Il sacrificio di Placido Rizzotto per ridare terra e dignità ai braccianti

Cultura | 22 marzo 2018
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Uno dei pregi della nuova fatica storiografica di Carmelo Botta e Francesca Lo Nigro (C. Botta F. Lo Nigro, Placido Rizzotto Dai Fasci siciliani alla strage dei sindacalisti, Navarra editore, 2018) è la capacità di contestualizzare la vicenda del sindacalista socialista corleonese ucciso dalla mafia il 10 marzo 1948 all'interno della lunga e complessa storia del movimento contadino e democratico siciliano. Come afferma nella sua densa prefazione il prof. Michelangelo Ingrassia, dell'Università di Palermo: “ Uno dei punti di forza delle interpretazioni e del racconto storico qui rappresentato è' appunto, nella costruzione di un solido e robusto contesto che, particolarmente in queste pagine, svolge due decisive funzioni: contrasta la visione caotica della realtà e recupera fatti e fonti decisivi per la comprensione del fenomeno. 

” Il contesto, dunque, ci rinvia a ricordare che, tra il 2 marzo ed il 2 aprile del 1948, furono assassinati tre tra i principali dirigenti contadini dell'area palermitana in cui si concentravano le battaglie per l'attuazione dei decreti Gullo e per la riforma agraria. Il primo a cadere fu, il 2 marzo, Epifanio Li Puma a Petralia Sottana, poi Placido Rizzotto a Corleone, infine il 2 aprile Calogero Cangelosi segretario della Federterra a Camporeale. 

La cronologia non è casuale: si era nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche che si sarebbero svolte il 18 aprile e si sarebbero concluse con l'affermazione della Democrazia Cristiana, che aveva radunato attorno a sé tutte le forze della conservazione e con la sconfitta, invece, del Fronte del popolo formato da comunisti e socialisti. La mafia dette il suo contributo allo svolgimento delle elezioni con gli assassinii che avevano una precisa funzione terroristica e si proponevano di spezzare la resistenza del movimento democratico che attorno all'occupazione delle terre era cresciuto in Sicilia. Se si guardano le date dei principali fatti di sangue che ebbero per vittime militanti e dirigenti della sinistra in Sicilia, si nota immediatamente la non casuale coincidenza con momenti di particolare significato politico.  

L'utile appendice del volume ci fornisce il quadro sinottico: il 16 maggio 1946 alla vigilia del referendum tra repubblica e monarchia del successivo 2 giugno viene assassinato il sindaco socialista di Favara nell'agrigentino. In tutta la stagione che precede le prime elezioni per l'Assemblea regionale siciliana, il 20 aprile 1947, si sgrana il rosario dei morti ammazzati: dai sindacalisti e militanti comunisti Accursio Miraglia a Sciacca, Nunzio Sansone a Villabate e Leonardo Salvia. Subito dopo l'affermazione in quel turno elettorale del Fronte del popolo che supera in voto e in seggi la Democrazia Cristiana, la reazione furibonda è affidata alle armi della banda Giuliano: il 1° maggio vengono assassinati 12 manifestanti assassinati a Portella della Ginestra, otto giorni dopo cade il dirigente della Camera del Lavoro di Partinico Michelangelo Salvia, il 22 giugno avviene l'attacco armato contro la Camera del Lavoro di Partinico causerà la morte di Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Jacono. Seguendo la lunga scia di sangue, è facile constatare che anche l'omicidio di Salvatore Carnevale, capolega di Sciacca, il 16 maggio 1955 si svolgerà nel pieno della competizione elettorale per l'ARS del successivo 5 giugno.

 Vale la pena ricordare che nessuno degli autori di quelle stragi è stato condannato dalla giustizia italiana. Si dimostra così, senz'ombra di dubbio, che la violenza mafiosa venne esercitata nell'ambito di un preciso disegno di svolta a destra del paese e di contenimento delle rivendicazioni del movimento contadino. La mafia, insomma, che in quella fase venne spessa sottovalutata o addirittura negata dallo schieramento conservatore, “fa politica” con gli strumenti che le son propri a servizio degli interessi antipopolari. Ancora una volta, come sempre nella storia della mafia, l'uso della violenza non è casuale ma risponde all'esigenza di affermare e consolidare il dominio nel territorio e di dar sostegno alle forze che si ritengono indispensabili al sostegno degli interessi mafiosi, in questo caso gli agrari e, poi, dopo la rottura dei governi di unità resistenziale, la Democrazia Cristiana che fece della lotta al social-comunismo il punto di coagulo degli interessi dei grandi proprietari terrieri e dei campieri mafiosi.

 Attraverso una puntuale ricostruzione delle vicende del movimento contadino siciliano, gli autori esplicitano la linea di continuità che lega la stagione di fine del XIX secolo, quel triennio 1892-94 in cui si sviluppò la vicenda dei fasci siciliani che, come ha ricordato Francesco Renda, costituiscono “l'origine del movimento sindacale, cooperativo e socialista siciliano...(la cui) parola d'ordine dominante è l'unione degli operai e dei contadini”, alle lotte contadine del primo dopoguerra, alla riorganizzazione del movimento sindacale dopo a partire dall'autunno del 1943 . I decreti emanati dal ministro all'Agricoltura Fausto Gullo, dirigente comunista di origini calabresi, nell'ottobre del 1944 segnarono l'avvio della grande stagione di lotte ed occupazioni delle terre incolte e malcoltivate e per la riforma dei patti agrari, entro cui si svolse la vicenda del giovane Placido Rizzotto che, militare durante la guerra in Friuli Venezia Giulia, aveva dopo l'otto settembre aderito ad un brigata partigiana garibaldina e, dopo la conclusione della resistenza, aveva utilizzato quanto aveva imparato negli anni trascorsi al Nord per diventare protagonista e dirigente delle lotte dei contadini di Corleone. Quella Corleone che, come ben ricordano Botta e Lo Nigro, “vien spesso etichettata come paese capitale della mafia” ma di contro viene rivendicata come la Corleone capitale dell'antimafia “in cui sono nati e sono sepolti personaggi importanti come Bernardino Verro, Placido Rizzotto, ...il giudice Terranova e il maresciallo Lenin Mancuso”...(la Corleone) “dei terreni confiscati alla mafia, delle associazioni antimafia, della legalità”. Una storia di cui è giusto approfondire e diffondere la conoscenza, come ben fanno gli autori di questo interessante volume.

 di Franco Garufi

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