I tanti messaggi civili della marcia antimafia

Società | 17 febbraio 2025
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Ci sono luoghi in cui la legalità si spiega attraverso le pagine dei libri, mentre in altri con la dimostrazione concreta di cosa ha voluto dire essere territori oppressi dal giogo della mafia, ma anche qual è stata la risposta dei cittadini, della società civile per onorare tutte le vittime ricordate attraverso anniversari e lapidi.
Succede a Ficarazzi, dove l’istituto comprensivo “Rosario Livatino”, il “giudice ragazzino” assassinato dalla Stidda il 21 settembre 1990, ha ospitato una seduta del consiglio comunale in preparazione della marcia del 26 febbraio.
È stato un consiglio comunale speciale non solo perché ha votato davanti agli studenti l’adesione alla marcia promossa dal Centro studi Pio la Torre, ma anche in quanto aperto alla cittadinanza per sensibilizzarla, insieme alle nuove generazioni, a quel che vuol dire memoria attiva.
«Il consiglio comunale - dice il dirigente scolastico, Caterina Oliveri - per noi cittadini è sicuramente un'occasione di alta democrazia e di partecipazione attiva . Nella nostra scuola abbiamo messo in atto diverse iniziative legate comunque alla legalità e al dialogo. Mai come in questa occasione è fondamentale parlare di approccio multidimensionale a quello che è proprio la lotta contro la mafia. Intanto ringrazio i nostri ragazzini, le due quarte, una classe quinta e anche una classe di scuola media. Punto anche sul fatto che i bambini, già dalla scuola primaria, possano comunque maturare il loro pensiero critico rispetto all’infinita lotta tra il bene e il male».
E proprio i bambini sono stati i protagonisti della mattinata, così come lo saranno il giorno della marcia. Da loro sono venuti stimoli e domande sul “perchè ancora oggi si parla di cosa nostra”, su quanto i politici “siano stati e sono corrotti dalla mafia, se, come e perché la politica fa affari con la mafia, cosa si può fare per sconfiggere un cancro per la nostra società”. Domande per nulla ingenue o casuali, ma frutto di un lavoro fatto in classe con l’attenzione che meritano questi temi.
È stata una sedura del consiglio comunale di grande impatto emotivo, anche in virtù del fatto che poche ore prima la Procura della Repubblica di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, e il comando provinciale dei Carabinieri, diretto dal generale Luciano Magrini, aveva messo a segno una maxi operazione che ha portato al fermo e alle misure cautelari per 181 tra boss, estorsori e trafficanti di droga, dei mandamenti di Porta Nuova, Tommaso Natale, San Lorenzo, Santa Maria di Gesù e Bagheria.
«Gli arresti - afferma Antonello Cracolici, presidente della Commissione antimafia regionale - dimostrano che la mafia e i mafiosi sono vivi e mettono nel conto un periodo di carcerazione. Ma questo non è il solo strumento di contrasto: c'è anche quello di intaccare i patrimoni, le loro ricchezze, quello per cui hanno deciso di diventare mafiosi, cioè fare soldi e affari utilizzando e gestendo innanzitutto il traffico della droga, quello che uccide i nostri ragazzi. Lo Stato, però, in questi anni ha dimostrato di saperli colpire nelle loro tasche, non solo nella loro libertà. Quando 42 anni fa bambini e ragazzi, invasero le strade di questo territorio per reagire allo strapotere dei boss lanciarono un messaggio: basta con questa violenza, “isoliamo i mafiosi dalle nostre città”. Per la prima volta si stava avviando un processo in cui della mafia si cominciava a parlare nelle famiglie. Nelle chiese i parroci come Francesco Michele Stabile per la prima volta dal pulpito mandavano un messaggio alle famiglie per dire che “la mafia ci sta uccidendo, sta uccidendo tanti figli di questa Sicilia, ci sta uccidendo pure sul piano della onorabilità perché ha tolto alla nostra terra opportunità di crescita anche imprenditoriali. Importante, quindi, che ci siano anche i bambini alla marcia del 26 febbraio perché serve a comprendere meglio chea la mafia e i mafiosi non appartengono al passato, ma fanno parte del presente. Per sconfiggere cosa nostra servono magistrati e investigatori ma è fondamentale anche la reazione della società civile».
«Il mondo è pieno di organizzazioni criminali - sottolinea Emilio Miceli, presidente del Centro studi Pio La Torre - e c'è chi gestisce il traffico della droga, chi fa le rapine, chi compie omicidi. Probabilmente quello che rende diverse le nostre organizzazioni mafiose da tante altre è il fatto che cosa nostra influenza e cerca sempre il rapporto con la politica. Non si pone solo il problema di acquisire soldi, utilità e potere diciamo economico, ma anche di poter decidere come si organizza la vita di tutti noi. Questa è probabilmente la differenza tra un’organizzazione criminale che sta in tutte le parti d'Italia del mondo e le “nostre”. E questo è il motivo per cui in tanti, dalle marce a tutte le manifestazioni fatte negli anni, abbiamo sempre chiesto che la politica faccia tutto ciò che è possibile per liberarsi da questo condizionamento».
Rinasce intanto un percorso segnato da tante tappe, che porteranno alla marcia del 26 febbraio, una delle quali è il conferimento della cittadinanza onoraria a Vito Lo Monaco, presidente onorario del Centro Pio La Torre, da parte del Comune di Altavilla Milicia. La cerimonia si è tenuta nell’aula consiliare di Altavilla Milicia, intitolata a Calogero Zucchetto, il giovane poliziotto della squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia il 14 novembre 1982.

   «Il consiglio comunale - secondo Lo Monaco - ha dimostrato la larga adesione alla marcia delle scuole, della Chiesa, dei sindacati, delle forze sociali e delle associazioni antimafia e culturali. Ne esce quindi confermato il carattere unitario dell’antimafia vera e non di cartone». La mafia, a suo giudizio, non è scomparsa come dimostrano i recenti arresti a Palermo e nel resto della Sicilia ma resta debole l’attenzione delle forze politiche a livello regionale e nazionale, di destra e di sinistra, alla diffusione della droga, alla penetrazione nelle istituzioni e nella stessa politica. 

   «La marcia del 1983 nacque - ha ricordato Lo Monaco - su proposta mia, laico, e di padre Cosimo Scordato. Ricordarlo non è solo memoria ma una lezione di storia per tutti e in particolare per i giovani studenti che concluderanno la marcia del 26. «Ora tocca a loro sconfiggere la “nuova mafia”, la droga e quella corruzione che testimonia il rapporto mafia-politica. La marcia sarà contro lo smantellamento governativo della legislazione antimafia, per la democrazia, la libertà, l’uguaglianza, la difesa dei diritti umani: lavoro, scuola, salute, solidarietà». 

 di Gilda Sciortino

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