L'allarme di Scarpinato: arretra la cultura della legalità

Società | 28 gennaio 2017
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«Fuori dal palazzo di giustizia si manifesta una distonia tra il lavoro svolto dalla giustizia e i risultati raggiunti. Al di là dei numeri, c'è una progressiva crescita del reato ordinario e un arretramento complessivo della cultura della legalità». Lo ha detto il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo. «Su Cosa nostra - ha proseguito - riusciamo a contenere il fenomeno, ma se non avanza, neppure indietreggia in modo significativo. La mafia approfitta dei nuovi spazi lasciati dal degrado, soprattutto nel Palermitano».

«Crescono estorsioni, usura, rapine, furti, reati contro l’ambiente, per non parlare dei reati concernenti la pubblica amministrazione. La crescita diffusa e eterogenea dell’illegalità, sembra essere l’effetto a valle dei dati macro economici a monte». Lo ha detto il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, all’inaugurazione dell’anno giudiziario di Palermo. «La crisi - ha spiegato - incide parecchio in Sicilia, regione più povera del Paese. C'è un regresso rispetto al passato sia sotto il profilo economico che sotto quello dell’uguaglianza. La disoccupazione giovanile è al 60% e chi lavora spesso lo fa in condizioni di sfruttamento».

«È quindi normale - ha concluso - che, nonostante l’ottimo lavoro svolto dagli uffici giudiziari, l’opinione pubblica perda fiducia nelle istituzioni. In questo quadro si spiegano le rare denunce delle estorsioni e delle testimonianze per rapine e furti. Le vittime, inoltre, non denunciano gli usurai perché si spaventano di perdere la loro unica fonte di sussistenza. Stessa cosa succede per i reati sul lavoro. Le politiche economiche nazionali hanno aumentato la forbice della diseguaglianza, allontanando sempre più le regioni meridionali dal resto del Paese».

«A differenza che con la mafia, è ancora in fasce una matura coscienza anti corruzione. Manca nella nostra società quel sentimento di ripulsa verso la corruzione che ha invece accompagnato le migliori stagioni dell’ Antimafia». Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «C'è un’evidente sottovalutazione - ha aggiunto - della gravità del fenomeno che colpisce tutti i settori, basato su un quasi giustificazionismo che, nella nostra terra, rischia di innescare un binomio mafia corruzione da cui la mafia finirà col trarre vantaggi».

«Quello della corruzione è un fenomeno gravissimo anche in Sicilia, anzi qui è ancora più complicato perché si intreccia con la presenza della mafia: e quindi le già difficilissime indagini contro la corruzione diventano ancora più complesse. La mafia, oltre ad avvalersi per le sue attività della tipica forza intimidatrice si avvale anche della corruzione per raggiungere i suoi scopi». Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.

«Il coinvolgimento del soggetto esterno - aggiunge - riduce il rischio di essere denunciati e perseguiti, non è più necessario ricorrere ad atti violenti che attirano l’attenzione degli inquirenti, si finisce con l’associare alle proprie attività illecite soggetti esterni che agiscono non solo perché intimiditi ma anche perché titolari di un tornaconto personale».

Lo Voi ha parlato della difficoltà delle indagini, dovuta anche dalle carenze legislative, e ha aggiunto: «Si riesce in definitiva a scalfire solo la superficie della corruzione, a scrostare un pò di intonaco dall’alto muro della corruzione che rimane solido»



A Caltanissetta le cosche preferiscono agire in immersione

«Anche se indebolite dalle inchieste giudiziarie le famiglie mafiose continuano a operare nel territorio nisseno e il tasso di infiltrazione della criminalità mafiosa è ancora alto anche grazie alla strategia di sommersione». Lo ha detto la facente funzioni di presidente della Corte d’appello nissena Maria Giovanna Romeo durante l'inaugurazione dell’anno giudiziario. Analizzando l’aspetto della criminalità mafiosa, Romeo ha aggiunto: «Il limitato numero di omicidi riconducibili a dinamiche mafiose induce, infatti, a ritenere che sia sempre rispettata la strategia, ormai da molti anni seguita da Cosa nostra che esclude, salvo in alcuni casi, il ricorso ai delitti di sangue o ad altre eclatanti manifestazioni di violenza, privilegiando invece il rafforzamento dell’infiltrazione sistematica e silenziosa nel tessuto economico- imprenditoriale per dominare alcuni settori o comunque per trarre da essi profitti illeciti da reimpiegare, attraverso prestanome, in canali legali».

