L'invasione dei ragazzi nel nome di Falcone e Borsellino
Sono arrivati nel capoluogo siciliano 70.000 studenti protagonisti di #PalermoChiamaItalia, l'iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone e dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per la commemorazione delle stragi di Capaci e via D'Amelio in cui hanno perso la vita, venticinque anni fa, i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli uomini e le donne delle loro scorte: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Rocco Dicillo, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Claudio Traina. "Nel venticinquesimo anniversario delle stragi di Capaci e via d'Amelio - dice Maria Falcone, Presidente della Fondazione Falcone e sorella del magistrato - è importante per il Paese fare un bilancio di ciò che l'attivismo di tante donne, uomini, ragazze e ragazzi ha rappresentato in questi anni. Nessun eroe, come auspicava Giovanni Falcone, ma semplici cittadini che hanno dimostrato con impegno civico, quotidiano, il proprio 'No' alle mafie".
Per la prima volta, sono stati presentati a Palermo i progetti sulla legalità degli studenti delle università italiane. Grazie al Protocollo d'Intesa siglato un anno fa tra il Miur, il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), la Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI) e la Fondazione Falcone, gli atenei e le realtà studentesche universitarie sono stati coinvolti nel progetto "Università per la legalità". L'obiettivo è quello di promuovere, sulla base dei valori della Costituzione, la cultura della memoria e dell'impegno attraverso un percorso di sensibilizzazione e formazione del mondo accademico. In occasione del venticinquesimo anniversario delle stragi, è tornata anche il viaggio della Nave della Legalità e nel tragitto da Civitavecchia a Palermo oltre 1.000 ragazze e ragazzi incontrano le istituzioni e si confrontano sull'educazione alla cittadinanza e sull'eredità di Falcone e Borsellino. Sulla nave erano presenti il Presidente del Senato, Pietro Grasso, la Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, il Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, il Professor Nando Dalla Chiesa. Durante il viaggio di ritorno proiettato il film 'Sicilian Ghost Story' di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, presentato in anteprima alla Settimana della Criticadi Cannes. “Sono passati venticinque anni - sottolinea Valeria Fedeli la Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca- un quarto di secolo, da quelle stragi e questo rende l'appuntamento più importante, perché c'è l'opportunità di fare un bilancio, di chiederci quale cammino di consapevolezza è stato fatto da allora. Un cammino che, come lo stesso Falcone ci insegnò, è di tutte e tutti, perché deve essere di tutte e tutti il rifiuto, nella semplicità del quotidiano, delle mafie”.
A Palermo ad aprire la giornata di commemorazioni è stato l'arrivo della Nave della Legalità accolta da centinaia di ragazze e ragazzi delle scuole siciliane, dalla Presidente della Fondazione Falcone, Maria Falcone, dalla Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, e dal presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco, con i ragazzi (tutti dietro lo striscione). Un caloroso benvenuto “sull'isola dell'antimafia” è stato dato ai giovani che sbarcavano da Vito Lo Monaco, “Chi dice che “la mafia è un fenomeno legato alla cultura e al carattere dei siciliani e dei meridionali” afferma una falsità bella e buona - ha detto dal palco di accoglienza - per nascondere che la mafia era ed è uno strumento illecito di potere e di arricchimento usato anche da una parte della classe dirigente, come hanno dimostrato dall'Ottocento ad oggi i movimenti antimafia e le indagini degli studiosi – ha continuato - A voi ragazzi il testimone civile dell'impegno concreto antimafia che sartà proficuo solo se sarà legato a un progetto di cambaimento del potere politico-economico e sociale del Paese”. “Come diceva Pio la Torre - ha concluso Lo Monaco - lottate contro la corruzione, l'ingiustizia sociale, per la pace e contro la mafia”
Una generazione intera di ragazzi, nati dopo le bombe di Capaci e via D’Amelio, insieme per celebrare una storia che non hanno mai vissuto. Di Falcone e Borsellino hanno studiato a scuola, hanno letto sui libri. Eppure, quest’anno, come ogni anno, sono tutti insieme, colorati, allegri, consapevoli, capaci di rendere un giorno del dolore la festa della gioia. L’aula bunker del carcere Ucciardone che segnò il luogo del riscatto dello Stato dopo anni di buio, lì dove venne tenuto il primo maxistorico processo a Cosa nostra è loro: 1000 sono arrivati a Palermo con la nave della Legalità; gli altri, centinaia, vengono dalle scuole della città. Nel giorno dell’anniversario dell’attentato cantano, colorano, guardano curiosi, ascoltano la storia di Falcone, delle sue idee rivoluzionarie sulla lotta alla mafia, l’eredità lasciata ai colleghi, la sua capacità di vedere lontano.
