Fondi Ue, se anche Musumeci comincia a dare i numeri
La politica ha le sue esigenze, ma quando si parla di numeri i rappresentanti delle istituzioni hanno l'obbligo di darli giusti. L'incontro romano del presidente Musumeci e di metà Giunta di governo con il ministro alla Coesione De Vincenti ha prodotto risultati senza dubbio positivi. Due in particolare: l'attivazione della cabina di regia per il rilancio e il coordinamento della spesa pubblica per investimenti in Sicilia e la decisione, da molti sollecitata da tempo, di spostare verso le priorità connesse alla risistemazione idrografica del territorio e agli interventi sul sistema idrico una quota dei 2 miliardi disponibili in forza del Patto per la Sicilia.
Il Patto, com'è noto, aveva lo scopo soprattutto di accelerare l'uscita dalla crisi economica attraverso la rapida cantierizzazione di lavori pubblici di media e piccola dimensione. I ritardi sono sotto gli occhi di tutti e la rimodulazione appare necessaria; a patto tuttavia che essa non si traduca in un'ulteriore perdita di tempo; è infatti emerso nei giorni scorsi che molte stazioni appaltanti, i comuni in particolar modo, non dispongono di un'adeguata capacità progettuale. Si tratta insomma di definire chi è in grado di fare i progetti, farglieli realizzare nel minor tempo possibile e passare tempestivamente alla concreta realizzazione di opere che possono rappresentare una leva importante per la ripresa innanzitutto del settore edile. Fin qui tutto bene. Mi hanno tuttavia incuriosito alcune delle cifre che dal presidente della Regione sono state esposte con clamore ai media come esempi della situazione di scandaloso ritardo.
L'on. Musumeci ha affermato che la spesa certificata alla fine del 2017 per il FESR è di appena 7 milioni su oltre quattro miliardi e mezzo di risorse disponibili. Per dirlo con tale nettezza, avrà avuto consegnate tali cifre in sede ufficiale; tranne che consultando il sito ufficiale della Commissione Europea (European Commission Regional Policy Inforegio consultato alle ore 11,10 del 15/02/2018) ci si accorge che le cose non stanno proprio così. Per quanto riguarda il POR Fesr Sicilia infatti al 31/12/2017 erano stati impegnati (decided è il termine inglese adoperato) circa 2 miliardi 316milioni di euro pari al 51% del programma ma spesi solo 16.730.686 di euro che sono sempre troppi pochi ma corrispondono ad oltre il doppio della cifra dichiarata dal presidente. Ripeto a scanso di equivoci: si è speso troppo poco e bisogna trovare la maniera per coordinare ed accelerare la spesa, ma i numeri non possono essere piegati alle esigenze dello spoil system. Tra l'altro, continuando a consultare il sito si scoprono altre cifre interessanti, ma che sembrano sconosciute a palazzo d'Orleans.
Il programma di sviluppo rurale, per esempio, al 15 ottobre dello scorso anno aveva speso 336.061.523 di euro pari al 15% dei 2.184.171.000 di euro programmati dimostrando una buona capacità di implementazione delle attività di programmazione e gestione. Il Fondo Sociale Europeo alla fine dello scorso anno aveva impegnato 110.685.740 di euro pari al 13% degli 820. 096.428 ma aveva speso solo il 3% pari a 25.829.369 euro.
Esistono perciò situazioni differenziate nei tre principali programmi europei e il ritardo del FESR che è il più dotato di risorse finanziarie va rapidamente recuperato accelerando soprattutto i bandi connessi alla strategia di specializzazione produttiva che rappresenta il sostegno indispensabile perché la Sicilia si agganci ad Industria 4.0, cioè alla scelta di puntare decisamente sull'innovazione tecnologica e sulla digitalizzazione. Qualche giorno fa la Giunta ha annunciato che farà partire subito bandi per 400 milioni di euro: è la strada giusta, ma essa va perseguita con decisione anche per quanto riguarda gli altri obiettivi tematici del programma operativo, in special modo quelli connessi agli interventi ambientali e di risanamento del territorio che stanno scontando ingiustificabili ritardi. Così come non è chiaro come si voglia mettere mano alla strategia per le aree interne che, intrecciando interventi di tutti e tre i programmi operativi, rappresenta la vera novità in campo in direzione di un'azione coordinata di intervento su territori indeboliti non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociale, dei servizi e nella stessa consistenza demografica per la continua fuga dei giovani.
C'è davvero tanto da fare e si potrebbe far tanto con le risorse esistenti (circa 12 miliardi di euro tra risorse dell'Unione e fondi nazionali per la coesione e lo sviluppo da qui al 2023) se solo la si smettesse con questa sorta di mantra auto-assolutorio :”Siciliani, mi hanno lasciato un disastro” e si mettesse mano ad una concreta e produttiva azione di governo senza pensare esclusivamente alla campagna elettorale in corso ed a quella prossima ventura.
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