Lezione di Mattarella contro neofeudatari e "vassallaggi felici"

Politica | 8 febbraio 2025
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Il presidente Sergio Mattarella ha tenuto all'università di Marsiglia, che gli ha conferito la laurea honoris causa, un discorso di altissimo profilo ideale, storico, politico incentrato su valori tanto in sofferenza in questi tempi quanto indispensabili: pace, multilateralismo, europeismo, integrazione, negoziato, distensione, cooperazione, diritti, solidarietà. Una “lectio magistralis” nella quale con grande franchezza – anche senza fare nomi – emerge chi, come e perché sta attentando all’ordine internazionale e facendo precipitare il mondo nell’abisso dello scontro.

Il ritorno degli errori del «secolo breve»

Il presidente, dopo una breve introduzione, ha detto: «Un ordine internazionale che, come tutti i contratti sociali e le strutture politiche, ribadisce la propria funzione, conferma la propria stabilità, se alimentato con impegno, sviluppando capacità di ascolto e adattamento, nonché cooperazione rispetto ai fenomeni che si presentano […].
I veti incrociati in Consiglio di Sicurezza hanno ripetutamente impedito all’Onu di dispiegare la sua azione di pace, e, tuttavia, quanto è riuscito a esprimere è stato un grande successo. I detrattori dell’Organizzazione dimenticano, comunque, tra l’altro, il suo ruolo cruciale nel processo di decolonizzazione, o nella costruzione di un impianto normativo per arginare l’escalation militare e favorire il disarmo.
Una riflessione sul futuro dell'ordine internazionale non può prescindere da un esercizio di analisi che, guardando alle incertezze geopolitiche che oggi caratterizzano il nostro mondo, richiami alla memoria la successione di eventi, di azioni o inazioni, che condussero alla tragedia della seconda guerra mondiale.
La storia non è destinata a ripetersi pedissequamente, ma dagli errori compiuti dagli uomini nella storia non si finisce mai di apprendere.
La crisi economica mondiale del 1929 scosse le basi dell'economia globale e alimentò una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze. […].
Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto - anziché di cooperazione - pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura».

Lo sfaldamento dell’ordine internazionale

Senza se e senza ma Mattarella paragona l’espansionismo putiniano con le aggressioni del 2014 e del 2022 all’Ucraina, all’espansionismo nazista tedesco degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso.
Un secondo accostamento tra i nostri anni e quell’epoca nefasta il Presidente lo addita nell’attuale sfaldamento dell’ordine internazionale: «Oggi assistiamo anche a fenomeni di protezionismo di ritorno. La presidente della Commissione Europa, a Davos, pochi giorni fa, ricordava che, solo nel 2024, le barriere commerciali globali sono triplicate in valore. Crisi economica, protezionismo, sfiducia tra gli attori mondiali, forzatura delle regole liberamente concordate, diedero un colpo definitivo alla Società delle Nazioni sorta dopo la Prima guerra mondiale, già compromessa dalla mancata adesione degli Stati Uniti che, con il presidente Wilson, ne erano stati fra gli ispiratori. Si trattò, per gli Usa, del cedimento alla tentazione dell’isolazionismo. Ma il lavoro della Società non fu comunque vano se pensiamo che ad essa dobbiamo, ad esempio, il Trattato contro il commercio di schiavi e la schiavitù, e siamo nel 1926.
Nel fragile contesto degli anni fra le due guerre mondiali, percorso da un cupo rialzarsi del nazionalismo, da allarmanti tendenze al riarmo, dal contrasto fra gli Stati - secondo la logica delle sfere di influenza - furono circa 20 i casi di recesso dalla Società delle Nazioni. La Germania, con Hitler cancelliere, si ritirò nel 1933. Lo stesso fece il Giappone. L’Italia uscì nel 1937. Questi ultimi due Paesi (con Francia e Impero britannico e la stessa Germania), erano membri permanenti del Consiglio della SdN. Fin dall’inizio, purtroppo, la Società delle Nazioni non seppe fare argine all’espansionismo, alle ripetute violazioni della sovranità territoriale, in Europa come in altri continenti. Così, negli anni Trenta del secolo scorso, assistemmo a un progressivo sfaldarsi dell'ordine internazionale, che mise in discussione i principi cardine della convivenza pacifica, a cominciare dalla sovranità di ciascuna nazione nelle frontiere riconosciute.
Le politiche di appeasement adottate dalle potenze europee nei confronti dei fautori di queste dinamiche furono testimonianza di un tentativo vano di contenere ambizioni distruttive di simile portata: emblematico rimane l'Accordo di Monaco del 1938, che concesse alla Germania nazista l'annessione dei Sudeti, territorio della Cecoslovacchia. Un abbandono delle responsabilità condusse quei Paesi a sacrificare i principi di giustizia e legittimità, nel proposito di evitare il conflitto […].
La strategia dell’appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra. Avendo a mente gli attuali conflitti, può funzionare oggi? Quando riflettiamo sulle prospettive di pace in Ucraina dobbiamo averne consapevolezza». 

