e 12 seggi (nel 2012 il PdL ebbe il 12,91%), Idea Sicilia 7,09% e cinque seggi, UDC 6,96% e cinque seggi. Il M5S con il 26,74% (14,88% nel 2012) ha diciannove seggi e vivrà nell'originalissima condizione di essere il primo partito dell'isola, ma all'opposizione. Cento passi con i suoi 100.583 voti conquista un seggio in Assemblea con Claudio Fava, che dovrà lasciare Montecitorio. La “sfida gentile” del rettore di Palermo è così articolata: il PD ha il 13,02% dei voti con 11 seggi e 250.633 voti, con una flessione di oltre due punti rispetto alle precedenti elezioni (13,43% con 257.274 voti). Il PDR- Sicilia futura dell'ex ministro Cardinale ha conseguito il 6,01% con due seggi; mentre non entrano in ARS gli alfaniani che, superando di poco il 4% restano vittime della soglia di sbarramento, e la lista “Arcipelago”- che incappò nella bocciatura da parte dei Tribunali di Messina e Siracusa- ottiene appena il 2,19% . 

Il buon Roberto La Rosa con i suoi “Siciliani Liberi” conquista 12.600 voti, lo 0,65%: “l'importante non è vincere ma partecipare”, come diceva De Coubertin. Una considerazione finale sul modo in cui l'on. Musumeci potrebbe avere in animo di affrontare le prossime scadenze, a partire dalla formazione della Giunta. Le liste provinciali collegate hanno eletto 29 deputati che, sommati ai sette del listino, gli consentono di raggiungere una risicatissima maggioranza assoluta di 36 parlamentari, ben lontana dalla soglia dei 42 la legge elettorale considera di sicurezza per garantire la governabilità. Sta certamente meglio di Crocetta che quella maggioranza ha dovuto di volta in volta cercarla in Aula, ma gestire sala d'Ercole con un solo voto di maggioranza è impresa da far tremare i polsi a chiunque; Senatores boni viri Senatus mala bestia. Né facile si presenta la formazione della Giunta. Musumeci in una delle sue prime dichiarazioni da eletto ha affermato che potrà finalmente dire dei no: sarebbe tempo dopo tutti i si che ha pronunciato sulle sue liste infarcite di impresentabili. Lo aspettiamo alla prova.

 di Franco Garufi

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