La Regione fallisce o no? Il nuovo tormentone elettorale

Economia | 26 ottobre 2017
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Vietati i sondaggi per forza di legge, si è scatenato l'altro tormentone di questa strana campagna elettorale regionale: il prossimo default della Regione. I fatti: il Consiglio dei ministri di ieri ha esaminato otto leggi regionali, due siciliane, cinque abruzzesi,, una della Toscana ; ha deciso di impugnarne, davanti la Corte Costituzionale, secondo i poteri conferitigli dalla legge. La legge regionale accusata di non rispettare i parametri di legittimità costituzionale è la n.16 del'11 agosto 2017 recante il seguente titolo “Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017. Legge di stabilità. Stralcio1”. I 61 articoli della legge contengono una serie di disposizioni di natura diversa , dalla regolarizzazione dell'istanza di pensionamento del personale regionale, all'apertura di esercizi per impianti sportivi e palestre, alle farmacie dei piccioli centri, all'istituzione del percorso denominato “vie del vento”, alla liquidazione di Riscossione Sicilia e così via fino alla reintroduzione dell'ufficio stampa della Regione senza pubblico concorso. 

La tradizionale legge omnibus, in cui i deputati fanno confluire le richieste che interessano i loro collegi. Caratteristica, questa, aggravata stavolta dalla conclusione della legislatura e dalla prossimità delle elezioni. E' il vecchio nodo della qualità della legislazione regionale e fanno rimpiangere a qualche inquilino di Sala d'Ercole i bei tempi dell'altalena con piazza principe di Camporeale. Infatti, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale del 2014 (sentenza n. 255 del 3 novembre 2014) venne esteso alla Regione siciliana il controllo successivo previsto dall'art.127 della Costituzione per le regioni a statuto ordinario. Se la memoria non mi inganna, era un periodo di rapporti tesi tra Palazzo dei Normanni e l'ufficio del Commissario dello Stato e a qualche esponente politico scappò un sospiro di sollievo. Sollievo che, ahi loro!, non teneva conto del fatto che i controlli successivi alla pubblicazione di ogni legge regionale sarebbero stati svolte dagli uffici del Ministero Economia e Finanza, i cui criteri di severità sono ben noti. 

L'attenzione dei media siciliani si è lungamente concentrata sulle malefatte del governo Crocetta, ma ha- con qualche eccezione- trascurato il fatto che la qualità della legislazione dell'ARS è progressivamente diventata più scadente. Come pensate potessero reagire i severi funzionari di via XX settembre ad una norma che introduce un “trattamento pensionistico sostitutivo agli ex dipendenti dei Consorzi ASI? Oppure ad articoli come il 10 ed altri che intervengono in un campo, quello degli aiuti alle imprese, in cui la potestà legislativa regionale può essere esercitata solo nel rispetto dei vincoli comunitari e degli obblighi internazionali? 

E che dire dell'art.48 che a proposito dei piani paesaggistici territoriali interviene in una materia assai delicata senza alcun rapporto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio? Tutte le norme impugnate, da quelle in materia di professioni sanitarie , alla rimozione e smaltimento dei manufatti di amianto, al ticket sanitario, al canone di demanio marittimo, all'inserimento dell'ARPA (l'agenzia regionale di protezione ambientale) come ente del servizio sanitario regionale hanno le medesime caratteristiche. Trovo debole la giustificazione addotta dall'assessore Baccei che, su 11 norme impugnate, 10 erano di origine parlamentare e non presenti nel testo del disegno di legge presentato dal governo. La Giunta ha infatti anche la responsabilità politica di orientare la sua maggioranza e di evitare gli assalti alla diligenza

 di Franco Garufi

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