Sistema della prescrizione insoddisfacente e richieste di appello spesso finalizzate solo a fare estinguere il processo. Sono questi, per la facente funzioni di presidente della Corte d’appello Maria Giovanna Romeo, i punti chiave di una eventuale riforma del processo penale, analizzati nel corso del suo intervento durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Il primo punto cruciale - ha detto Romeo - è ancora costituito dall’ attuale disciplina della prescrizione, gravemente insoddisfacente. L’impegno di energie umane e materiali che sono profuse in un processo non può concludersi con un nulla di fatto dopo l’esercizio dell’azione penale, né tantomeno dopo una pronuncia di condanna in primo grado. Dopo, cioè, che il diritto di difesa dell’imputato ha avuto modo di esplicarsi pienamente». La presidente ha poi aggiunto: «È giudizio condiviso da tutti gli operatori che l’appello costituisce l’anello debole del sistema processuale. Le Corti devono affrontare un numero stragrande di processi per i quali è necessario prevedere strumenti di definizione particolarmente rapidi e senza appesantimenti procedurali, specialmente in tutti quei casi in cui l’appello appaia manifestamente infondato e palesemente mirato a ottenere la prescrizione».

Corruzione sempre presente anche nel nisseno a causa delle violazioni delle regole morali da parte di chi ricopre incarichi pubblici. Un dato che viene fuori dall’analisi della facente funzioni di presidente della Corte d’appello nissena Maria Giovanna Romeo durante l'inaugurazione dell’anno giudiziario. «La permanenza dei fenomeni di corruzione - ha affermato l’alto magistrato - è favorita dall’abbattimento di regole morali in coloro che esercitano pubbliche funzioni e nei corruttori l’assenza del senso del limite, l’abuso dei pubblici poteri e l’incapacità della classe politica di selezionare una schiera di amministratori che si prefiggano unicamente il bene collettivo e non siano spinti esclusivamente dalla ricerca del tornaconto personale». «Inoltre - ha proseguito Romeo - un’efficace azione di controllo, essendosi di molto indebolita la vigilanza sulle regole che l’ordinamento si era dato. I reati di corruzione, anche quelli apparentemente di scarso valore, rendono più fertile il terreno su cui cresce e si sviluppa la delinquenza mafiosa, attraverso il perseguimento di interessi economici, connivenze e reciproche protezioni».



A Catania forte riduzione dei tempi nelle cause civili

«Lo stato della giustizia civile nel distretto segnala persistenti difficoltà, ma evidenzia, al tempo stesso, un recupero di efficienza della giurisdizione, ed in particolare una riduzione dei tempi dei processi». Così il presidente della Corte d’Appello di Catania, Giuseppe Meliadò, all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Distretto.

«Quest’anno vanno registrati gli ottimi risultati della Corte di appello che, con una sopravvenienza maggiore ma grazie alla produttività dei suoi consiglieri - aggiunge Meliadò - è riuscita a ridurre la pendenza dei procedimenti contenziosi e camerali di un ulteriore 7,68% (e addirittura del 14,63 % per quelli di lavoro e di previdenza) e soprattutto è riuscita a ridurre le pendenze ultrabiennali (quelle che eccedono il termine di durata ragionevole, secondo gli standard europei) del 44%, a fronte di una iniziale previsione del 22%. Più in particolare, la I sezione civile ha ridotto, nel 2016, del 29% le cause ultrabiennali, la II sezione civile ha ridotto, nel 2016, del 37% le pendenze ultrabiennali e si propone quale obiettivo per il 2017 la definizione di tutte le cause iscritte nel 2013 e 1/3 di quelle iscritte nel 2014». Inoltre, rileva il presidente della Corte d’appello di Catania - la sezione lavoro ha ridotto, nel 2016, del 57% le pendenze ultrabiennali e si propone quale obiettivo per il 2017 la definizione di tutte le cause iscritte sino al 2014 (che equivale alla riduzione dell’87% di tutte le pendenze ultrabiennali); la sezione persona e minorenni ha ridotto del 55% le pendenze ultrabiennali e - annuncia Meliadò - si propone quale obiettivo per il 2017 l'azzeramento di tutte le pendenze che eccedono l’anno».

