Macron pigliatutto, il parlamento francese in marcia
Nessuna opposizione a Emmanuel Macron: all’indomani del primo turno delle elezioni politiche segnate da un livello record di astenuti (oltre il 51,29% degli aventi diritto) la Francia si risveglia con un paesaggio politico stravolto dal trionfo dell’alleanza europeista République en Marche/MoDem. Uno scenario inimmaginabile fino a poche settimane fa. Il leader trentanovenne si avvia verso un quinquennato dai «pieni poteri» in cui può ambire a realizzare il treno di riforme 'social-liberalì promesse durante la vittoriosa campagna dell’Eliseo il mese scorso.
L’astensione record è comunque «un fallimento» e il governo farà tutto il possibile per «rispondere nella quotidianità» a tutti quei connazionali che diffidano della politica, assicura il portavoce del governo e fedelissimo di Macron, Christophe Castaner. Mentre già di prima mattina sono giunte le congratulazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel: «La Francia si è espressa fermamente per le riforme». Attento allo stile presidenziale, Macron ha evitato di commentare il trionfo. E però, dai media trapelano i contenuti di un sms da lui inviato a Eric Bothorel, un candidato di En Marche che ha rimpiazzato all’ultimo Corinne Erhel, brutalmente scomparsa il 5 maggio scorso. «Bravo Eric per questo bel risultato. Al secondo turno non dobbiamo mollare. Ho un pensiero per Corinne. E’ sicuramente molto fiera di te».
L’autore di queste linee si appresta ad incassare quella che potrebbe essere la maggioranza più schiacciante degli ultimi 60 anni, dopo il record dell’alleanza Rpr-Udf del 1993 (484 deputati). Per Castaner, si tratta di una «scelta chiara: dare una maggioranza al presidente e finirla con il vecchio sistema». "I francesi - ha avvertito - vogliono un profondo rinnovamento, la volontà di voltare pagina travolge tutto». Secondo i dati definitivi, la coalizione presidenziale incassa il 32,32% (tra i 415 e i 455 seggi sui 577 dell’Assembleé Nationale), ben oltre i 289 necessari per la maggioranza assoluta.
Inesistente fino a un anno fa, il movimento lanciato dal ragazzo di Amiens polverizza tutti i partiti che hanno segnato la storia politica transalpina. La prima forza d’opposizione è dieci punti sotto, a quel 21,56% realizzato dall’alleanza Udi-Républicains. Ai ballottaggi di domenica 18 giugno la formazione neogollista che diede al Paese presidenti come Jacques Chirac o Nicolas Sarkozy rischia di perdere oltre metà dei deputati e sfuma la scommessa di una coabitazione con i macronisti. Secondo stime dell’istituto Ipsos/Sopra/Steria, i seggi della destra oggi guidata da Francois Baroin oscillano tra un minimo di 70 e un massimo di 110. Nell’anno zero della Francia naufraga anche il sogno di Marine Le Pen di issarsi alla guida dell’opposizione. Dopo la sconfitta del 7 maggio contro Macron (in cui comunque incassò quasi 11 milioni di voti), il Front National lacerato dalle faide tracolla al 13,2%. Favorita nel feudo nordista di Hénin-Beaumont, Le Pen entrerà probabilmente in parlamento. Ma al suo fianco, nella migliore delle ipotesi, avrà un massimo di quattro compagni di partito, ben al di sotto dei 15 necessari per formare un gruppo. A sinistra, la gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon si ferma all’11,2% contro il 19,2% da lui ottenuto nella corsa all’Eliseo. Il vero disastro, però, riguarda il partito socialista a rischio estinzione (9,51%). La formazione del presidente uscente Francois Hollande può contare su 20 o 30 deputati, contro i 300 della passata legislatura. Spazzata via anche Europe Ecologie/Les Verts: un solo candidato, Eric Alauzet, candidato nel Doubs, può ancora sperare di accedere all’Assemblea contro i 17 del 2012. Mentre si moltiplicano i timori di un «partito unico» e gli interrogativi sull'esistenza di una reale opposizione al nuovo re di Francia Macron. Se confermata, la carica dei quattrocento deputati di En Marche - spesso alla loro prima esperienza politica - rappresenta un rompicapo per il partito stesso. «En Marche - osserva Le Monde - dovrà far fronte a una realtà complessa». A cominciare da banali problemi pratici: come il luogo in cui dovrà riunirsi il gruppo parlamentare. «Probabile che si dovranno incontrare allo Stade de France», ironizza qualcuno a Parigi.
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