La chiesa scaccia i mafiosi dalle confraternite

Società | 21 febbraio 2019
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Fuori mafiosi, massoni e condannati dalle Confraternite. E’ quanto prevede un decreto firmato dal vescovo di Palermo, Corrado Lorefice, che porta la data del 25 gennaio. Un decreto pubblicato integralmente nella sezione "Cancelleria" del sito dell’Arcidiocesi di Palermo, che occupa anche l’home page. "La Chiesa di Palermo - si legge nella presentazione - apprezza e valorizza la realtà delle Confraternite e riconosce in esse una grande opportunità per alimentare la fede del popolo di Dio che si esprime nella pietà popolare, 'frutto del Vangelo inculturatò, e pregna di una 'sottesa forza attivamente evangelizzatricè (così come ribadito ultimamente da Papa Francesco nella sua recente Visita Pastorale a Palermo e già prima da San Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christefideles laici). In questo particolare contesto storico la nostra Arcidiocesi - attraverso il Decreto dell’Arcivescovo - sente il dovere di intervenire per evitare di criminalizzare indiscriminatamente tutti i membri delle Confraternite e si affida ad alcuni strumenti di accertamento della legalità per esercitare il suo dovere di vigilanza e per tutelare dalle associazioni mafiose e criminali o dalle associazioni segrete, le realtà confraternali, cui è affidato il delicato compito di trasmettere non solo le autentiche tradizioni della nostra pietà popolare ma, ancor più, una testimonianza di vita coerente con il Vangelo di Cristo accolto e annunciato nella vivente Tradizione della Chiesa". 

Non bastano i certificati dei parroci: battesimo, cresima, matrimonio. Questi documenti attestano solo momenti di testimonianza e di partecipazione a volte solo folcloristica alla vita spirituale di una comunità. Per essere ammessi a una confraternita, considerata dalla Chiesa una forma importante di aggregazione ecclesiale, nella diocesi di Palermo saranno necessari altri certificati. Due soprattutto: il casellario giudiziario generale e il certificato dei «carichi pendenti». Il  decreto dell’arcivescovo Corrado Lorefice impone una verifica documentale che l’aspirante «confrate» non abbia conti aperti (ma anche chiusi) con la giustizia.

 E’ un altro filtro che la chiesa palermitana vuole introdurre nella selezione dei «confrati» per chiudere ogni canale di infiltrazione. A suggerire la misura sono certamente i tanti episodi raccontati dalla cronaca: dagli «inchini» dei santi davanti alle abitazioni dei mafiosi all’arresto di «confrati" collegati a gruppi criminali. Suscitò molto scalpore nel 2016 una fermata imprevista, in prossimità dell’abitazione della famiglia Riina a Corleone, della processione per la festa di san Giovanni Evangelista. Il capo della confraternita è stato poi condannato a sei mesi con la condizionale. Dopo quell'episodio il vescovo di Monreale, Michele Pennisi, pose il veto ai mafiosi e a tutti quelli che «provocano scandalo» di fare da padrini nelle cerimonie di battesimo. Ora l'arcivescovo di Palermo rincara la dose alzando un altro muro per coloro che «appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici». 

Il divieto riguarda anche «coloro che hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato». Inoltre «decade automaticamente dal ruolo di confrate chi si rende colpevole dei reati che sono ostativi all’ammissione» mentre «i confrati che siano interessati da provvedimenti cautelari restrittivi della libertà personale, decadono fino all’accertamento giudiziario della loro condizione». Confermato infine il divieto per gli iscritti a logge massoniche. 

L’arcivescovo Lorefice si dice consapevole che una 'fedina penale pulità non necessariamente sia indice di 'vita pulità. E per questo i parroci e gli assistenti spirituali sono incaricati di accompagnare sempre la richiesta di ammissione a una confraternita con una lettera che dia "sufficienti garanzie circa la retta intenzione del richiedente e la serietà della sua vita». I parroci dovranno, in sostanza, inoltrarsi lungo i percorsi tortuosi e opachi dei confrati dove neanche la giustizia è arrivata. I mafiosi sappiano che un giudice magari non ti vede ma non puoi sfuggire all’occhio terreno del Signore.

«Apprezziamo il decreto del vescovo Lorefice che esclude dalle confraternite i mafiosi, i massoni e i condannati. Che diventi un esempio per la politica, la società civile e l’economia per ripulire le proprie fila da ogni infiltrazione mafiosa». Lo dichiara in una nota Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre. 

 di Angelo Meli

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