Cosa nostra non cambia ma si adatta e si rinnova
Società | 14 febbraio 2025

L’operazione condotta dai carabinieri di Palermo su impulso della Procura di Palermo è già diventata la base di una più nuova ed aggiornata analisi del sistema mafioso, non solo palermitano. Ci sono almeno cinque elementi che vale la pena sottolineare insieme con il valore intrinseco dell’operazione che ha riguardato, come noto, 181 persone.
L’uso di tecnologie digitali, fuori e dentro il carcere; un rapporto che sembra tenere tra vecchia e nuova generazione; l’uso dell’aggressione fisica e non delle armi; la presenza di tanti giovani e di donne; la conferma, ulteriore, di relazioni con la ‘ndrangheta calabrese.
Aggiungerei, in ultimo, l’ulteriore conferma della vocazione storica di Cosa nostra, e cioè quella di non abbandonare mai alcuna delle sue tradizionali attività criminose.
La mafia dell’edilizia non aveva abbandonato l’abigeato; quella della droga non aveva abbandonato gli appalti e quella che opera nel “dark web” non abbandona nessuna delle sue “filiere” tradizionali. La mafia non cambia, si adatta. È un microcosmo fatto di tradizione e di innovazione e forse qui sta la sua natura più profonda: quella di essere un soggetto attento e vigilante del territorio che sa rispondere alle esigenze del suo “popolo”; in grado di offrire opportunità ai suoi sodali, di proporsi come soggetto attivo e momento di coesione.
Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che le enormi ricchezze che provengono dal traffico della droga non abbiano soppiantato storicamente tutte quelle attività minori, come il pizzo, che rimangono invece un “asset” importante di Cosa nostra.
Cosa nostra si propone, da sempre, come un interlocutore decisivo del territorio e questo è il motivo per cui non ha mai abbandonato la sua naturale tendenza ad assoggettare la politica, ad interloquire con settori deviati delle istituzioni, a scandire, talvolta con le bombe, qualche altra con la capacità di intimidazione o di minaccia, i momenti più delicati della vita politica italiana. In questo senso possiamo dire che Cosa nostra non è cambiata e non è stata sconfitta del tutto, ma anzi la battaglia è ancora lunga ed è dura.
L’altro tema in discussione è se sia ancora “un fenomeno delle "classi dirigenti”, come fu efficacemente definita dalla relazione di minoranza della Commissione antimafia del 1976, oppure il suo processo di cambiamento, dopo le stragi e l’offensiva dello Stato, ha approdato verso una forma delinquenziale, organizzata sì, feroce e potente altrettanto, ma non connivente.
Credo che la natura di Cosa nostra, mai rinnegata, resti inalterata anche perché le attività criminali e quelle extralegali collegate all’aggressione alla spesa pubblica restano intatte: controllo degli appalti, anche per gli spazi nuovi di discrezionalità che offre la nuova normativa sugli appalti; controllo di aziende e della loro competizione nel mercato; gestione degli investimenti pubblici delle rinnovabili che riguarderanno sia il sistema energetico in sè che il governo del territorio. Per non parlare della condizione carceraria e della gestione dei processi. E per queste attività servono più le relazioni che le intimidazioni.
Il vero punto interrogativo, questa mi parrebbe la novità, riguarda la presenza di tanti giovani che sembrano non avere, almeno questo si capisce dalle lamentele dei vecchi nelle intercettazioni, quella visione “ideologica”, “sacrale” dell’organizzazione. Non è cosa di poco conto, poiché se la libertà conterà più dell’affiliazione, allora sarà più facile sconfiggerla. A patto che dalle Commissioni parlamentari si ritirino disegni di legge che riporterebbero l’Italia al 1982, prima del varo della legge La Torre. Questo è il vero rischio.
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