Passo avanti per realizzare la Casa Museo Rosario Livatino a Canicattì
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha rigettato il ricorso intentato dalla proprietaria avverso il decreto del dirigente generale di sottoposizione a vincolo dell’immobile denominato “Casa di Famiglia del Giudice Rosario Livatino”. Secondo il pronunciamento del TAR di Palermo in pratica “Casa Livatino” ha tutti i presupposti per essere vincolato come bene culturale materiale ed immateriale e quindi tutto il contenuto e la stessa casa non possono essere modificati, ceduti o peggio distrutti ma devono avere una potenziale fruibilità a favore del territorio e della popolazione.
Il decreto era stato emanato il 9 settembre 2015 e notificato alla proprietaria, Giuseppa Profita che aveva ricevuto l'alloggio in eredità nel 2010 dal padre del Giudice, il successivo 3 novembre dopo che la Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento aveva compiuto l’istruttoria e la valutazione non solo della casa di viale Regina Margherita 166 ma soprattutto del suo prezioso contenuto in gran parte appartenuto al magistrato Rosario Angelo Livatino ucciso a soli 37 anni il 21 settembre 1990 alle porte di Agrigento in un agguato tipicamente mafioso. Per Rosario Livatino è in procinto di conclusione la fase diocesana del processo di Canonizzazione. Secondo il più recente indirizzo anche del Governo Siciliano i beni culturali possono essere costituiti anche da beni immateriali altamente significativi e simbolici che testimoniano un preciso momento storico-culturale ed etnoantropologico. “Casa Livatino” avrebbe tutti questi requisiti già per l’importanza e la notorietà del giudice Livatino ma anche se non soprattutto per il fatto che all’interno dell’immobile nelle tre stanze “di rappresentanza” tutto sembra essersi fermato a quella tragica mattina del 21 settembre 1990.
Gli anziani genitori di Rosario Livatino, il papà Vincenzo e la mamma Rosalia Corbo, non vollero cambiare nulla in quelle stanze. A “Casa Livatino” non si contano le visite private di alti rappresentanti dello Stato, della Magistratura, delle Forze dell’ordine e delle Istituzioni ma anche della Chiesa e del Volontariato come i ragazzi di Libera, dell’Arci e dell’Azione Cattolica provenienti da ogni parte d’Italia ed impegnati nei “Campi di lavoro” nei beni confiscati alla mafia. La notizia è stata accolta con soddisfazione da Valentina Garlandi, neo presidente dell’associazione “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino”. “Siamo rincuorati dalla decisione del TAR che ribadisce e preserva l’importanza del patrimonio “Casa Livatino” –dice la Garlandi- e siamo grati ai funzionari della Soprintendenza di Agrigento per i lavoro svolto.
Speriamo adesso di avere accanto a noi le Istituzioni per acquisire in via definitiva la parte pubblica dell’immobile e di riavere al nostro fianco la signora Profita che da proprietaria dell’immobile non si è risparmiata per proseguire l’impegno di papà e mamma Livatino di non disperdere questo bene e la Memoria del figlio che riecheggia all’interno”. Riccardo La Vecchia presidente dell’associazione d’Impegno Civico ed Antimafia “TECNOPOLIS” aggiunge: “Adesso bisognerà trovare le risorse ed un mecenate che consenta di far acquistare all’associazione e alla Postulazione Rosario Livatino l’immobile di viale Regina Margherita 166 per continuare un percorso di memoria ed impegno che neanche quel 21 settembre 1990 ha potuto interrompere”. (*eg*)
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