Il più lungo periodo di pace per l’Europa 

 E poi, rivolgendosi agli studenti: «Il vostro attuale destino, le condizioni in cui viviamo in Europa, sono frutto delle scelte fortemente volute dopo la seconda guerra mondiale, guardando proprio ai milioni di morti delle guerre del Novecento. Cooperazione e non competizione. Fraternità laddove regimi e governi avevano voluto seminare odio. Penso alle centinaia di migliaia di giovani che la seconda guerra mondiale strappò alle aule universitarie, alle loro famiglie.
Sul rifiuto di cedere alla violenza della prepotenza, sul sacrificio di quelle generazioni, abbiamo costruito il più lungo periodo di pace di cui l’Europa abbia goduto. Settant’anni di pace. […].
Al termine del conflitto le potenze alleate contro il morbo nazifascista si trovarono di fronte alla necessità di costituire un nuovo ordine mondiale che sapesse evitare gli errori del passato e fornire nuove prospettive all’umanità stremata. Il primo risultato fu la Carta di San Francisco, della quale ricorrono gli ottant’anni. Colpisce e coinvolge leggerne il preambolo che, non a caso, si apre con la formula “noi popoli”. Non dice “noi Stati”, “noi nazioni”. Proclama: “noi popoli”». […].
Il grande giurista René Cassin, che di questa Università fu studente e poi professore, coautore della Dichiarazione Universale sui Diritti Umani del 1948 e premio Nobel per la pace, scrisse: “Non ci sarà mai pace su questo pianeta finché i diritti umani vengono violati, in qualunque parte del mondo”. Il dispotismo dei sistemi di impronta fascista e nazista appariva condannato dalla storia.
Il sistema costruito dopo il 1945 fu retto, per una lunga fase, dalla grammatica del bipolarismo basato in primo luogo su contrapposizioni ideologiche, cui corrispondevano, tuttavia, anche propositi di potenza. La Guerra Fredda definì le relazioni internazionali per quasi mezzo secolo, cristallizzando i rapporti, gli schieramenti e gli attori stessi della vita internazionale. A dominare era il terrore dell’olocausto nucleare.
Il 9 novembre 1989, con il crollo del Muro di Berlino, si ricomponevano storia e geografia in Europa e nel Mediterraneo dopo la frattura della Guerra fredda. Una trasformazione epocale si realizzava e l’ordine internazionale, ancora una volta, assumeva una nuova forma.
Il XX secolo si concludeva con il collasso dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche e un nuovo assetto globale, nel quale la diffusione delle democrazie liberali appariva preponderante.
Molti lessero nella fine della Guerra Fredda il compimento dell’internazionalismo kantiano: sembrava a portata di mano una pace universale fondata sui valori liberali e democratici. […]. L’umanità sembrava esser divenuta consapevole di essere legata a un destino comune, a una unica responsabilità».

