La scrittura d'intervento o l'impegno civile sui giornali
Chissà cosa avrebbe scritto Consolo. Lo stesso interrogativo che mulinava nell’aria dopo la scomparsa di Sciascia. Mancano gli interventi che lo scrittore di Sant’Agata di Militello riservava a questa nazione telestupefatta. L’autore di “Retablo”, aveva scelto la scrittura di intervento sui giornali. Esercitava così il suo ruolo di intellettuale gramscianamente non indifferente. Articoli, interventi, note, caratterizzati da un registro linguistico distintivo. Consolo, possedeva una straordinaria capacità di sintesi e un’ineffabile senso della notizia. Rileggendo i suoi articoli, vecchi di decenni, ripubblicati da Bompiani, colpisce questa sua spietata previsióne sciasciana. Non esercitava diplomazie linguistiche. Non operava concessioni. Non salvaguardava potentati. Non blandiva accademie. I suoi interventi irritavano, potevano essere non condivisi, ma erano sempre onesti. Consolo ha pagato questo suo dettato esplicito. Ha scontato duramente la continua sottrazione, la disobbedienza, la mancata esposizione televisiva. Non gli hanno mai perdonato questa sistematica diserzione alle adunate e alle parate di regime.
“Ė siciliano. Non scrive in italiano. Ė barocco. Ė oscuro. Ė pesante come una cassata siciliana. Le sue narrazioni non sono filanti. Ma chi si crede di essere? Ma come si permette?”.” Questo, il paradigma declinato dai suoi detrattori. Erano tanti i suoi nemici: cardinali della letteratura italiana, maggiordomi untuosi di consorterie politiche, raccontatori a cottimo di gazzette di palazzo, maestri tartufati di ineffabili gilde e buie consorterie, donnine di guarnigione e ufficialetti di ordinanza. Avevano ragione a detestarlo. A ognuno di loro, aveva dedicato parole di disprezzo meravigliose. Vincenzo Consolo era un fantastico impertinente, irriguardoso, sprezzante, fiero, severo, inflessibile. Era un irregolare, non era irreggimentabile, era un eccentrico.
“Uno scrittore deve essere contro, scomodo - sottolineava lo scrittore siciliano - Se un intellettuale non è critico, diventa cortigiano”. Ė stato così non solo per Consolo ma anche per Vittorini, Pasolini e per Sciascia. Intellettuali contro, che il sistema non è riuscito a fagocitare, assoldare, arruolare, ostentare. Vincenzo Consolo operava un continuo, straziante, grido di denuncia all’indirizzo di una Sicilia disperante. Non perdevano occasione per rinfacciarglielo i sicilianuzzi in servizio permanente effettivo. Facevano garrire sul pennone più alto lo stendardo abusato della Trinacria. Gli rinfacciavano la fuga, l’abbandono. Un proclama di palazzo aveva messo al bando i suoi libri, bollati come inadeguati, colpevoli di un insopportabile rimando ad una Sicilia cupa. L’isolamento, la sconfessione, sono pratiche criptomafiose. La mafia è uno stato mentale dei siciliani. Il continuo dileggio, operato da certa intellettualità isolana, è stato un vero tormento per Consolo. Non amava le piccole patrie. Non firmava manifesti autonomisti. Non rivendicava insulse predominanze culturali. Cesare Segre fu il primo a intuire la specificità linguistica consoliana. Era uno scrittore che non forniva al lettore alcuna indicazione didascalica. Il canone della scrittura consoliana era il cambiamento di registro, l’enciclopedismo ipnotico, il capovolgimento di fronte continuo. Parole contro il potere che possedevano una scansione musicale da cuntista. Parole antiche, espunte, violate. Il falso ritratto che si ha di lui, è quello che tratteggia un uomo scorbutico. Un ritratto falso che non corrispondeva all’immagine privata, quella solare, ironica.
Il convegno organizzato dal “Centro Pio La Torre” e dalla sede Rai di Palermo assume una connotazione “svelante”. Misteriosamente, ma le cose accadono perché devono accadere, giunge a pochi giorni dalla messa in onda di una fiction dedicata al giornalista Mario Francese, vittima di un agguato mafioso. Il protagonista del seminario non è dunque solo Vincenzo Consolo, ma anche il giornalismo siciliano. Forse, è giunto il tempo di raccontare quale è stato il ruolo che hanno avuto editori e giornalisti nella storia recente dell’Isola. A futura memoria. Sempre che la memoria possa avere un futuro.
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