In Italia un bambino su due non ha accesso alla mensa scolastica

Società | 30 settembre 2018
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La metà degli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado, esattamente il 49%, non ha accesso alla mensa scolastica. Lerogazione del servizio, inoltre, è fortemente disomogenea sul territorio italiano e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono ad aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate. È questo il quadro delineato dal nuovo rapporto (Non) Tutti a Mensa 2018 di Save the Children, lOrganizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro. 

La ricerca, condotta nellambito della Campagna Illuminiamo il Futuroper il contrasto della povertà educativa, evidenzia come, ad un anno dallultimo monitoraggio, sono ancora molte le scuole che non assicurano ai bambini e alle loro famiglie di usufruire della mensa scolastica. Quest’ultima, infatti, non solo rappresenta un sostegno allinclusione e alleducazione alimentare, ma è anche uno strumento essenziale per il contrasto della dispersione scolastica e della povertà. In Italia, dove si registrano oltre 1 milione e 200mila bambini e ragazzi, secondo Save the Children, il 12,1% del totale (più di 1 su 10), in povertà assoluta e 2 milioni e 156mila in povertà relativa, la refezione scolastica dovrebbe garantire a tutti i minori almeno un pasto proteico al giorno, aiutando le tante famiglie in difficoltà, in particolare quel 3,9% dei bambini che ancora oggi non consuma un pasto proteico al giorno. Rispetto allo scorso anno, invece, il quadro che emerge desta preoccupazione e sottolinea alcuni peggioramenti: in 9 regioni italiane (una in più rispetto al 2017), oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa. Si registra, inoltre, un tendenziale peggioramento in quasi tutte le regioni di 1-2 punti percentuali. La forbice tra Nord e Sud accresce sempre più. Sono, infatti, sette le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05%), Molise (80,29%), Puglia (74,11%), Campania (66,64%), Calabria (63,78%), Abruzzo (60,81%) e Sardegna (51,96%). Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, cinque registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 94,27%, Sicilia 91,84%, Campania 84,90%, Abruzzo 83,92%, Puglia 82,92%), superando ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno. In cinque di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica dItalia (Sardegna 21,2%, Sicilia 20,9%, Campania 19,1%, Puglia 18,6% e Calabria 16,3%).

Secondo Save the Children, garantire una maggiore fruizione del servizio mensa e del tempo pieno nelle scuole è il primo passo per sconfiggere la dispersione scolastica e, pertanto, la giusta premessa per sviluppare progetti di inclusione scolastica e di socializzazione. Il fenomeno della dispersione è per la prima volta negli ultimi 10 anni in crescita nella media nazionale, che vede un lieve incremento dello 0,2%, passando dal 13,8% al 14%, dopo una diminuzione progressiva che aveva visto una forte diminuzione dal 2008, anno in cui si registrava il 19,6% di dispersi e un dimezzamento negli ultimi 20 anni- passando dal 38% del 1992 al 15% del 2015. LItalia rischia, pertanto, di non raggiungere lobiettivo stabilito dallUnione Europea di abbassare la percentuale di early school leavers sotto la soglia del 10% entro il 2020, così come difficilmente raggiungerà lulteriore traguardo del 5% fissato dagli obiettivi 2030 per sconfiggere la povertà educativa, proposti da Save the Children Italia.

In Italia -afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa- la povertà assoluta è in continuo aumento. Tra le famiglie in povertà in 1 su 10 è presente almeno un figlio minore, mentre oltre 1 su 5 sono quelle con tre o più figli minori. Una mensa accessibile a tutti con un servizio di qualità e uno spazio adeguato, svolge un compito cruciale nella lotta alla povertà, oltre a garantire la possibilità di attivazione del tempo pieno, combattendo efficacemente la dispersione scolastica. Per questo, riconoscere il servizio di refezione scolastica come un servizio pubblico essenziale deve essere una priorità”.

Nel Rapporto lOrganizzazione, per il quarto anno consecutivo, ha analizzato le prassi per le scuole primarie relative alla mensa scolastica in Italia, prendendo in esame 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti valutando laccesso, le tariffe, agevolazioni ed esenzioni, il trattamento delle famiglie morose e leventuale esclusione dei bambini dal servizio. Anche tra le scuole presenti magari nella stessa provincia, si registrano differenze sostanziali. Ad oggi la mensa è ancora considerata un servizio a domanda individuale, legato alle esigenze di bilancio dei singoli comuni e non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale. In Italia, dunque, il servizio di refezione scolastica non si presenta omogeneo ed uniforme: a fronte di 13 comuni, che offrono il servizio a più del 95% degli alunni (tra questi Milano, Prato, Bologna, Cagliari, Forlì, Monza e Bolzano alla totalità o quasi degli alunni), altri 15 garantiscono laccesso alla mensa a meno del 40% degli alunni frequentanti le scuole primarie. Ma purtroppo allinterno del panorama esistono anche quei comuni che offrono il servizio mensa a meno del 10% degli alunni, come Siracusa (0,88 %), Palermo (2,60%), Catania (6%) Foggia (8%) e Taranto (11%). Sono 33 i comuni che prevedono lesenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, di questi 9 solo su segnalazione e valutazione dei servizi sociali; 5 la prevedono per composizione familiare (in base al numero dei figli). Solo 19 Comuni sui 45 esaminati riconoscono unesenzione alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia ISEE.

Nel monitoraggio si è tenuto conto dei tre fattori principali adottati dai singoli comuni in modo esclusivo o cumulabile: reddito, composizione familiare e motivi sociali. Tutti i comuni presi in esame applicano agevolazioni su base economica ponendo ognuno una soglia ISEE differente; 37 di loro modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 28 comuni sulla base di disagi sociali, perdita del lavoro o segnalazione dei servizi. Tra questi i comuni di Bergamo, Bologna, Padova e Palermo riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità. “Le diseguaglianze nelle politiche tariffarie - afferma Antonella Inverno, Responsabile Unità Policy&Law Save the Children- spesso portano a situazioni limite e le esenzioni sono ancora troppo legate alle scelte di bilancio dei singoli comuni. Dispiace che a pagare il prezzo più alto di queste disuguaglianze siano proprio bambini e bambine che vivono nelle famiglie più svantaggiate, che invece di sentirsi costrette ad affrontare una spesa cospicua o a dover rinunciare alla mensa per i propri figli, dovrebbero essere sostenute in percorsi di inclusione.

Il requisito della residenza continua ad essere un fattore discriminante per accedere o meno alla mensa scolastica. Sono 28 i comuni che lo applicano come criterio restrittivo (58%) penalizzando molti bambini che per varie motivazioni, non sono ancora residenti nel comune, mentre 17 non ne tengono conto (42%). Nei comuni presi in esame, le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) ad un massimo di 6 euro (Rimini). Il risultato di queste differenze è che una famiglia con un figlio in disagio economico (ISEE 5.000 euro), sarebbe esentata dal pagamento solo in 10 comuni, mentre tra i restanti comuni le tariffe applicate variano da 0,35 euro a pasto di Salerno ai 6 euro di Rimini. In 26 comuni, tra cui questultimo, si garantisce però lesenzione, e dunque tariffa 0 euro, per le famiglie in condizioni di necessità economiche se segnalate dai servizi sociali. 

 di Melania Federico

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