La pericolosa secessione catalana che molti catalani non vogliono
Ci sono alcune cose da chiarire sulla vicenda catalana per evitare il prevalere visione meramente emotiva,conseguente alla improvvida decisione del primo ministro spagnolo Mariano Rajoy di utilizzare la polizia per impedire il referendum del primo di ottobre. I catalani sono profondamente divisi sull'indipendenza che era sempre stata considerata un obiettivo pressoché utopico, mentre la battaglia reale tra Barcellona a ed il governo centrale si è tradizionalmente incentrata sull'ampliamento dell'autonomia e dell'autogoverno.
Il Titolo VIII della Costituzione spagnola del 1978 prevede all'art.143 la creazione di Comunita' autonome su base territoriale i cui poteri, elencati all'art. 148, si collocano a meta strada tra le nostre regioni ordinarie e quelle a statuto speciale. Il concetto di autonomia speciale non è infatto presente nella Carta fondamentale del regno iberico. La lunga stagione (1998-2006) in cui a Generalitat di Catalogna fu presieduta dal socialista Pasqual Maragall, già sindaco di Barcellona, vide un progressivo ampliarsi del ruolo e del potere della Comunidad in un rapporto fortemente dialettico con il.governo centrale di Madrid, soprattutto nelle stagioni in cui anche esso era diretto dal Psoe. Lo statuto di autonomia del 2006, approvato con un referendum, e contestato im alcuni articoli dal Tribunale supremo (il corrispondente spagnolo della Corte Costituzionale) ha introdotto il principio della "nazione catalana" che costituisce in altro elemento di scontro con lo stato centrale .
Il principale elemento di tensione, tuttavia, è relativo alle richieste catalane in materia fiscale che, nel pieno della crisi economica, mettevano in discussione la solidarietà con le aree più deboli del paese. Il progressivo indebolimento del partito socialista, stretto tra la crescita, alla sua sinistra di movimenti alternativi come Podemos e sulla destra degli indipendentisti che hanno vinto le ultime elezioni. Carlo Puigdemont, il giornalista di Girona che con la sua azione ha determinato la più grave crisi della democrazia spagnola dalla fine del franchismo, viene dalla Gioventù nazionalista catalana, è stato leader di Convergenza e Unione e ha vinto le elezioni regionale con una coalizione esplicitamente indipendentista. Tuttavia la Catalogna è politicamente molto divisa : la sindaca di Barcellona Ada Colau di Podemos sta assumendo un ruolo importante, richiamando con forza la necessità di trovare una soluzione condivisa e non autoritaria che salvaguardi l'unità del paese ma dia risposta alle questioni di merito poste dai catalani. In questo senso mi pare vada la dichiarazione che (in perfetto italiano) il leader di Podemos Pablo Iglesias ha reso ieri sera al nostro Tg1.
È fondamentale che anche i socialisti facciano sentire forte e chiara la loro voce .
La mia opinione é che l'indipendenza della Catalogna sia un obiettivo sbagliato ed irrealizzabile, agitato da un gruppo dirigente che ha in mente un pericoloso braccio di forza con Madrid. La risposta di Rajoy é stata la peggiore: essa, sommata alla difficoltà delle forze progressiste di scendere in campo ha condotro la Spqgna sull'orlo di una contrapposizione che avrebbe potuto condurre ad esiti tragici. Ora parebbe esseesserci più tempo per costruire soluzion condivise: speriamo prevalga la capacità della democrazia spagnola di ritrovare le ragioni di un paese solidale e capace di difendere le proprie istituzioni democratiche.
Ogni paragone con la Sicilia è fuori luogo: ma quando nella nostra isola si ricomincerà a parlare di politica bisognerà interrogarsi sulla questione centrale di rendere l'autonomia speciale adeguata ai tempi che viviamo, liberandoci finalmente dei vecchi ideologismi risarcitori che hanno costituito l'alibi per le malefatte di un certo ceto politico siciliano.
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