«Una nuova frontiera della giustizia civile è rappresentata dall’immigrazione. Vi è il pericolo di considerarlo come un contenzioso di massa, se non di serie B, ma, l’immigrazione non è solo una emergenza processuale e organizzativa, ma pone anche un problema di tutela dei diritti». Così il presidente della Corte d’Appello di Catania, Giuseppe Meliadò all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

«Il problema è eminentemente sociale e politico, ma diviene giuridico, e non può essere diversamente - sottolinea il presidente Meliadò - allorché si tratti della tutela delle persone. I magistrati catanesi hanno cercato di dare a questi temi una risposta non solo in termini di quantità, seppur nei limiti in cui una risposta di qualità sia compatibile con la legge dei grandi numeri: 5.855 procedimenti iscritti, 750 decisi in sei mesi. In Tribunale - aggiunge - si è attivato il progetto Migrantes, primo in Italia; si sono sperimentate in appello prassi virtuose volte a monitorare e ad aggiornare in tempo reale le criticità presenti nei paesi di provenienza dei migranti; specifici gruppi di lavoro per i minorenni non accompagnati sono stati costituiti, col consueto attivismo, dal Presidente del Tribunale per i minorenni».

«Mi chiedo tuttavia se, per rendere effettivi i diritti dei migranti - osserva il presidente della Corte d’appello di Catania - siano necessari tre gradi di giudizio, laddove la vera effettività dei diritti risiede innanzi tutto nei tempi necessari per attuarli. E’ un nodo che prima o dopo bisognerà sciogliere».


A Messina in calo i reati contro la pubblica amministrazione

«I delitti contro la pubblica amministrazione registrano nell’ultimo anno una diminuzione del 14% nel distretto di Messina; per i reati di corruzione la diminuzione è del 23%, per il peculato del 4%, per quelli di concussione del 18%». Lo dice il presidente della Corte d’appello di Messina, Michele Galluccio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Messina. «I delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso - prosegue - aumentano del 22% e stessa tendenza per gli omicidi volontari consumati e tentati che aumentano nell’ultimo anno rispettivamente del 32% e del 43%. Gli omicidi colposi e le lesioni colpose, derivati da violazione delle norme sulla circolazione sono diminuiti i primi (del 27%), ed aumentate le seconde ( del 29%)£.

In lieve aumento è la sopravvenienza dei reati contro la libertà individuale e di stalking, pedofilia e pornografia. Si sono registrati nove delitti di riduzione in schiavitù e tratta delle persone con un aumento del 104%».

«Gli esiti della revisione delle piante organiche degli uffici di primo grado del distretto, con la sottrazione di cinque unità, provvedimento che si preannuncia esteso in futuro agli uffici di secondo grado, mettono in forse la sopravvivenza della stessa Corte, rendono evidenti le difficoltà che il Distretto attraversa nella presente fase». Lo dice il presidente della Corte di appello di Messina Michele Galluccio durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

«La riduzione degli organici - prosegue - ci penalizza ingiustamente; per il mantenimento della Corte. Continueremo, senza sosta, a sostenere le nostre ragioni nelle sedi istituzionali».

«Occorrerà, - prosegue - piuttosto che contare su improbabili riconoscimenti e aiuti esogeni, trovare, soprattutto in noi stessi, come magistrati - ma più in generale come comunità - lo stimolo per reagire, fidando sulle nostre forze, con l’orgoglio - che ci viene dalla nobiltà della funzione che svolgiamo - che i magistrati di questo distretto non sono secondi a nessuno per doti culturali, professionali e umane».

«In un contesto in cui il dato della produttività media dei magistrati del distretto, che si colloca nella fascia più alta tra i tribunali italiani, si coniuga con quello relativo al numero di procedimenti pendenti, in media, a carico di ciascun magistrato, che è tra i più alti d’Italia, il pesante arretrato rappresenta il vero problema della giustizia nel distretto», aggiunge Galluccio.

«La crisi - prosegue - è aggravata dai vuoti di organico del personale di cancelleria, al cui fabbisogno si sopperisce con acquisizione di personale proveniente da altre amministrazioni che, pur rappresentando, all’evidenza, un notevole apporto, si presenta comunque come ripiego, essendo di intuitiva evidenza, le ricadute in termini di efficienza che derivano dalla necessità di una iniziale formazione, e dalla circostanza che, quando il loro apporto, in termini di acquisita esperienza, potrebbe essere più determinante, essi inevitabilmente ritornano alle amministrazioni di appartenenza».






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