Italicum, Mattarellum o Consultellum, l'Italia al voto
Ora che succederà? A qualche ora dalla sentenza della Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale una parte dell'Italicum- la legge elettorale per la Camera dei Deputati che l'allora premier Matteo Renzi impose a colpi di fiducia- il mondo politico si interroga sulle conseguenze della decisione di palazzo della Consulta. Le prime dichiarazioni ripropongono la divisione tra quanti pressano per andare al voto in tempi rapidi e coloro che vogliono prendere tempo per avvicinarsi quanto più possibile alla conclusione naturale della legislatura. Conviene richiamare il testo del comunicato di palazzo della Consulta per comprendere esattamente come il massimo organo giurisdizionale della Repubblica sia intervenuto sulla legge 52 del 2015.
La Corte ha rigettato la questione, sollevata dal tribunale di Genova, relativa al premio di maggioranza al primo turno mentre ha accolto le questioni, sollevate dai tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova relative al turno di ballottaggio “dichiarando l'illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono”. Essa ha inoltre accolto “la questione, sollevata dagli stessi tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio di elezione”. In sostanza si dichiara la legittimità della presentazione dei capilista in diverse circoscrizioni ma, verosimilmente allo scopo di tutelare la parità di voto e l'efficacia della scelta degli elettori (sarà interessante leggere a tal proposito le motivazioni della sentenza) si giudica incostituzionale la facoltà ad essi concessa dalla legge elettorale di optare per il collegio preferito. Qui si colloca un passaggio di grande interesse perché la Consulta interviene a colmare il vuoto legislativo che avrebbe potuto crearsi dichiarando che “sopravvive, comunque, allo stato il criterio residuale del sorteggio”. Con raffinata sapienza giuridica, i giudici costituzionali hanno certificato l'esistenza in vita dell'ultimo comma di una norma vecchia di sessantanni la quale prevede (art. 85 del DPR 361 del 30 marzo 1957 “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati”) che “mancando l'opzione” (del deputato eletto in più circoscrizioni n.d.r.) “si procede al sorteggio”.
Cosa resta quindi dell'Italicum ( per Beppe Grillo ormai trasformato in Legalicum) alla luce della sentenza pronunciata dalla Corte Costituzionale a conclusione di due giorni di discussioni serrate? Restano i 100 collegi plurinominali in cui verranno eletti 630 deputati (in ragione di 6 0 7 in ciascuno di essi), la reintroduzione delle preferenze (2 con l'obbligo della pluralità di genere), il premio di maggioranza per la lista che, avendo conseguito il 40% dei voti, si vedrà assegnare 340 seggi mentre gli altri 290 saranno ripartiti proporzionalmente tra le minoranze, restano i capolista bloccati e candidabili in non più di dieci collegi, l'obbligo dell'alternanza uomo- donna nelle liste e il divieto che più del 60% di capilista siano del medesimo sesso. A mio avviso la parte politicamente decisiva del comunicato stampa è la chiusa: “All'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. I giudici costituzionali hanno emesso, insomma una sentenza auto-applicativa che non obbliga le Camere (dal momento che il voto referendario del 4 dicembre scorso ha confermato il bicameralismo perfetto) a legiferare ulteriormente. Permane invece il problema di omogeneizzare alla legge elettorale che risulta dalla sentenza del 25 gennaio le normative per l'elezione del Senato. Su Palazzo Madama i giudici della Consulta erano già intervenuti producendo il cosiddetto Consultellum, che però non prevede il premio di maggioranza. Permane perciò la necessità di un intervento legislativo di adeguamento della legge elettorale per il Senato. L'abolizione del ballottaggio modifica profondamente l'approccio delle principali forze politiche ad un'ipotetica campagna elettorale: l'Italicum era stato concepito nella prospettiva del partito maggioritario e tendeva ad escludere le coalizioni. Nell'attuale struttura tripolare del sistema politico italiano è improbabile che una delle forze politiche (nonostante i proclami del capo del M5S) possa raggiungere la soglia del 40%. Si porrà perciò il problema della costruzione di alleanze; non considero un caso che appena qualche giorno fa Romano Prodi abbia riproposto con forza l'esperienza dell'Ulivo.
Cosa succederà in un PD profondamente diviso (a mio avviso non solo tra maggioranza e minoranza, ma anche all'interno dello schieramento renziano) di fronte ad una legge elettorale che reintroduce le preferenze (permettendo alle varie anime di contarsi), ma obbligherà a presentarsi agli elettori con un sistema largo di alleanze di centrosinistra? La prima dichiarazione di Renzi dopo la sentenza rilancia un accordo sul Mattarellum. Che significa? E a sinistra del PD cosa succederà? Molto complicata appare la situazione del centrodestra dove si è definitivamente esaurita la capacità federativa su cui Silvio Berlusconi costruì le sue fortune politiche. Che faranno la Lega di Matteo Salvini e i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, ormai dichiaratisi componente lepenista del centrodestra, di fronte alla necessità di ridefinire un fronte di alleanze capace di massimizzare gli spazi aperti dalla reintroduzione del proporzionale? Per non parlare dei Cinque Stelle che in queste ore gridano “al voto, al voto”, ma dovranno fare i conti con una legge elettorale che toglie loro la roulette russa del ballottaggio su cui contavano per vincere senza essere costretti ad allearsi con alcuno. Le domande si affastellano, ma le risposte si dipaneranno una dopo l'altra nei prossimi giorni.
Non do per scontata, a questo momento, la conclusione anticipata della Legislatura: molto dipenderà dalle intenzioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che è il vero detentore delle decisioni ultime sulle sorti di questo Parlamento che nel febbraio 2013 sembrava dovesse durare pochi mesi ed ha già compiuto quattro anni. Le variabili in gioco sono tante: la grave situazione del centro Italia tra terremoto e disastri meteorologici, gli impegni internazionali dei prossimi mesi, lo svolgimento dei referendum sui voucher e sugli appalti indetti dalla Cgil e che sarebbe ingiusto rinviare, il pesante contenzioso aperto con la Commissione Europea, e compagnia cantando. Davvero aggrovigliata la matassa della quale il presidente tiene il bandolo: per fortuna le sue sono mani sicure e ricche di esperienza.
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