Michele Placido e i tragici sei personaggi di Luigi Pirandello
Forma drammaticamente immota, fissa, sempre uguale a se stessa, nella quale sei personaggi, tragici protagonisti del surreale dramma pirandelliano, si contorcono in uno spasimo infinito costretti a (ri)vivere costantemente il supplizio al quale ormai sono crocifissi. All’opposto la vita, che la compagnia teatrale - guidata da un regista, dapprima riluttante e poi stregato dalla sorprendente irruzione dei misteriosi individui e dal racconto del padre (alla disperata ricerca d’un autore) - tenterà di trasformare nella forma definitiva, finendo finalmente quel che lo stesso autore, atterrito dalla sua creazione, non ha avuto il coraggio di portare a compimento.
Michele Placido, alla sua terza regia pirandelliana, qui regista-attore, apre con “I sei personaggi in cerca d’autore” la sessantesima stagione del tormentatissimo Teatro Stabile catanese (che si dice finalmente sulla via del risanamento, dopo le tribolate vicende degli anni scorsi), portando in scena forse il più noto dei lavori del grande drammaturgo agrigentino, rispettando, tutto sommato legittimamente, il tradizionale impianto drammaturgico d’un teatro di parola, mentre il ripiegamento sulle tematiche attuali resta perlopiù confinato alle interpretazioni personali. Apprezzabile la scelta di puntare tutto su attori in massima parte catanesi, come lo stesso Placido puntualizza nelle note di regia: “Il mio punto di riferimento - scrive - sono proprio gli attori, gli attori catanesi, ai quali mi sento molto vicino perché hanno qualcosa che riflette con forza il pensiero pirandelliano, sono umoristici, sottili, intelligenti, hanno la pasta giusta per dare vita alla mia messa in scena dei Sei personaggi.
Un’idea favorita proprio dalla destinazione originaria di questo teatro”, richiamando in tal modo l’attenzione sull’antica sala cinematografica di quartiere trasformata poi in Teatro Verga “spiata da presenze o fantasmi” e così attribuendo alla pièce pirandelliana, sempre a detta del regista-attore, “suggestioni soprannaturali” Tra punte drammatiche e improvvisi alleggerimenti la recitazione di Placido (nei panni del padre, che affronta con volenterosa meticolosità il compito non facile di regista); intensa, fino all’estrema afflizione, quella di Guia Jelo (la madre dolente); Dajana Roncione (la figliastra, su cui ruota buona parte del dramma) stratifica con perizia i vari registri recitativi che è chiamata a sostenere; uno spigliato Silvio Laviano si muove con vivacità e consumata sicurezza nelle vesti del dinamico regista della Compagnia teatrale. Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, regia Michele Placido al Teatro Stabile di Catania dal 17 al 27 ottobre I personaggi: Il padre Michele Placido, La madre Guia Jelo, La figliastra Dajana Roncione, Il figlio Luca Iacono, Madama Pace Luana Toscano, La bambina Paola Mita Il giovinetto Flavio Palmeri; Gli attori della Compagnia: Il regista Silvio Laviano, La prima attrice Egle Doria, Il primo attore Luigi Tabita, L’attrice giovane Ludovica Calabrese, L’attore giovane Federico Fiorenza, La seconda donna Marina La Placa, L’assistente del regista Giorgia Boscarino, Direttore di scena Antonio Ferro, musiche di scena Luca D’Alberto, costumi Riccardo Cappello, luci Gaetano La Mela, regista assistente Nicola Alberto Orofino, aiuto regia Valeria La Bua, direttore di scena Antonio Ferro
Un Don Giovanni edipico e matricida
Aperta anche la stagione teatrale del Teatro “L’Istrione” di Catania con un lavoro scritto e diretto da Francesco Russo che riprende in termini edipici il mito imperituro di “Don Giovanni”, il dissoluto qui terrorizzato e oppresso da una madre (anziché dal padre) che (nell’impossibilità di copulare) finirà da lui stesso strangolata, mentre egli resterà a sua volta ucciso dalla cognata, con la quale intreccia una relazione. Una vera e propria ecatombe (la cognata Zanetta, nelle intenzioni dell’autore “modello di emancipazione femminile”, prima di uccidere Don Giovanni in duello, lo aiuta ad eliminare il padre) per un dramma che prende a pretesto la figura del libertino imbastendo una granguignolesca seduta psicanalitica, impastata di vernacolo siciliano (il servo Sgangarello più che riconducibile alla commedia dell’arte molto prossimo da una figura tipica del teatro dei pupi), di reminiscenze goldoniane e, come dichiarato dallo stesso Russo, ispirato alla nota versione di Molière. Un eccesso mortifero che alla fine vanifica l’interessante e originale spunto iniziale. Resta comunque godibile la recitazione dell’intero cast (Irene Tetto, Eleonora Sicurella, Cindy Cardillo, Concetto Venti) su cui spiccano le figure di Valerio Santi (un disinvolto, cinico e tragico Don Giovanni) e Francesco Russo (l’onnipresente Sgangarello).
Don Giovanni, scritto e diretto da Francesco Russo al Teatro “L’Istrione” di Catania.
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