Il desiderio e la gelosia inestinguibili del vecchio regista
Waldo è un vecchio regista («un esibizionista che lavora con guardoni», per sua stessa definizione) che percorre un lunghissimo viale del tramonto, un artista che scrive, in prima persona: «noi artisti siamo uguali ai capitalisti, arraffiamo tutto, rubiamo vite». Poiché c’è qualcuno che prova a rubare la sua, di vita, l’ultimo refolo d’orgoglio, misto a gelosia e desiderio, sarà la linfa di una freddissima vendetta. Waldo è l’ennesimo antieroe della galleria che negli ultimi decenni ha sfornato lo scrittore pachistano Hanif Kureishi, autore di “Uno zero” (128 pagine, 16 euro), edito da Bompiani e tradotto da Davide Tortorella. Kureishi è più che mai disincantato e scettico, sulla pagina e nella vita, e “Uno zero” potrebbe anche essere il suo congedo dalla narrativa in senso stretto (adesso sta lavorando a una serie tv), ma di sicuro è un gran finale.
Crudo, di pensieri e linguaggio, Waldo fa i conti col suo essere ormai malfermo e costretto su una sedia a rotelle, nella Londra d’oggi, metropoli con cui peraltro non ha un rapporto felice («Preferivo la vecchia Londra, fuligginosa e malandata, ma con qualcosa di sublime nella sua desolazione postbellica. Allora i matti li mettevano nei manicomi, ma adesso i sani nei loro uffici stanno molto peggio»). Sua moglie, la sessantenne indiana Zee ha vent’anni meno di lui, un appetito sensuale intatto e una voglia di vivere che sprigiona in ogni direzione, specialmente in quella di Eddie, tormentato toy-boy (vittima di abusi in tenera età) che s’improvvisa amante della signora, amico e badante del cineasta – di fatto vivendo in casa loro – mentre la sua attività principale dovrebbe essere quella di critico cinematografico. Il libro, passo dopo passo, evolve in una specie di noir, che però non disdegna i toni della commedia. Waldo raccoglie prove per incastrare la moglie adultera e il falso amico, e lo fa anche grazie ad Anita, sua attrice feticcio e sodale non solo sul set. I dialoghi brillanti e le frasi da sottolineare abbondano. L’orchestrazione narrativa è da autore consumato, la brevità del testo una medicina amara da mandare giù, ma indispensabile nei meccanismo di una vicenda che è un crescendo: la prosa frizzante e tesa è una delle virtù di “Uno zero”.
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