Globalizzazione e neofeudatari del terzo Millennio

La lettura degli avvenimenti di Mattarella si sofferma sulla rilevanza non solo economico-commerciale ma ancor più sociale della globalizzazione: “La globalizzazione, con la crescita del commercio internazionale, la riduzione delle distanze dovuta all’aumento e alla facilità dei trasporti intercontinentali, il sempre maggiore flusso di passeggeri, idee, ha ampliato gli orizzonti di libertà e spinto molti osservatori a pensare che fosse anche il più rapido veicolo per la pace, la cooperazione, se non la democratizzazione.
[…]. L’utopia di un mondo “unipolare” si è consumata nel tempo di poco più di un ventennio. Il processo si è inceppato, a fronte di scontri di interesse, spesso all’interno delle stesse comunità, basti pensare alla ex Jugoslavia all’inizio degli anni ‘90, all’instabilità in molti paesi del Corno d’Africa e dell’Africa sub-sahariana, al mai risolto conflitto in Medio Oriente. Attori, spesso non statuali - anche se, talvolta, sorretti da Stati - si propongono la “conquista”, non esclusa la pratica di atti di terrorismo.
All’inizio del XXI secolo ci si è così progressivamente trovati di fronte a una situazione fluida, nella quale a prevalere erano i rischi e il sentimento di incertezza e imprevedibilità» […].
Finché questo equilibrio si spezza, queste conquiste si bloccano. Entrano in campo quelli che il Mattarella definisce “i neofeudatari del terzo millennio”: «Accanto a questa nuova articolazione multipolare dell’equilibrio mondiale, si riaffaccia, tuttavia, con forza, e in contraddizione con essa, il concetto di “sfere di influenza”, all’origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione ha combattuto. Tema cui si affianca quello di figure di neo-feudatari del Terzo millennio - novelli corsari a cui attribuire patenti - che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche. Ricordiamoci cosa detta l’Outer Space Treaty all’ Art. II: “Lo spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile”.
L’età moderna è stata caratterizzata dalla “Conquista”, di terre, ricchezze, risorse. Nei secoli, dall’abbandono progressivo di territori non più fertili, con le migrazioni verso nuovi lidi. In tempi relativamente recenti, con il mito, in America, della “Nuova frontiera”.
Regole e strumenti ci sarebbero per affrontare questa fase e allora perché il sistema multilaterale sembra non riuscirci, con il rischio del ripetersi di quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi? Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle. Interessi di chi? Dei cittadini? Dei popoli del mondo? Non risulta che sia così. Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte. È il momento di agire: ricordando le lezioni della storia e avendo a mente il fatto che l’ordine internazionale non è statico. È un’entità dinamica, che deve sapersi adattare ai cambiamenti, senza cedimenti su principi, valori e diritti che i popoli hanno conquistato e affermato». […].

La prospettiva di un “vassallaggio felice”

Così come nel passaggio sui “novelli corsari” si era materializzato Elon Musk, a questo punto nell’intervento del Presidente, sempre senza mai fare nomi, si materializzano Donald Trump - con le sue sparate a raffica odiose e ricattatorie – e Vladimir Putin. E ce n’è anche per attuali capi di governo europei, verrebbe da precisare Italia compresa: l’Europa «può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice” […].
L’Unione Europea semina e dissemina futuro per l’umanità. Ne sono testimonianza gli accordi di stabilizzazione internazionale stipulati con realtà come il Canada, il Messico, il Mercosur. Le stesse politiche di vicinato, le intenzioni messe in campo dopo la Dichiarazione di Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo (siamo a trent’anni da quella data).
Occorre che gli interlocutori internazionali sappiano di avere nell’Europa un saldo riferimento per politiche di pace e crescita comune. Una custode e una patrocinatrice dei diritti della persona, della democrazia, dello Stato di diritto. […]. L’Europa, ricordava Simone Veil al Parlamento Europeo, nel 1979, è consapevole che “le isole di libertà sono circondate da regimi nei quali prevale la forza bruta. La nostra Europa è una di queste isole».
Mattarella dedica la parte finale del discorso al “bisogno” di Europa, più precisamente al bisogno di nuove istituzioni dell’Unione Europea, e alla necessità di un ordine internazionale rinnovato, plasmato di multilateralismo e solidarietà: «Abbiamo bisogno di un ordine internazionale stabile e maturo per reagire all’entropia e al disordine causate dalle politiche di potenza, e per affrontare le grandi sfide transnazionali del nostro tempo.
Le attuali istituzioni non bastano, tuttavia, e le riflessioni poste in essere dalla Conferenza sul futuro dell’Europa negli anni scorsi meritano di essere riprese e attuate, con una politica estera e di difesa comune più incisiva, capace di trasmettere fiducia nei confronti del ruolo europeo nella risposta alle sfide globali. […]. Non può guidarci la rassegnazione ma la volontà di dare contenuti ai passaggi necessari per ottenere questi risultati.
Aldo Moro, lo statista italiano assassinato dalle Brigate Rosse, nella sua qualità di presidente di turno delle allora Comunità Europee (raccoglievano 9 Paesi), intervenendo nella sessione conclusiva della Conferenza di Helsinki, si proponeva di dare senso alla fase di distensione internazionale che si annunciava, sottolineando che significava “l’esaltazione degli ideali di libertà e giustizia, una sempre più efficace tutela dei diritti umani, un arricchimento dei popoli in forza di una migliore conoscenza reciproca, di più liberi contatti, di una sempre più vasta circolazione delle idee e delle informazioni”.
L’Unione Europea - e in essa Francia e Italia - deve porsi alla guida di un movimento che nel rivendicare i principi fondanti del nostro ordine internazionale sappia rinnovarlo, attenta alle istanze di quanti dall’attuale costruzione si sentano emarginati. […]. Soltanto insieme, come comunità globale, possiamo sperare di costruire un avvenire prospero, ispirato a equità e stabilità […]».

 di Pino Scorciapino

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