"Le Rane" di Aristofane, un appello disperato lungo oltre duemila anni
Un appello disperato lanciato già oltre duemila anni fa, divenuto ormai ossessionante, drammatico e irrisolto, interrogativo: cosa salverà l’umanità dai vizi che sembrano consustanziali alla imperfettissima natura umana? Aristofane lo aveva lanciato quasi 2500 anni fa (mutatis mutandis) con le sue “Le rane” - antichissima commedia, in questi giorni (fino al 9 luglio) al Teatro Greco di Siracusa per l’annuale ciclo delle rappresentazioni classiche - affidandone l’altissimo compito alla poesia, nella commedia incarnata in Eschilo (prediletto da Aristofane), riportato in vita dall’Ade da Dioniso e - dopo una disputa vinta con Euripide - dal dio del teatro, infine, investito del gravoso ufficio di salvare Atene. Un’utopia, che pur continua ostinatamente (per fortuna) a solcare il cammino dell’uomo: affidare la salvezza alla bellezza, in un mondo che la bellezza ha sempre più marginalizzato fino a renderla pressoché invisibile (Pasolini, uno dei pochi profeti disarmati apparsi in Italia, inascoltato, denunciava la disperata coscienza dell’inconsistenza sociale del letterato-umanista, del poeta, reso ormai del tutto impotente). Interpretata dall’ormai straripante e vincente tandem telecinematografico Ficarra e Picone, “Le rane”, diretto da Giorgio Barberio Corsetti, con le musiche scritte da SeiOttavi (acconciati in abiti verdi luccicanti), sbriglia nella prima parte la gran parte della vis comica insita nel testo classico, mentre essendo la seconda - quella della gara tra il sosfistico Euripide ed Eschilo (depositario di virtù antiche) - per quanto buffa, uno scontro tra diverse concezioni estetiche e dei gusti letterari del tempo, inevitabilmente la spinta iniziale improntata ad una più schietta comicità tende a diluirsi, non bilanciata neanche dai video in diretta con l’immissione alternata di Ficarra e Picone, i quali (ripresi da un grande led wall) inframmezzano la gara con interventi non proprio esilaranti. E del resto è la stessa struttura della commedia a separare nettamente le due parti, la cui seconda contiene uno dei motivi portanti del pensiero aristofaneo, quello della funzione educativa che la poesia deve avere nello Stato. Un tema che di comico non ha proprio nulla. Non mancano, tuttavia, anche in questa seconda parte (in cui, come detto, il ruolo del tandem comico ineluttabilmente illanguidisce) brevi momenti d’ilarità o di divertimento, già previste del resto nel testo aristofaneo (ad esempio, quando le “battute” dei due poeti vengono pesate con un’enorme bilancia, alla quale i contendenti vengono legati). Di qualche effetto le marionette ispirate alla sculture di Gianni Dessì e l’intervento finale d’una enorme testa di Plutone, mentre non altrettanto può dirsi dell’essenziale scenografia e della scelta dei costumi. Coreografico e vivacizzante il balletto. A tratti dissacrante e scurrile (i peti abbondano), la commedia ha incontrato il favore del pubblico dell’esordio, manifestato con calorosi e scroscianti applausi finali.
“Le rane” di Aristofane
Personaggi e interpreti:
Santia |
Valentino Picone
Dionisio |
Salvo Ficarra
Eracle |
Roberto Salemi
Un Morto |
Dario Iubatti
Caronte |
Giovanni Prosperi
Eaco |
Francesco Russo
Ostessa |
Francesca Ciocchetti
Platane |
Valeria Almerighi
Servo |
Dario Iubatti
Plutone |
Dario Iubatti
Euripide |
Gabriele Benedetti
Eschilo |
Roberto Rustioni
Corifeo |
Gabriele Portoghese
Coro di Rane della palude infernale | SeiOttavi
Coro
dei sacri iniziati ai Misteri Eleusini – Dannati e Marionettisti |
Accademia d’Arte del Dramma Antico – sezione Scuola di Teatro
“Giusto Monaco”
Regia Giorgio Barberio Corsetti
Al Teatro Greco di Siracusa fino al 9 luglio
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