A parlare al popolo dei ragazzi di quel '92, l’anno che cambiò la storia del Paese, sono il Capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente del Senato che, per 21 mesi, nell’aula bunker, celebrò il maxiprocesso come giudice a latere, Maria Falcone, che con la Fondazione intitolata al fratello e alla moglie morta insieme a lui, Francesca Morvillo, da anni porta il ricordo del magistrato nelle scuole. E il ministro dell’Interno Marco Minniti, Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, il capo della Dna Franco Roberti, il direttore generale della Rai Campo Dall’Orto, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e i tanti magistrati che con Falcone lavorarono fianco a fianco. Manca Alfonso Giordano, presidente della corte d’assise che inflisse 19 ergastoli e migliaia di anni di galera ai padrini mafiosi al maxiprocesso: «non sono stato invitato, me ne dispiaccio», fa sapere.
«Il ricordo di quei giorni lontani di Palermo, così drammatici, così cupi e così segnati da tanta violenza e tanto dolore, permane pienamente vivido, in Italia e nel mondo», dice Mattarella. «Sembrava che, insieme al dolore, prevalesse lo scoramento. Che la mafia, piegata e sconfitta nel maxiprocesso, si fosse rialzata, prendendosi la rivincita e, con essa, il suo perverso potere. Ma la paura e la sfiducia non hanno avuto la prevalenza», prosegue il Capo dello Stato che ieri ha ricordato Falcone al Csm in una cerimonia - dice Legnini - «che riconcilia il Consiglio con la sua memoria».
Una svolta. Questo fu il '92, l’anno delle bombe mafiose. Da allora tutto è cambiato. «I siciliani hanno rialzato la testa e penso che il prezzo tremendo che abbiamo pagato abbia avuto un senso», dice Tina Montinaro, vedova dell’agente che scortava Falcone, morto col magistrato. E’ in piedi, davanti allo scheletro di lamiera che resta dell’auto saltata in aria sull'autostrada imbottita di tritolo, oggi riportata a Capaci dopo un viaggio della memoria lungo tutta l’Italia. Accanto a lei c'è Rosaria Costa che nel '92 era la giovanissima sposa di Vito Schifani, altro agente morto. L’Italia la vide in lacrime ai funerali che intimava ai mafiosi: «inginocchiatevi». Ora è una donna e parla del figlio «che ha voluto seguire le orme di un padre che ha cercato nelle fotografie». Ora è nella Guardia di Finanza.
Per le centinaia di giovani arrivati a Palermo - alcuni sono stati premiati dal ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli per i loro lavori sulla legalità - Falcone e Borsellino sono un esempio. «Scendete in strada», hanno urlato ai palermitani affacciati a guardarli sfilare in corteo verso l’albero Falcone in via Notarbartolo, simbolo ormai del dovere della memoria. Poi alle 17.58, l’ora della strage, il Silenzio suonato da un agente della polizia. Piero Grasso legge i nomi delle vittime dell’attentato. E il cantante dei Negramaro Giuliano Sangiorgi, canta «Lo sai da qui». «Ti mostrerò com'è speciale il mondo anche se fa male non è quel posto da lasciare è ancora presto per partire», intona ricordando chi è morto.
Anche la Quarto Savona Quindici, l'auto di scorta del giudice Giovanni Falcone, è tornata alla caserma Lungaro di Palermo dopo esserne uscita il 23 maggio del 1992. A riportare la macchina conservata in una teca e scortata dalla Polizia di Stato, è stata Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta del magistrato. L'auto è giunta nel capoluogo siciliano al termine di un percorso che si è snodato lungo l'Italia: da Peschiera del Garda, dove era custodita all'interno della scuola della Polizia di Stato, sino a Locri. L'auto resterà alla caserma Lungaro sino al 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, quando verrà trasferita nel giardino della memoria.
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