In cerca di espiazione tra le fiamme

Cultura | 1 marzo 2017
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La misura è fulminante, brevissima, come quella di “Destinatario sconosciuto” di Katherine Kressmann Taylor. In più, però, c’è una tensione spirituale e filosofica, che è propria dell’autore, il tedesco Albrecht Goes, pastore luterano che prestò servizio, suo malgrado, come cappellano militare durante la seconda guerra mondiale: non è difficile intravederlo come alter ego della protagonista del suo racconto, che risale agli anni Cinquanta ed esce dall’oblio grazie alla casa editrice Giuntina, che lo manda in libreria con il titolo “Il sacrificio del fuoco” (50 pagine, 10 euro), con traduzione di Giada D’Elia, prefazione di Anna Ruchat e una recensione d’epoca firmata dalla scrittrice Nelly Sachs. La parabola narrata è semplice e riguarda tutti, non solo le vittime, perché il valore della memoria della Shoah non può albergare solo in chi l’ha subita e negli eredi, ma anche in chi l’ha vista e vissuta senza potere, o volere, fare davvero qualcosa per limitarla, evitarla, contrastarla.

Un po’ come la signora Walker, la moglie del macellaio (chiamato alle armi), unica tedesca autorizzata dalle autorità naziste a vendere o distribuire piccole quantità di carne alla comunità ebraica della zona, il venerdì pomeriggio, nell’imminenza dello Shabbat, fino a poco prima dei bombardamenti degli alleati; a modo suo la donna aiuta gli ebrei, prova a “proteggerli” dagli eccessi dei nazisti, partecipa silenziosamente alle preghiere che un rabbino conduce nel suo negozio, concede qualcosa di più di quanto prevedano le tessere annonarie. Anni dopo la guerra è un suo inquilino, impiegato della biblioteca, a scoprire qualcosa del passato della donna, che ha il volto ustionato.

 Lei stessa si racconta, a voce, coi pensieri, ma anche in forma epistolare. Un’altra lettera e un ritaglio di giornale con un versetto dalle Scritture, alla fine delle poche e dense pagine del racconto, svelano definitivamente il senso di un tentativo, fallito, di espiazione, di un atto d’amore, a fronte di una colpa collettiva. Nelle prime pagine uno dei narratori de “Il sacrificio del fuoco”, l’impiegato della biblioteca, si chiede: “Ma chi l’ha detto che in una storia buia non possa anche nascondersi una luce, come si fa divampare un fuoco chiaro da una pietra scura?” Ed è proprio vero, ce lo ricorda questa storia profonda e necessaria sull’indicibile.

 di Salvatore Lo Iacono

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