Fondi Ue, la Sicilia ha perso 117 milioni e non lo ammette

Economia | 13 aprile 2017
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Sul sito dell’Agenzia della Coesione (consultato il 12 aprile 2017 alle ore 16.55) è pubblicata la sintesi delle spese certificate del periodo 2007-2013 di programmazione dei fondi strutturali europei. L’Italia riceverà 27,754 miliardi di rimborsi comunitari a fronte dei 27,940 previsti in sede di assegnazione delle risorse dieci anni or sono. Saranno perciò restituiti alla Commissione Europea 186 milioni di euro, mentre 972 milioni risultano sospesi in attesa della procedura di verifica. Di essi ben 729 milioni riguardano il PON Ricerca, per il quale si evidenzia un contenzioso rilevante con Bruxelles,. Le regioni dette della “Convergenza” hanno certificato 20,706 miliardi di euro a fronte dei 21, 595 programmate , comprendendo naturalmente in questa cifra la quota ad esse spettante dei programmi operativi nazionali (PON), di quelli interregionali (POIN) e la totalità di quelli regionali (POR). 

Il record negativo della Sicilia e le garbate polemiche

La Sicilia non è riuscita a certificare 117 milioni sul totale di 3,270 miliardi di risorse europee assegnate al POR FESR. Il POR FSE è riuscito invece a certificare al 100% il 1,042 miliardo previsto. Tutte le altre regioni meridionali hanno documentato il 100% del programmato ed in qualche caso lo hanno anche superato. E’ bene ricordare, anche a proposito di una recente garbata polemica di stampa, che il documento dell’Agenzia non comprende il cofinanziamento nazionale che per la Sicilia ammonta per il FESR a 1,089 miliardi su 4,359. In sintesi, la Sicilia ha perso 117 milioni di euro sulla sola quota europea ed è l’unica tra le regioni di “Convergenza” a non aver pienamente realizzato l’obiettivo. Francamente, pur riconoscendo l’abilità e la competenza dei dirigenti degli uffici di piazza Sturzo che hanno recuperato una situazione disastrosa, al posto del presidente della Regione sarei stato assai più cauto nei toni ed avrei evitato lo stigma lanciato su quanti hanno cercato di raccontare come stavano veramente le cose. Vedremo quali risulteranno le cifre a conclusione dei controlli sul totale delle risorse. Non si tratta di recriminare sul passato, ma di ragionare sulle esperienze negative e di trarne lezioni per cambiare metodologie di lavoro ed impostazioni strategiche e far partire con il piede giusto il ciclo di programmazione 2014-2020.  

La sfida del prossimo pacchetto di spesa che non possiamo perdere

Il pacchetto di spesa per lo sviluppo a disposizione dell’isola nei prossimi anni- che va dai programmi dai fondi strutturali, ai programmi operativi delle risorse derivanti dall’abbattimento del cofinanziamento nazionale (i cosiddetti POC), ai patti regionale e delle tre aree metropolitane nei quali è stata concentrata un quota rilevante del Fondo sviluppo coesione (FSC; i troppi acronimi vanno troppo spesso a scapito della trasparenza), agli interventi previsti dalle Ferrovie e dall’Anas- necessita di un confronto vero con le parti sociali ed imprenditoriali (gli stakeholders, come si usa chiamarli nel resto d’Europa) e di un coordinamento strategico finalizzato alla definizione di una strategia per la ripresa dell’isola dall’ormai troppo lunga crisi che l’ha attanagliata e ha lasciato una condizione sociale drammatica. Il ministro De Vincenti negli ultimi mesi ha frequentato spesso la Sicilia; ha fatto bene perché qui la situazione è confusa e l’approssimarsi delle elezioni regionali non aiuta a far chiarezza. La Giunta di governo non sta ferma: basta consultare su Internet il sito delle delibere per constatare la numerosità dei provvedimenti che attengono le modalità di utilizzo delle risorse potenzialmente disponibili. Il fatto, però, è che nella realtà, con l’eccezione dei patti metropolitani di Catania e Palermo, non una sola gara è stata bandita e nessun cantiere è avviato. Qualche giorno fa è stato annunciata la soluzione del problema dell’anticipazione del 10% che impediva di caricare le opere previste dal Patto per la Sicilia nel sistema unico nazionale di conteggio e monitoraggio, ma neanche un edile ha ancora cominciato a lavorare, mentre opere fondamentali (finanziate da accordi istituzionali di programma rafforzati firmati da oltre quattro anni) come il raddoppio della linea ferroviaria Catania-Palermo restano misteriosiosamente ferme. O, peggio, vengono utilizzate per passerelle propagandistiche, spesso con il solo effetto di accrescere la confusione: si pensi, per esempio, alle dichiarazioni contraddittorie sul sistema trasportistico siciliano di almeno tre ministri del governo nazionale in carica, oppure alla riesumazione del cadavere del ponte sullo stretto di Messina tradizionale arnese di distrazione di massa quando si vuol evitare di assumere impegni vincolanti.

Se Bruxelles ci butta  a mare

 Nel frattempo la bozza di Libro Bianco presentato all’inizio di marzo dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, alla vigilia della solenne dichiarazione di intenti che ha concluso le celebrazioni romane per i sessant’anni dell’Europa unita, prevede in almeno due dei cinque scenari abbozzati per il futuro dell’Unione la scomparsa delle politiche di coesione, che valgono oggi 450 miliardi di euro e rappresentano il principale strumento teso a colmare gli squilibri economici e sociali tra i paesi membri. Sarebbe inutile sperare che nella nostra beatissima terra qualcuno se ne occupasse, tranne per la verità il sindaco di Catania che siede nel Comitato delle Regioni a Bruxelles. In ben altre faccende è affaccendata la politica siciliana, mentre altrove si discutono scelte che potrebbero condurre alla definitiva emarginazione della nostra economia dal contesto dell’Europa e del Mediterraneo. Orsù, sull’orlo del baratro, cosa meglio di un bel passo avanti?. 

 di Franco Garufi

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