Paolo Borsellino, l'uomo giusto nel ricordo di chi gli stava vicino
La mafia è cosa complicata. Endemica
e omertosa, radicata e violenta. La mafia è Cosa Nostra. Ma è anche
la storia di chi la mafia l’ha voluta stanare e combattere, nelle
piccole realtà di provincia come nei traffici internazionali di
droga, armi e di immensi capitali. La storia di uomini giusti come fu
Paolo Borsellino.
Il giudice Borsellino, ucciso nella strage
di via D’Amelio il 19 luglio 1992, assieme a cinque agenti di
scorta, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie
Cosina e Agostino Catalano, era una persona dal tratto umano
profondissimo, padre e marito affettuoso e autorevole, amico onesto e
sincero, ironico e protettivo, uomo di fede, magistrato rigoroso,
instancabile, ma contemporaneamente attento alla persona che aveva
davanti, fosse anche un criminale incallito.
Tutte queste caratteristiche emergono dalle pagine di “Paolo Borsellino. L’uomo giusto”, Edizioni San Paolo 2017 (pp. 122, euro 15,00), scritto dalla giornalista Alessandra Turrisi, che ha dato voce a un coro di testimonianze in gran parte inedite, prediligendo coloro che, pur restando nel nascondimento in questi 25 anni, anzi forse proprio per questo, hanno custodito il loro ricordo personale come un tesoro prezioso da rivelare solo oggi.
A tracciare questo ritratto del
Borsellino uomo a tuttotondo sono coloro che condividevano con lui la
fatica del lavoro (magistrati) e l’ansia per una vita vissuta nel
pericolo costante (giovani della scorta), amici di vecchia data e
compagni di divertimenti, sacerdoti che entrarono in contatto con la
sua forte personalità e seppero vedere anche l’angoscia degli
ultimi momenti, dopo la strage di Capaci. Ma c’è anche spazio per
il barbiere dove il giudice si recava ogni 15 giorni per quei pochi
momenti di relax e dove ricevette la telefonata che gli annunciava
l’attentato a Capaci al suo amico e collega Giovanni Falcone; per
una testimone di giustizia che fu accompagnata in questa scelta da
Borsellino; per un suo stretto collaboratore che ha deciso di far
rivivere il bunker all’interno del Palazzo di giustizia dove il
pool antimafia della procura di Palermo lavorava giorno e notte; per
il cardiologo dal quale il giudice doveva accompagnare la madre
proprio in quel torrido pomeriggio del 19 luglio 1992. .
Un testo
che ci riconsegna un uomo eroico e fragile, ma sempre giusto.
Il volume sarà presentato il 24 giugno alle 17,30, alla Biblioteca comunale di Palermo.
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