Il libro dei sogni dei partiti procura solo incubi agli italiani
Nei pochi talk shows televisivi che continuo a seguire ho sentito spesso il leader di turno lamentarsi perché le domande proposte dall'intervistatore non consentivano di esporre il fatidico programma. Magico vaso di Pandora contenete le meraviglie future che il vincente offrirà al paese, il programma ha finito per assumere la funzione del convitato di pietra, il Commendatore signore di Siviglia ucciso e tornato in statua al centro della scena nel Don Giovanni di Mozart.
Già questo basterebbe a giustificare la scelta di alcuni grandi quotidiani nazionali di affidare a noti esperti di finanza pubblica la valutazione realistica dei costi delle proposte dei singoli partiti. Lo ha fatto per Repubblica Roberto Perotti professore della Bocconi di Milano e commissario dimissionario alla spending review del governo Ronzi, lo fa su La Stampa Carlo Cottarelli responsabile della spending review sotto il governo Letta, ora titolare dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (è tornato recentemente alla ribalta per aver rifiutato l'invito di Silvio Berlusconi a diventare ministro di un eventuale governo di centrodestra). Perotti ha compiuto un esame analitico dei singoli testi che ha prodotto valutazioni sui costi delle promesse elettorali notevolmente distanti da quelle stimate dagli estensori dei documenti. Per mantenere un atteggiamento bipartisan citerò sia la polemica con Tommaso Nannicini, autore del programma PD, che le osservazione ai numeri proposti dai pentastellati.
Per quanto riguarda il PD, che ha proposto la riduzione del rapporto debito/pil del 30% in dieci anni, il taglio dell'Ires (imposta sul reddito delle società) dal 24% al 22%, il varo di 5 miliardi di Eurobond per investimenti su capitale umano, ricerca ed infrastrutture ed il recupero di 30 miliardi di risorse aggiuntive dalla lotta all'evasione, Perotti ha quantificato 56,4 miliardi di costi (oltre il 3% del PIL ) di cui 39,7 mld di maggiori spese e 16,7 di minori tasse. Nannicini ha risposto contestando le cifre e ribadendo che il costo del programma non supererebbe i 35 mld in cinque anni. Il M5S presenta un programma discusso in rete di 22 capitoli, ma un elenco breve di 20 punti. I principali: taglio di 400 leggi esistenti (ma non si precisa quali), smart nation: nuovo lavoro e lavori nuovi, reddito di cittadinanza, superamento della Fornero, risarcimento dei risparmiatori truffati; 50 miliardi di coperture deriverebbero da tagli agli sprechi ed ai costi della politica. Il costo totale del programma, secondo lo stesso movimento, è di 78,5 mld nei cinque anni (4,5% del PIL) di cui più di tre quarti di maggiori spese. Il docente stima le coperture esistenti non superiori ai 45 mld e calcola un disavanzo di 63 mld (3,5% del PIL). Per esempio, per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, uno dei pilastri della piattaforma pentastellata, l'economista e candidato M5S Lorenzo Fieramonti ne calcola il costo in 15 miliardi annui; Massimo Baldini e Francesco Daveri su Lavoce.info la fanno ammontare a 28,7 mld, praticamente il doppio. Complesse motivazioni tecniche si possono addurre a sostegno di entrambe le ipotesi (Istat che calcola 15 mld attribuisce alle famiglie povere proprietarie della casa un reddito “imputato” pari all'affitto che pagherebbero se l'abitazione non fosse di proprietà; ma il programma M5S fa riferimento al criterio di calcolo Eurostat che non comprende gli affitti imputati nel calcolo del reddito disponibile), ma in ogni caso siamo di fronte ad un ingentissimo esborso pubblico.
Nel centrodestra Berlusconi ha dovuto impegnare al massimo le sua abilità di mediatore per arrivare ad un programma condiviso che presenta chiari caratteri di compromesso. L'ex cavaliere non perde occasione per parlare della flat tax, sistema fiscale proporzionale e non progressivo (ma la Costituzione prevede esplicitamente che l'imposizione fiscale deve avere carattere progressivo: chi più ha paga un'aliquota marginale crescente). L'aliquota Irpef unica per tutti i contribuenti che superino la quota esente, tuttavia, viene presentata in due versioni: per Forza Italia va fissata al 23% per la Lega al 15%. Nella versione leghista costerebbe 66 mld, in quella berlusconiana 64, ma Renato Brunetta afferma che basteranno 50 miliardi. Secondo Perotti, la stima dei costi del programma del centrodestra oscilla tra un minimo di 171 mld (quasi il 10% del PIL) equamente ripartiti tra maggiori spese e minori entrate e un massimo di 310 mld (quasi il 16% del PIL).
Il reddito di dignità per l'azzeramento della povertà assoluta costerebbe tra 26 e 45 mld l'anno; l'aumento delle pensioni minime a 1000 euro tra 11 e 20 mld l'anno; l'azzeramento della Fornero tra 11 e 15 mld l'anno.
Infine le stime sulle proposte di LeU hanno creato qualche polemica innanzitutto di metodo, perché il programma di 17 pagine e 14 capitoli è stato presentato praticamente privo di cifre. Le proposte prioritarie: istruzione e ricerca come priorità, il lavoro con il superamento del jobs act ed il ripristino dell'art.18, un grande piano verde, welfare universale con profonda revisione della Fornero, impegno per il disarmo. Molto concreta appare invece la proposta di impegnare 5 miliardi l'anno di investimenti per cinque anni per il rafforzamento e la riqualificazione della sanità pubblica ed il superamento dei ticket. Sostanzialmente sulla medesima linea si colloca l'analisi di Carlo Cottarelli su La Stampa, che parte dalla constatazione che in quasi tutti i programmi non v'è sufficiente chiarezza sugli obiettivi di finanza pubblica.
Forza Italia, sostiene l'ex dirigente FMI, intende rispettare “più o meno” la regola del 3% di rapporto debito/PIL, ma la Lega vuole sforarlo. Il M5S vuole ridurre del 40% in 10 anni il debito pubblico, ma, contraddittoriamente, propone maggiori investimenti in deficit; nel suo programma si rileva una mancanza di coperture per 60/70 miliardi. Per realizzare simili impegni sarebbe necessaria una crescita annua di oltre il 5%, a tassi quasi cinesi. Nel programma democratico sono state rilevate discordanze tra i principali documenti elettorali ed alcune proposte appaiono di difficile attuazione, come la riduzione strutturale del cuneo contributivo che costerebbe 12 miliardi e la possibilità di ottenere dall'UE l'autorizzazione ad investimenti per 18 mld nel quinquennio fuori dalla clausola europea.
Si
tratta di libri dei sogni o di concreti programmi di governo? Credo
che la risposta resti incerta per chi scrive, ma anche per il lettore
che avrà avuto il coraggio di arrivare fino a questo punto.
Incertezza che aumenta se si fa mente agli insulti, alle contumelie,
all'assenza di argomenti che sta caratterizzando questa brutta
campagna elettorale.
Ultimi articoli
- La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica