Non solo profughi, così l’economia degli immigrati sostiene l'Italia
Alcuni numeri aiutano a mettere nella giusta prospettiva quella che spesso viene definita “emergenza immigrazione”. I costi sostenuti dalla pubblica amministrazione per gli stranieri residenti in Italia sono ampiamente compensati da tasse e contributi versati dagli stessi lavoratori stranieri.
Welfare e stranieri
La polemica sull’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati,
indicata comunemente come “emergenza immigrazione”, rischia di far
dimenticare il reale impatto dell’immigrazione in Italia: 5 milioni di
regolari contro 175mila profughi (dato ufficiale dei presenti nelle
strutture a fine 2016).
Secondo le stime pubblicate ogni anno sul Dossier statistico immigrazione,
poi, il saldo tra il gettito fiscale e contributivo versato dagli
immigrati in Italia e spesa pubblica destinata all’immigrazione risulta
ampiamente positivo. Nell’ultimo anno per cui si ha il dato, il 2014,
nonostante l’onda lunga della crisi abbia inciso sui trasferimenti
economici diretti, il saldo tra entrate e uscite varia a seconda del
metodo di calcolo da +1,8 a +2,2 miliardi di euro.
Tuttavia, l’opinione pubblica ha una percezione profondamente negativa
dei costi indotti nel welfare dalla presenza di stranieri. Al di là del
ruolo dei mezzi di comunicazione nella costruzione e nella diffusione
delle informazioni, ciò dipende anche da alcuni fattori di carattere
socio-economico.
In primo luogo, non si possono negare i casi di abusi nell’accesso al
sistema del welfare (tra cui il cosiddetto “turismo del welfare” da
parte di cittadini comunitari, pur limitato dalla direttiva UE 2004/38 e
da numerose sentenze della Corte di giustizia che negano l’obbligo di
prestazioni sociali per cittadini comunitari economicamente inattivi e
privi di risorse sufficienti al proprio mantenimento).
Inoltre, mentre la spesa per il welfare e i costi sociali
dell’integrazione sono sostenuti principalmente a livello locale (casa,
sanità e asili nido), il gettito fiscale e quello contributivo (con
l’eccezione dell’Irpef regionale e comunale) si indirizzano verso Roma,
divenendo quindi meno “visibili” per le comunità locali. Esempi
emblematici sono la sanità (si lamenta spesso una presenza eccessiva di
stranieri, soprattutto nei pronto soccorso, nonostante l’80 per cento
della spesa sia rivolta agli anziani) e la casa, bene scarso su cui
l’opinione pubblica percepisce molto forte la “concorrenza” degli
immigrati, anche in presenza di condizioni socio-economiche di oggettivo
bisogno (mediamente solo il 20 per cento degli immigrati è proprietario
di casa, contro l’80 per cento degli italiani, e il reddito medio di un
immigrato corrisponde al 63 per cento di quello di un italiano).
Spesa pubblica e contributo degli immigrati
Osserviamo dunque le principali voci di spesa sostenute dallo Stato
italiano per la componente immigrata, utilizzando il sistema di calcolo
del costo standard (intendendo il totale dei costi diviso il numero
degli utenti, cioè una spesa media pro-capite riferita a un determinato
anno fiscale).
Considerando che le principali voci di spesa pubblica italiana sono
sanità e pensioni, appare chiaro come siano rivolte principalmente alla
popolazione anziana, con una minore incidenza della componente
straniera. Sommando le diverse voci (sanità, scuola, servizi sociali,
casa, giustizia, accoglienza e rimpatri e trasferimenti economici), per
l’anno 2014 si arriva a 14,7 miliardi di euro, pari a circa l’1,8 per
cento del totale della spesa pubblica italiana. In particolare, la spesa
relativa all’accoglienza dei richiedenti asilo rientra all’interno
della voce “ministero dell’Interno”, che include accoglienza, rimpatri e
lotta all’irregolarità e ammonta nel 2014 a 1 miliardo di euro,
destinato ad aumentare a oltre 3 miliardi a seguito dell’aumento degli
sbarchi nel 2015 e 2016.
Dal lato delle entrate, invece, le voci principali sono il gettito Irpef
e i contributi previdenziali (che, pur non essendo una vera e propria
imposta, nell’anno corrente contribuiscono al sostegno della spesa
pensionistica). Sommando anche le altre voci minori di entrata (imposta
sui consumi, carburanti, lotto e lotterie, permessi di soggiorno,
acquisizioni di cittadinanza), si ottiene un volume di 16,9 miliardi di
euro, con un avanzo positivo di 2,2 miliardi di euro. In questo caso
sono considerati solo i flussi finanziari diretti, ma andrebbero
considerati anche alcuni benefici indiretti, come l’impatto su volume
dei consumi, specie in alcuni settori rivolti a fasce di reddito
medio-basse.
La maggior parte delle risorse versate allo Stato dagli immigrati (quasi
10 miliardi su 16,9) si concentra nelle regioni con più occupati
stranieri (Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto), che da sole
raggiungono il 57 per cento del totale. In particolare, i lavoratori
stranieri della Lombardia contribuiscono alle casse dello Stato con 4
miliardi, quelli del Lazio con 2,2 miliardi e così via (tabella 1).
Questi dati, presentati a livello regionale, possono essere utili per
offrire una diversa prospettiva, dalla quale si vede come i costi
sostenuti dalla pubblica amministrazione per l’utenza immigrata (sanità,
scuola, abitazioni, giustizia e così via) siano ampiamente compensati
dalle tasse pagate e dai contributi versati dagli stessi lavoratori
stranieri (info.lavoce.it).
Tabella 1 – Gettito fiscale e contributivo dei lavoratori immigrati, anno 2015
* Include Irpef e altre imposte (consumi, carburanti, lotto e lotterie, permessi di soggiorno, acquisizioni di cittadinanza).
Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat Rcfl e Mef – Dipartimento delle finanze
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