L'Istat in apprensione: non siamo i più vecchi del mondo ma quasi
La ripresa economica
si rafforza, ma non si traduce in un netto miglioramento delle
condizioni di vita degli italiani. La popolazione italiana è sempre
più vecchia, diminuiscono le nascite anche tra gli stranieri. Un
paese con sempre più persone in povertà assoluta e dove l’ascensore
sociale è fermo. Il rapporto annuale 2018 dell’Istat racconta di
un’Italia che continua ad arrancare dopo la crisi, nonostante i
buoni risultati del mercato del lavoro e la risalita dei consumi
delle famiglie.
All’1 gennaio 2018 si stima che la popolazione
italiana è costituita da 60,5 milioni di residenti, 100mila in meno
rispetto allo scorso anno. Siamo sempre meno e sempre più vecchi:
168,7 anziani ogni 100 giovani, nonostante la presenza degli
stranieri “caratterizzati da una struttura per età, più giovane
di quella italiana e con una fecondità più elevata”. Solo il
Giappone è messo peggio di noi in questa classifica. E a pagare le
conseguenze dell’invecchiamento della popolazione saranno le
generazioni future, che dovranno fare i conti in termini di
previdenza, spesa sanitaria e assistenza. Conti molto salati
soprattutto se si considerano le previsioni secondo cui ci saranno
265 anziani ogni 100 giovani.
Se da un lato aumenta la prospettiva di vita – 80,4% anni per gli uomini, 84,9% anni per le donne - le nascite, come ormai negli ultimi nove anni, continuano a diminuire: 464mila nel 2017, il 2% in meno rispetto all’anno precedente, segnando ancora una volta un record negativo. Fortunatamente il saldo migratorio è ancora positivo: 184 mila stranieri in più nel 2017, ma è da registrare una diminuzione anche delle nascite dei figli delle cittadine straniere. E si diventa genitori sempre più tardi: l’età media della nascita del primo figlio è 31 anni, nel 1980 era 26.
Segnali positivi giungono dall’occupazione: nel 2017 sono aumentati gli occupati della fascia di età 15-34 anni, + 0,9%, però il Sud continua ad arrancare e le donne ancora di più: il tasso di occupazione femminile resta al di sotto della media europea, solo la Grecia fa peggio di noi. Da registrare, comunque, oltre due milioni di famiglie jobless, ovvero senza una persona che riceve reddito dal lavoro: in molti casi vanno avanti grazie alla pensione di un membro della famiglia, ma i nuclei familiari in cui non è presente alcun pensionato sono 15,7 milioni, 92mila in più rispetto al 2016.
L’Istat ci restituisce l’immagine di un paese sempre più fragile, con 5 milioni gli italiani in povertà assoluta - l’8,3% dei residenti, lo 0,4% in più rispetto al 2016 - mentre rimane ancora bloccato l’ascensore sociale: chi vive in situazioni di disagio fa più fatica ad avere successo nello studio e a trovare lavoro. Solo, infatti, il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e solo il 14,8% ha un lavoro qualificato.
“Le reti sociali e familiari – sottolinea il presidente dell’Istat Alleva – rimangono cruciali per evitare l’isolamento, per trovare risposte ai propri bisogni”. E infatti il 43,2% di chi può contare sull’aiuto di parenti e amici valuta positivamente la propria vita, il 42,9% di chi ha una cerchia di amici si dichiara molto soddisfatto come anche chi è impegnato in associazioni di volontariato.
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