C’era una volta l’alleanza progressista
Politica | 16 dicembre 2024
Ebbe ragione Achille Occhetto , ex segretario del Pds, che guidò i progressisti nella sconfitta elettorale del 1994, a affermare un anno fa che non ci sono molte affinità tra quell’epoca, il ’94, e il 2023, ma il sospetto che qualcosa in comune ci sia, rilascia un infausto presagio. Il Pd, più che pensare al M5s, suggerì un anno addietro Occhetto, deve giocarsi fino in fondo la sua identità di sinistra. Davanti ai suoi occhi vagava lo spettro della “Gioiosa macchina da guerra”, celebre locuzione dei Progressisti, ovvero l’alleanza tra partiti socialisti, verdi e di sinistra che scese in campo alle elezioni con ampie possibilità di successo, secondo la stampa dell’epoca.
Lo spettro è stato evocato stavolta da Giuseppe Conte. A conclusione di un’epica disfida con il fondatore ed ex garante del movimento, Beppe Grillo, disfida dalla quale è uscito vincitore, il petto gonfio d’orgoglio, Conte ha definito la carta identità dell’ex movimento, dopo l’attraversamento del Rubicone (da movimento a partito): il partito sarà progressista, indipendente, esterno alla famiglia della sinistra. La nuova identità ha gettato nel panico alcuni, nell’imbarazzo altri e nell’incertezza tutti, perché non si capisce che cosa sia la cosa progressista fuori dalla sinistra e in mano al M5s, diventato partito, abituati come si è a credere che il termine progressista sia l’abito della sinistra, da coniugare come si vuole.
Se è del tutto legittimo tracciare i confini per rendersi riconoscibili, evitando di essere fagocitati dall’alleato oggi più forte, il Pd, la corazza studiata su misura per non sparire, rischia di portare indietro l’orologio della storia, quel meglio soli che male accompagnati che precedette ogni sorta di alleanza politica pentastellata (Lega, centrosinistra, Draghi), un limbo nel quale nuota a suo agio, da sempre, lo spin doctor più letto dagli iscritti, cioè Marco Travaglio, storico avversario del centrosinistra in generale e del Pd in particolare.
La storia non è più maestra di vita, è vero, ma i suoi presagi ed i rintocchi vengono ancora ascoltati studiati e usati, quando serve. Potrebbe servire perciò raccontare i fasti, anzi i nefasti, dell’Alleanza progressista che turbano ancora dopo circa 30 anni il sonno di Achille Occhetto.
L’alleanza progressista segnò la definitiva rinuncia della sinistra ex comunista (Pds) ed ex democristiana, popolari e rete, al consenso elettorale dei socialisti e provoca l’inevitabile sconfitta del 1994. Nel confronto con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi (Forza Italia), nel presentare le liste dei candidati dell’Alleanza progressista, i dirigenti della Rete, un movimento anche quello poi scomparso, a Palermo sostennero che i socialisti dovessero fare penitenza, saltando un turno.
Gli ex comunisti dell’Alleanza progressista furono invero più cauti degli ex democristiani della Rete. Credono, non a torto, che in questo modo nessun voto socialista giungerà al Pci-Pds , tuttavia non smentirono la necessità di far saltare un turno ai socialisti, ormai impresentabili, né proposero un significativo distinguo fra la tradizione socialista e i personaggi coinvolti nelle iniziative giudiziarie.
i socialisti in Sicilia rimasero fuori dalle candidature dell’Alleanza progressista. Forza Italia e la destra nelle circoscrizioni dell’Isola ottennero l’en plein, un così elevato numero di collegi al Senato e alla Camera da provocare la sconfitta dell’Alleanza progressista in sede nazionale. L’evidenza dell’incredibile errore politico, nato nella culla della Dc detta di sinistra, fece nascere il sospetto che ai danni del Psi ci fosse stato un complotto cattocomunista.
di Salvatore Parlagreco
Lo spettro è stato evocato stavolta da Giuseppe Conte. A conclusione di un’epica disfida con il fondatore ed ex garante del movimento, Beppe Grillo, disfida dalla quale è uscito vincitore, il petto gonfio d’orgoglio, Conte ha definito la carta identità dell’ex movimento, dopo l’attraversamento del Rubicone (da movimento a partito): il partito sarà progressista, indipendente, esterno alla famiglia della sinistra. La nuova identità ha gettato nel panico alcuni, nell’imbarazzo altri e nell’incertezza tutti, perché non si capisce che cosa sia la cosa progressista fuori dalla sinistra e in mano al M5s, diventato partito, abituati come si è a credere che il termine progressista sia l’abito della sinistra, da coniugare come si vuole.
Se è del tutto legittimo tracciare i confini per rendersi riconoscibili, evitando di essere fagocitati dall’alleato oggi più forte, il Pd, la corazza studiata su misura per non sparire, rischia di portare indietro l’orologio della storia, quel meglio soli che male accompagnati che precedette ogni sorta di alleanza politica pentastellata (Lega, centrosinistra, Draghi), un limbo nel quale nuota a suo agio, da sempre, lo spin doctor più letto dagli iscritti, cioè Marco Travaglio, storico avversario del centrosinistra in generale e del Pd in particolare.
La storia non è più maestra di vita, è vero, ma i suoi presagi ed i rintocchi vengono ancora ascoltati studiati e usati, quando serve. Potrebbe servire perciò raccontare i fasti, anzi i nefasti, dell’Alleanza progressista che turbano ancora dopo circa 30 anni il sonno di Achille Occhetto.
L’alleanza progressista segnò la definitiva rinuncia della sinistra ex comunista (Pds) ed ex democristiana, popolari e rete, al consenso elettorale dei socialisti e provoca l’inevitabile sconfitta del 1994. Nel confronto con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi (Forza Italia), nel presentare le liste dei candidati dell’Alleanza progressista, i dirigenti della Rete, un movimento anche quello poi scomparso, a Palermo sostennero che i socialisti dovessero fare penitenza, saltando un turno.
Gli ex comunisti dell’Alleanza progressista furono invero più cauti degli ex democristiani della Rete. Credono, non a torto, che in questo modo nessun voto socialista giungerà al Pci-Pds , tuttavia non smentirono la necessità di far saltare un turno ai socialisti, ormai impresentabili, né proposero un significativo distinguo fra la tradizione socialista e i personaggi coinvolti nelle iniziative giudiziarie.
i socialisti in Sicilia rimasero fuori dalle candidature dell’Alleanza progressista. Forza Italia e la destra nelle circoscrizioni dell’Isola ottennero l’en plein, un così elevato numero di collegi al Senato e alla Camera da provocare la sconfitta dell’Alleanza progressista in sede nazionale. L’evidenza dell’incredibile errore politico, nato nella culla della Dc detta di sinistra, fece nascere il sospetto che ai danni del Psi ci fosse stato un complotto cattocomunista.
salvatoreparlagreco.it
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