Governi nuovi e debiti vecchi, il falso scoop di Musumeci
Con tutto il rispetto per i 12 docenti universitari che lo hanno compilato, non si capisce cosa ci sia di nuovo nel rapporto sui conti della Regione Siciliana presentato ieri alla stampa dal presidente Nello Musumeci e dall'assessore all'Economia Gaetano Armao. Una situazione- tra l'altro- che a quest'ultimo non avrebbe dovuto essere ignota, dato che è stato assessore all'Economia della terza Giunta Lombardo (quella con lo sciagurato appoggio del PD) ed autore della Finanziaria del 2012, famosa perché oltre 80 norme furono impugnate dal Commissario dello Stato.
I dati sono noti da tempo e sono stati più volte oggetto delle osservazioni della Corte dei Conti, per chi ha avuto la pazienza di leggerle. Era conosciuto il disavanzo di 5,9 miliardi derivante dall'operazione di pulizia del bilancio con la cancellazione di entrate gonfiate utilizzate per equilibrare i conti. Non a caso l'ex assessore Baccei ricorda che una parte di quelle entrate inesistenti derivavano dall'operazione di valorizzazione immobiliare voluta da Lombardo e dallo stesso Armao. Noti erano anche gli otto miliardi di debito e fa un pò senso che Armao si meravigli del costo annuo di 360 milioni, ma si scordi che, al contrario di quello che era avvenuto in passato, il vituperato governo Crocetta non ha incrementato la massa debitoria ma ha costruito un canale capace di garantire il pagamento della rata annuale di rimborso.
Il senso politico dell'operazione richiama la stagione del “bambole non c'è una lira”, poi naturalmente esistono una serie di dettagli più o meno rilevanti su cui esperti e tecnici continueranno a discutere. I veri obiettivi sono due: far ripartire su basi diverse il negoziato con il governo centrale che lo scorso anno aveva portato ad un primo accordo che l'attuale giunta siciliana vuol radicalmente mettere in discussione e segnalare che non è possibile rispettare nella fase attuale- per colpa delle presunte malefatte di Crocetta- gli impegni assunti in fase elettorale. Infatti nella conferenza stampa della vigilia dell'Epifania è stato posto l'accento sul riavvio dei lavori della Commissione paritetica stato-regione e sulla riparametrazione del contributo siciliano al risanamento della finanza pubblica e del cofinanziamento della spesa sanitaria.
Sugli accordi conclusi con il governo nazionale tra il 2016 e il 2017 e che avrebbero dovuto definire il regime di rapporto fiscale tra lo Stato e la Regione in attuazione delle norme statutarie si scatenò un duro confronto, in cui si scontrarono concezioni diverse dell'autonomia speciale siciliana ed emerse – purtroppo non solo nel centrodestra – la tentazione di rilanciare la vecchia e disastrosa idea della “politica riparazionista” dei torti di Roma verso la Sicilia. Ora i propugnatori di tale ideologia hanno in mano la regione e rilanciano, intanto per prendere tempo e non pagar dazio, ma soprattutto in attesa dei nuovi equilibri politici nazionali che potranno scaturire dalle elezioni politiche del prossimo 4 marzo. L'attuale governo regionale ha il diritto di mettere in discussione quell'accordo che è perfettibile come ogni altro del genere, ma non può farlo lanciando sui conti della Regione un'operazione che confonde le responsabilità del presente e del passato e presenta come uno scoop informazioni da tempo note a chiunque si occupi di tali argomenti. Altrimenti ha ragione chi sostiene che si tratta solo dell'avvio della campagna elettorale.
Non è finita, il veleno sta nella coda: la commissione dà al governo l'alibi di non applicare provvedimenti già decisi come il taglio delle addizionali Irpef ed Irap che le imprese siciliane attendono da tempo e di far saltare la trattativa sul rinnovo del contratto degli oltre 16.000 dipendenti regionali proprio nella fase in cui, dopo la conclusione del contratto degli statali, in tutti i comparti del pubblico impiego sono in corso i negoziati. Insomma, ci sono i denari per i mega stipendi dei vertici dell'ARS ma non si trovano 85 euro al mese per il rinnovo di un contratto dei regionali fermo da oltre dieci anni. Addirittura Armao afferma che i regionali potranno avere il contratto solo se”lo stato ci darà i fondi (4141 milioni di euro) ..altrimenti è impossibile visti i conti che abbiamo trovato” . Insomma, Roma dovrebbe dare i soldi per pagare i dipendenti della Regione: siamo oltre la campagna elettorale, nella libera prateria della demagogia. Proprio una bella befana per chi da anni ha la retribuzione ferma.
Infine la benemerita commissione sfonda porte aperte anche sui fondi europei e nazionali sullo sviluppo che in passato (per un breve periodo purtroppo anche da Crocetta) sono stati utilizzati per coprire i buchi della spesa corrente e che sono le uniche risorse vere oggi a disposizione della Sicilia. Il tema centrale è quello dell'accelerazione della spesa, dato che siamo ormai ben oltre la metà del percorso del periodo di programmazione 2014-2020 e che vi è un colpevole ritardo nell'avvio dei cantieri del patto per la Sicilia. Questa è la vera scommessa: accelerare e qualificare la spesa come leva per il risanamento della finanza e come sostegno al consolidamento della debole ripresa che l'isola sta vivendo. Di ciò non v'è fin oggi traccia nell'attività del governo Musumeci: aspettiamo il DEF e la bozza del bilancio per capire se, finalmente, hanno concluso la campagna elettorale.
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