Il Vescovo Pennisi: i mafiosi non possono essere padrini di battesimo
Il «padrino mafioso» non può essere padrino di battesimo o di cresima. Fuori dal gioco di parole, per la prima volta un vescovo decide di mettere nero su bianco un divieto che farà storia all’interno della Chiesa cattolica. Anche perché la dura presa di posizione arriva dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, la cui diocesi abbraccia un vastissimo territorio storicamente ad alta densità mafiosa, da Cinisi a Corleone, da Partinico a San Giuseppe Jato.
«Non possono essere ammessi – scrive Pennisi – all’incarico di padrino di battesimo e di cresima coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che, con il loro comportamento, provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici e hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato ». Il decreto che stabilisce criteri definitivi sulla scelta dei padrini e delle madrine è stato emanato ieri, dopo l’approvazione all’una - nimità del consiglio presbiterale diocesano. Il presule, che già tre anni fa aveva emesso un decreto con cui obbligava tutte le confraternite a inserire nello statuto l’esclusione degli appartenenti ad associazioni mafiose, cita il Codice di diritto canonico, laddove al canone 874 si prevede «che per essere ammesso all’incarico di padrino vi sia una condotta di vita conforme alla fede e all’incarico che si assume». Pertanto, «tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa». Una presa di posizione necessaria e ponderata dopo la vicenda scoppiata all’inizio di febbraio, quando si diffuse la notizia che Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss di Cosa Nostra, pure lui condannato per mafia a 8 anni e 10 mesi, era tornato a fine dicembre a Corleone (con un permesso del Tribunale), dopo aver ricevuto a Padova il sacramento della cresima, per fare da padrino di battesimo alla nipotina.
Monsignor Pennisi aveva definito «censurabile o quantomeno inopportuna» la scelta del parroco di Corleone don Vincenzo Pizzitola di acconsentire alla richiesta di Riina jr di fare da padrino, una decisione presa «in buona fede, essendosi fidato della preparazione per la cresima che il giovane Riina aveva avuto nella parrocchia Sacro Cuore di Padova, dove si era anche confessato e comunicato il 16 dicembre scorso» aveva raccontato l’arcivescovo. E aveva anche sottolineato come per «una conversione servono anche segni esteriori, che non mi sembra ci siano stati. Riina non ha preso le distanze dalle stragi operate o comunque ordinate da suo padre». La vicenda la dice lunga su quanto gli anatemi e le scomuniche dei papi contro la mafia, in realtà non abbiano ancora delle conseguenze normative certe su tutto il territorio nazionale. La scomunica è stata stabilita dall'episcopato siciliano nel 1952 per l’omicidio volontario e la rapina e poi nel 1982 i vescovi, confermando le precedenti scomuniche, ne hanno individuato la matrice mafiosa. Ma questo vale solo in Sicilia, dove un sacerdote, don Pino Puglisi, è stato dichiarato martire, perché ucciso da Cosa nostra «in odium fidei».(Giornale di Sicilia)
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