L’incerto rapporto tra spesa pubblica in deficit e sviluppo dell’occupazione

Economia | 18 ottobre 2018
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In questo periodo, a proposito del Def elaborato dal Governo e fortemente contestato dalle opposizioni, oltre che dall’Europa e da molte istituzioni tra cui La Corte dei Conti, si è molto discusso sulla capacità della spesa pubblica anche in deficit di produrre occupazione e sviluppo.

Da una parte il Governo, e soprattutto Salvini e Di Maio, che difendono la manovra sostenendo che essa per le sue caratteristiche è conforme agli impegni assunti con gli elettori e produrrà sviluppo, dall’altra tutti gli altri che negano questa eventualità sostenendo che la manovra, per i provvedimenti che si propone di attuare (reddito di cittadinanza, modifica della legge Fornero ecc.), appare finalizzata più ai consumi che agli investimenti ed all’occupazione.

Nel dibattito che ne è seguito per giustificare il finanziamento in deficit è stato più volte citato il “moltiplicatore”, il meccanismo che, secondo le teorie di Keynes, consente di riassorbire il deficit attraverso lo sviluppo dell’indotto. Data l’attualità e la centralità del tema, entrambe utili per stabilire chi ha ragione o torto, si vuole qui fare un cenno a tale meccanismo avvertendo che le conclusioni non possono essere definitive ed assolute ma probabilistiche dato che le variabili del problema sono tante e mutevoli nel tempo.

Intanto per capire meglio i termini del problema facciamo l’esempio di una famiglia le cui entrate annue siano ad esempio 20.000 euro e che abbia debiti per 25.000 euro. Supponiamo che il capo-famiglia decida di chiedere un ulteriore prestito di 5.000 euro per comprare un’auto usata.

Si chiede: la famiglia ha creato premesse dello sviluppo della sua economia? Risposta: no, anzi la situazione economico-finanziaria si è complicata di più, e questo, si noti sempre nell’aspetto economico, anche se l’acquisto dell’auto fosse stato dettato da precise esigenze.

Sono sorte opportunità di lavoro per la società? Quasi niente.

Ora supponiamo che un’altra famiglia in identica situazione della precedente ricorra al prestito di 5.000 euro per ristrutturare un pianterreno da destinare a negozio. Quali sono gli effetti?

Risposta molto diversi dai precedenti sia dal punto di vista dell’economia familiare, perché lo scopo di aprire il negozio cambia le prospettive di reddito della famiglia e quindi la capacità di restituire il debito, sia dal punto di vista macro-economico, perché la ristrutturazione crea occupazione (muratori, elettricisti, idraulico, materiali vari ecc.).

Applicando ciò che si è detto per le due famiglie allo Stato, la percentuale di deficit destinata agli investimenti, che a quanto pare nel Def è limitata, promette i benefici della famiglia che ha ristrutturato il pianterreno, quindi un “moltiplicatore” elevato, il resto promette i benefici della famiglia che ha comprato l’auto usata, quindi un “moltiplicatore” basso, quasi nullo. Ciò significa che la probabilità che la manovra di cui al Def produca sviluppo ed una riduzione del debito è scarsa. E ciò per il nostro paese che come è noto ha una disoccupazione elevata ed è molto indebitato non è una bella notizia.

 di Diego Lana

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