Il maldestro tentativo di scardinare l'Europa democratica

Politica | 22 giugno 2018
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34.361 nomi di morti in mare nel tentativo di raggiungere la Fortezza Europa vengono pubblicati oggi dal Guardian in Gran Bretagna, dal Tagesspiegel in Germania e dal Manifesto in Italia. Sono le vittime della miopia dell'Unione Europea e degli egoismi degli stati nazionali che la compongono davanti ad un fenomeno di portata storica come le migrazioni dai paesi poveri del mondo verso il nostro Continente considerato- a torto o ragione- come una terra privilegiata. Un interminabile elenco di donne , uomini, bambini tragicamente scomparsi che fa il paio con le foto che hanno commosso il mondo dei bimbi migranti dall'America Latina separati dai genitori e chiusi in gabbia, in Texas, ad un altro dei confini tra povertà e ricchezza.

 Cosa sta succedendo? Cosa ha trasformato l'area più avanzata del pianeta, quella che una volta veniva definito l'Occidente, in un ridotto chiuso ed impaurito del proprio futuro? La risposta non è facile, anzi probabilmente non esiste una sola risposta ma un insieme di concause che ci hanno condotto a questo punto. Dieci anni di crisi straordinariamente grave hanno provocato una flessione dei redditi e dei livelli di vita in tutti i paesi del modo industrializzato ed hanno comportato un aumento della diseguaglianza sociale che, per quanto riguarda l'Europa, ci riporta indietro di cent'anni. La crisi prima finanziaria e poi dell'economia reale, sommata alla rapidissima rivoluzione tecnologica ha colpito ferocemente larghissime aree del lavoro non solo operaio ed ha fatto venire meno le certezze di futuro delle classi medie. Si sono modificati i progetti di vita in particolar modo delle generazioni più giovani che hanno pagato il prezzo della precarizzazione del mercato del lavoro e della forbice sempre più ampia tra formazione scolastica, anche ai livelli più alti, e possibilità di accesso ad attività lavorative soddisfacenti sia dal punto di vista economico che da quella della realizzazione di se stessi.

 La polarizzazione dei redditi, la spinta crescente verso consumi più sofisticati e- dall'altro versante- la crescita esponenziale della povertà assoluta ma anche della percezione di vivere sul limite del rischio di precipitare nella povertà, hanno prodotto una questione sociale dai termini nuovi ed irrisolvibile dentro gli ambiti tradizionali della lotta di classe novecentesca. Di fronte a tale situazione i vari gruppi sociali si sono ripiegati su se stessi ed hanno cercato nuove certezze identitarie nel deserto di un agire politico sempre più lontano e separato dalle concrete condizioni di vita delle persone. Donald Trump ha vinto negli Usa anche perché è riuscito ad intercettare la disperazione dei blue collars, gli operai dell'industria tradizionale (sia pesante che manifatturiera) che si andava decentrando nel terzo mondo. Nei paesi fondatori dell'Unione Europea- la Germania, la Francia, l'Italia, in qualche modo la stessa Gran Bretagna- si trovano a mal partito e perdono consenso entrambe le versioni delle politiche tradizionali di sinistra: quella pro-labour che viene sconfitta dall'austerità e l'altra che tenta di confrontarsi con i processi di trasformazione economica e di gestirli in nome di un nuovo patto tra i produttori che non trova riscontro nella mutata realtà sociale e lascia prive di protezioni le fasce più deboli. 

Se ciò mette in discussione i tradizionali assetti delle società più avanzate, è nell'Est dell'Europa che si svolge la partita più complessa. I processi di transizione dai vecchi ai nuovi regimi conducono a trent'anni dalla caduta del muro di Berlino a democrazie autoritarie in Polonia ed in Ungheria, due paesi decisivi per l'assetto stesso dell'Europa. Sui guasti che simili sistemi possono produrre poco si è riflettuto nella dimensione europea: basti pensare alla scarsa attenzione dedicata alla notizia che qualche giorno fa il Parlamento di Budapest ha modificato la Costituzione inserendo il divieto a stabilirsi in terra magiara per le popolazioni allogene, così violando in modo inaccettabile lettera e filosofia dei trattati europei. Cosa mancava al disegno di travolgimento della costruzione europea che è caro alla parte vincente della destra statunitense e alle destre sovraniste nel nostro Continente? Mancava che il populismo, nelle sue differenti versioni, si affermasse in uno degli stati fondatori dell'Unione. E' avvenuto in Italia il 4 marzo ed il cerchio si è chiuso. Chi si illude che le sparate dell'energumeno che abbiamo come ministro degli Esteri, l'indicibile Matteo Salvini, siano finalizzate solo a guadagnare quote di elettorato, si illude. C'è dietro ben altro: sul versante del rapporto con gli altri stati membri, l'idea è di utilizzare la questione dei migranti come grimaldello per forzare le regole europee e costringere Bruxelles a cedere alle richieste italiane sul terreno economico. Tanto che l'altro presidente del Consiglio di fatto di questo strano ircocervo giallo-verde, il giovane Luigi Di Maio, propone di dirottare i fondi strutturali europei al finanziamento del reddito di cittadinanza. 

Insomma, si avverte l'Europa che i soldi son nostri e ne facciamo quel che vogliamo. Ciò che complica tutto è che la questione migranti è il tallone d'Achille del principale partner europeo, la Germania, nella quale la grande coalizione al governo ha come ministro degli Interni Horst Seehofer. capo dei Cristiano sociali bavaresi che guarda con simpatia al suo collega italiano, ma sopratutto alle posizioni di estrema destra espresse dall'attuale primo ministro austriaco Sebastian Kurz, giovane leader emergente della destra euroscettica.  

Attenzione a non guardare il dito invece che la luna: è bene indignarsi per il cinismo con cui Salvini gioca con la vita di migliaia di poveri disperati costretti a vagare per il Mediterraneo e siamo sconcertati dalla brutalità dell'attacco contro personalità impegnate nella lotta alla malavita organizzata come Roberto Saviano, al quale va per intero la nostra solidarietà. Tuttavia, in gran parte, si tratta di fumo per gli occhi che serve a distrarre l'attenzione dalla grande questione che si gioca sul tavolo europeo: il tentativo di scardinare l'Unione Europea usando come testa d'ariete l'incapacità di produrre una risposta unitaria credibile ed efficace ai temi posti dalle migrazioni, che sono state scelte come terreno di scontro per la grande capacità evocativa ad esse connessa e perché dividono le opinioni pubbliche di ciascun paese. Mi fa arrabbiare, ma purtroppo non mi sorprende, l'evidente gravissima difficoltà della sinistra- tutta intera- di stare sul campo delicato e durissimo di questa battaglia decisiva, impedendo che venga carpito alla pubblica opinione italiana il consenso all'azione dell'Esecutivo in nome di un malinteso “amor di patria”. Il momento è delicato: è la democrazia come la conosciamo ad essere in pericolo. Svegliamoci prima che sia troppo tardi.

 di Franco Garufi

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