La questione meridionale e il futuro dell'Italia

Economia | 20 luglio 2018
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Sono purtroppo molti gli aspetti per cui il Mezzogiorno è in forte svantaggio rispetto al resto dello Stivale: la disoccupazione (ivi compresa quella giovanile e femminile); l'emigrazione di forza lavoro, specie quella più giovane e/o qualificata; la povertà, già notevole prima del 2008 e in costante crescita anche dopo; la diseguaglianza; l'apprendimento scolastico; le condizioni di salute della popolazione (pur a fronte di un sistema sanitario nel suo complesso valido, ma con forti disparità inter-regionali); i livelli di performance delle amministrazioni pubbliche; il degrado urbano e dei beni comuni; la valorizzazione del patrimonio culturale (salve importati eccezioni); il rendimento dei servizi di pubblica utilità; la dotazione infrastrutturale (ferrovie, strade, reti energetiche e di comunicazione in genere); il deterioramento ambientale (pur in presenza di un assai minor numero di insediamenti industriali, i quali peraltro vanno a ridursi o scomparire); l'assetto del territorio; la legalità debole (con riguardo a fenomeni significativi di abusivismo, economia sommersa, transazioni in nero etc.); il senso civico; gli andamenti demografici (che qualche decennio addietro vedevano un Sud prolifico, mentre ora si prevedono perdite di vari milioni di abitanti); la qualità della vita in genere. Le mafie sono uno degli elementi di tale quadro. Vero è che esse sono ormai presenti anche nel Centro-Nord. Ma il loro impatto in termini di inquinamento della vita economica, politica e civile al Sud è più forte e pervasivo.


Nel 2015 e nel 2016 si è avuto un certo aumento del Pil, e quello del Sud è andato un po' meglio rispetto all'altra parte della penisola. Anche nel 2017 si è avuto un Pil con segno più, ma inferiore al Nord. Pure export, numero di imprese, occupati e investimenti privati lentamente crescono(Check Up Confindustria/SRM luglio 2018), ma c'è ancora un grande gap rispetto al Paese e all'Europa. Va anche detto che in tale triennio il numero dei poveri è aumentato. Pertanto, quegli incrementi di ricchezza non sono finora andati a beneficio di coloro che stavano peggio.  (https://www.istat.it/it/files//2018/06/stima_prelim_pil_occupazione_territoriale2017.pdf; https://www.istat.it/it/files//2018/06/La-povert%C3%A0-in-Italia-2017.pdf).


Va ricordato che sul finire della scorsa legislatura è stata finalmente varata - in parallelo con altre misure rivolte al Sud, così come al Terzo settore - una misura nazionale strutturale volta a superare in modo generalizzato lo stato di povertà assoluta (come i lettori di A Sud ricordano, un'idea analoga era contenuta in una proposta di legge regionale siciliana di iniziativa popolare, rimasta tale). Sarebbe stato meglio farlo prima, approntando sufficienti risorse. Sul punto torno tra poco.


È indubbio che un rilancio del Mezzogiorno, se realizzato alle condizioni di cui dico appresso, converrebbe all'intero Paese. Infatti, per un verso nel medio periodo si avrebbero sia risparmi sule dotazioni finanziarie necessarie per il riequilibrio, sia un congruo innalzamento degli introiti fiscali e della ricchezza nazionale in genere. Per altro verso, l'Italia otterrebbe una forza economica e un peso internazionale ben maggiori rispetto ad oggi.


Dal 1950 al 1992 si è avuto l'Intervento straordinario. Dal 1989 sono partite le programmazioni dei fondi europei. Eppure la Questione Meridionale è ancora presente e sembra irredimibile. In molto meno tempo altri paesi sono usciti dall'arretratezza, o l'hanno drasticamente ridotta. L'Italia no. È forse impossibile? Niente affatto. È possibile, a condizione di varare politiche pubbliche intelligenti. Alcune costano poco. Altre richiedono un'adeguata provvista di risorse. Tuttavia, ragionare soltanto in termini di più o meno denaro è fuorviante. Più soldi spesi nei modi consueti non sarebbero la soluzione. Ci vogliono istituzioni sovraregionali indipendenti dalle esigenze di consenso particolaristico. Organismi del genere servirebbero per gli investimenti infrastrutturali e per la promozione dello sviluppo industriale. La Tennessee Valley Authority (TVA) e la prima Cassa per il Mezzogiorno (1950-1975) facevano ambedue le cose. Entrambe hanno prodotto grandi risultati in tempi brevi. La TVA opera bene ancor oggi. Un'altra Agenzia nazionale occorre per gestire la misura contro la povertà (sia essa il minimo vitale, il REI o il reddito c.d. "di cittadinanza"), che deve essere omogenea, certa, rapida e imparziale per tutti. Uno Stato che fa fronte ai bisogni primari diventa anche più credibile e degno di fiducia agli occhi dei cittadini e delle imprese, che a loro volta dovranno fare la loro parte quanto alla denuncia del racket, della corruzione, del lavoro nero, dell'illegalità diffusa (magari anche impegnandosi in tal senso quando saranno beneficiari di trasferimenti pubblici). Il Mezzogiorno può essere un paradiso, capace di attrarre flussi imponenti non solo di turisti, ma anche di residenti stabili, cervelli, investimenti. L'insofferenza per lo status quo può restare allo stato di un ribellismo in ultima analisi vano. Ovvero può essere incanalata e diventare una risorsa, se ciascuno fa del suo meglio, e se i policy-makers fanno le scelte giuste.

 di Antonio La Spina

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