Il sogno della spiaggia libera muore nella voglia di lido

Società | 14 agosto 2020
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Spiagge italiane sempre meno libere: oltre il 50% sono soggette a concessioni balneari. E l’8% della costa nostrana non è balneabile a causa dell’inquinamento del mare. Triplicate, inoltre, dal 1970 le spiagge soggette a erosione. A fotografare lo stato di salute del nostro mare e i cambiamenti in corso è il nuovo rapporto Spiagge di Legambiente redatto insieme a Goletta Verde, storica campagna dell’associazione ambientalista che monitora la qualità delle acque del mare. 

Prendendo in esame i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Regioni e Comuni, e le foto aeree, secondo il report di Legambiente i comuni con la maggiore occupazione di spiagge in concessione sono Alassio (SV), Jesolo (VE), Forte dei Marmi (LU), Rimini, Lido di Ostia (Roma), San Benedetto del Tronto (AP), Alba Adriatica (TE), Pozzuoli (NA), Giardini Naxos (ME) e Mondello (Palermo). Il record va comunque a Forte dei Marmi (LU), dove lungo 4,7 km di linea costiera si contano 125 stabilimenti, per un’occupazione del 93,7% della costa. Laddove non si registra un incremento delle concessioni, ciò è da ricondurre alla mancanza di spiagge libere, come in Versilia o in Romagna, dove meno del 10% dei litorali è spiaggia libera. A livello regionale, sono la Liguria e l’Emilia-Romagna ad avere il primato di stabilimenti balneari (quasi il 70% della costa). Seguono Campania (67,7%) e le Marche (61,8%). 

Singolare e preoccupante la situazione in Sicilia, dove la percentuale di spiagge in concessione è più bassa che in altre regioni, ma nel 2019 sono state presentate oltre 600 richieste di nuovi stabilimenti. In tema di quantità di spiagge date in concessione, Legambiente fa notare come l’Italia sia l’unica nazione europea a non porre alcun limite, lasciando questa scelta alle Regioni. A riguardo, tra le più virtuose vi sono Puglia, Sardegna e Lazio, dove la quota minima di spiagge da garantire alla libera fruizione è regolamentata e fissata tra il 60-50%. Le regioni prive di norme che specifichino una percentuale minima da destinare alle spiagge libere sono Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Unico aspetto positivo legato all’aumento delle concessioni balneari è la crescita degli stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità. Tantissimi, e molti nuovi, citati nel report sono “plastic free”, o hanno deciso di investire sul solare o di salvaguardare le dune, così come hanno scelto di valorizzare prodotti a km zero, prevedere spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica, utilizzare legno e altri materiali naturali e leggeri per le strutture.


Alle spiagge sempre meno libere si affianca un altro problema: quello dell’inquinamento delle acque. Come emerge dai dati 2020 del portale Acque del Ministero della Salute, elaborati da Legambiente, il 7,8% dei tratti sabbiosi in Italia – tra chilometri di costa interdetti e abbandonati, per oltre 259 chilometri – non può essere destinato alla balneazione per via dell’inquinamento. Situazione particolarmente grave in Sicilia, Calabria e Campania che insieme contano circa 73,5 km sui 90 interdetti a livello nazionale. A ciò si aggiunga che sono complessivamente 169,04 i chilometri di costa “abbandonati” in tutta Italia
Il risultato è che la spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, sebbene con grandi differenze tra le Regioni.
Non bastano l’aumento delle concessioni balneari e dell’inquinamento. Le nostre coste devono fare i conti anche con la scomparsa delle spiagge per l’erosione costiera. Dal 1970 i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con percentuali diverse tra le regioni e picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media è come se avessimo perso 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione
. E a causa dei cambiamenti climatici, con l’innalzamento del livello del mare in atto, sono 40 gli ambiti costieri a rischio di inondazione secondo gli scenari elaborati da Enea.
“Le spiagge rappresentano una straordinaria risorsa del nostro Paese, sia in chiave ambientale che turistica, – dichiara Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente – ma anche spazi vissuti da milioni di persone per diversi mesi all’anno. Eppure se ne parla solo per le polemiche, in primis la Bolkestein, senza che vi sia un dibattito all’altezza di queste sfide. Per farlo, serve alzare il livello del confronto ed entrare nel merito delle questioni coinvolgendo tutti gli attori in campo, nessuno escluso. La sfida che vogliamo lanciare ai Comuni costieri, ai balneari, al Governo è di aprire un confronto sul futuro delle spiagge italiane: se entriamo infatti nel merito delle questioni diventa possibile trovare soluzioni di qualità, interesse generale e innovative. È un obiettivo condiviso che vi siano maggiori e più efficaci controlli rispetto alle trasformazioni in corso lungo le coste italiane, per trovare regole capaci di migliorare e diversificare l’offerta, di affrontare questioni ambientali, come l’erosione, che si aggraveranno in una prospettiva di cambiamenti climatici”.

 di Alida Federico

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